Carlo Coccioli

scrittore italiano (1920-2003)

Carlo Coccioli (1920 – 2003), scrittore italiano.

COCCIOLI tutte le mie verità, in Corriere della sera, 22 marzo 1995
  • Al Nord comandavano i comunistoidi di Vittorini, al centro Moravia con i suoi leccapiedi. Sbattei la porta, ma forse ero troppo intollerante.
  • Da molti anni, da quando soprattutto penetrai nei misteri dell'induismo che proclama "non vi è posto per due nell'universo", ho pensato a un campo unificato di tutte le idee e speranze religiose ridotte a una sola formula, molto di più dell'ecumenismo da parata tipo Assisi dove ciascuno guarda il bonzo o il prete vestito meglio. Ed ho la certezza che questo campo religioso unificato dovrà incontrare la scienza, fino a che fisica e metafisica non si fonderanno, dato che percorrono lo stesso cammino cercando la forza universale che regge l' universo; e oggi sono più vicine di quanto credano.
  • L'omosessuale non c'entra, né le critiche negative. Ne ebbi molte di positive, e anche qualche premio. Mi ero gettato a capofitto nel gioco letterario italiano ma non ne potevo accettare le regole che sono l'accademismo linguistico rotto in parte solo da Pasolini (e gli fecero pagare anche questo) ma soprattutto l'obbligo di rendere omaggio ai capi, eterno gioco italiano che mi fa schifo anche oggi: ti offrono protezione, in cambio di lealtà e sottomissione. In altre parole, mafia.
  • "Lo scrittore assente". Cosi' mi ha definito Pier Vittorio Tondelli. Tondelli non alludeva all'assenza geografica ma a quella psichica, all' irrequietezza che mi ha spinto sempre altrove, in cerca d' altro, nella vita fisica e spirituale.
  • Nulla è più logico dell'intreccio fra sesso e divino. Se Dio esiste, ci ha tratto dal nulla grazie a un'energia vitale: e il progetto di riproduzione dove scorre tale energia si fonda sull'atto sessuale che non si verificherebbe senza il piacere, vero motore della materia inerte. I francesi lo chiamano jouissance, ed è per me una prova del principio divino. Non a caso, per gli indu' il rapporto amoroso è una percorso mistico: sessuofobici sono solo i giudaico cristiani, unici al mondo.
  • Per me i politici sono come amministratori condominiali. Rispetto a loro mi sento un diverso come lo sono nel sesso, in letteratura e nella ricerca del divino.
  • Forse un buddista non sa definire disinvoltamente l'anima – dirà balbettando che è un complesso di elementi... – ma non ha dubbi nei riguardi della compassione. Se l'anima «esiste», questi uccelli del giardino hanno un'anima tanto quanto me (probabilmente meno evoluta, e racchiusa in un corpo fisico meno favorito dalla Natura che quello dell'uomo). Di una cosa si è certi: che, esattamente come me, gli uccelli che scorgo sono nati soffrendo, vivono soffrendo, moriranno soffrendo. Il cosiddetto Mondo spaziotemporale, questo in cui ci troviamo, può addirittura non esistere: può essere soltanto un'illusione; ma è assolutamente innegabile che in esso tutti soffriamo. Per cui la com-passione verso gli altri, tutti gli altri, dagli insetti agli elefanti, da Einstein a Fiorino il mio cane amato che è morto, non è soltanto un'esigenza del cuore, ma un'ineluttabile legge della logica: ci troviamo tutti nello stesso inferno. (pp. 12-13)
  • Il buddismo nelle sue numerose e sempre legittime differenze è impastato di paradossi, il che è normale perché assai più che una religione (nel senso occidentale della parola) è una rivoluzione della mente. (p. 29)
  • Gli esponenti di tanta varietà non si sono mai ammazzati fra di loro; non hanno mai emesso dogmi, né si sono mai reciprocamente scomunicati; la «maitri», o benevolenza verso tutti gli altri, è la matrice del buddismo. (p. 31)
  • In conclusione, il problema essenziale del pensiero indiano è ridurre tutto a un'Unità estranea alle discriminazioni mortificanti espresse dal numero due. E l'Occidente che durante secoli ha tacciato l'India di politeista! C'è da vergognarsi. Nell'India è stato detto, ripetuto, proclamato, gridato, che «non vi è posto per due nell'Universo!». La bipolarità sulla quale il giudaismo, col cristianesimo al suo seguito, fissa orgogliosamente il proprio pensiero cosmico, è per il sentire dell'India una puerile debolezza: un precipitarsi nella trappola di maya con la testa all'ingiù. (p. 58)

Citazioni su Carlo Coccioli

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