Carlo Terzaghi

delatore e provocatore italiano (1845-1897)

Carlo Terzaghi (1845 – 1897), delatore e provocatore italiano.

Citazioni su Carlo Terzaghi modifica

Pier Carlo Masini modifica

  • Era semplicemente un riottoso. Prepotente col prossimo, diventava furioso non appena impugnava una penna; con questa graffiava un po' tutti, a cominciare da quelli che gli erano politicamente più vicini: i mazziniani, i garibaldini, gli internazionalisti che non andavano d'accordo con lui. Per questa sua inclinazione alla polemica interna e alla diffamazione personale divenne, fin dall'inizio, consciamente o inconsciamente, uno strumento di gruppi interessati alla disgregazione del movimento democratico e operaio. La natura di attaccabrighe e l'ingegnaccio dissolvente producevano guasti irreparabili in qualsiasi associazione di cui egli entrasse a far parte («flagello dell'Internazionale» lo definì il Nettlau).
  • Il Terzaghi non era un arnese di questura. Era solo un cattivo arnese: personalità contorta, intelligenza volta al maligno, carattere dissociato e dissociatore. Lodigiano, era stato per cinque anni sergente del Regio Esercito, retrocesso a soldato per cattiva condotta, sottoposto a processo per tentata truffa, assolto, congedato nel maggio 1870. Era entrato nel movimento rivoluzionario con le credenziali per i fatti della primavera 1870 (i moti repubblicani che avevano portato il caporale Pietro Barsanti al plotone di esecuzione) ed aveva trovato facile credito, grazie soprattutto alle sue doti di polemista intemperante e sguaiato. Ma egli non aveva niente del rivoluzionario e neppure del ribelle. Era semplicemente un riottoso.
  • Terzaghi non è ancora un confidente stipendiato della polizia, il futuro professionista della provocazione politica. Egli però è un disgregatore, un seminatore di discordia, ha contatti con spie e confidenti e con lo stesso questore di Torino che da lui, ciarliero e millantatore, attinge facilmente notizie attinenti al movimento rivoluzionario. Oggettivamente egli serve il governo e il governo si serve di lui, sollecitandone la vanità di giornalista e finanziando le sue ricorrenti intraprese editoriali.