Chiara Marchelli

scrittrice e traduttrice italiana

Chiara Marchelli (1972 – vivente), scrittrice e traduttrice italiana.

Raccontare la sofferenza in una storia d’amore. Intervista a Chiara Marchelli

Annamaria Trevale, sulromanzo.it, 22 marzo 2017.

  • I personaggi si costruiscono nella mia testa più o meno allo stesso modo, a meno che io non abbia in mente una persona particolare a cui attingere, cambiandogli il nome come faceva Hemingway. Mi è capitato di farlo, ma solo con personaggi secondari, mai con i protagonisti. Si attinge a quello che ci circonda, perciò per essere buoni scrittori occorre essere buoni osservatori e ascoltatori: se non ti guardi intorno, non noti le cose e non provi a capire le persone, finisci per scrivere solo di te stesso.
  • Io non ho molta immaginazione, quindi prendo qui e là qualcosa, un gesto, un profumo, una sensazione. Ogni opera narrativa contiene per forza qualcosa di autobiografico, altrimenti non potrebbe essere reale. Per quanto riguarda i dialoghi, a me piace moltissimo ascoltare le persone e sentire come usano le parole. A volte il rischio è far parlare tutti nello stesso modo, ad esempio quando ci sono persone della stessa età che vivono insieme da tanto tempo, come i miei genitori, che mi sembrano spesso dire le stesse cose. Mi piace il dialogo, mi piace leggerlo quando è fatto bene, e se hai in mente con chiarezza un personaggio lo fai anche parlare con specificità. Fino a quando non ho esattamente in testa il personaggio e la storia è impossibile che io mi metta a scrivere, perciò tengo dentro di me le storie per tanto tempo prima di metterle su pagina.
  • Il libro sai benissimo quando sta finendo prima di ultimarlo, e ci sono giorni in cui ti dici "oggi lo finisco", perché è una cosa che ti si annuncia, e quindi sei in qualche modo preparato. Un po' è un sollievo e un po' no, perché adoro la routine della scrittura. Mi piace moltissimo svegliarmi la mattina e scrivere a lungo, quando non devo andare a insegnare: sono le famose ore che uno passa a fare quello che ama, e per me si tratta della scrittura. Che poi, in realtà, quando arrivi alla fine il libro non è ancora finito: in genere devi riscrivere l'inizio, perché per quanto mi riguarda non va già più bene rispetto a ciò che ho scritto dopo, e poi va comunque aggiustato anche in mezzo. Certo, arrivare al termine della prima stesura significa comunque togliersi un peso di dosso.

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