Camilla Sernagiotto

scrittrice e giornalista italiana

Camilla Sernagiotto (1982 – vivente), giornalista e scrittrice italiana.


L'età della bomba: da Andy Warhol a Bob Dylan, così la musica e le arti hanno raccontato l'atomica. Intervista a Camilla Sernagiotto

repubblica.it.


[Camilla Sernagiotto a Repubblica]: "Dal 1945 - anno d'invenzione della bomba atomica - a oggi, non esisteva ancora un libro del genere. Mi sono detta: ci vuole assolutamente. Voglio che questo libro divenga il mezzo per rendere coscienti gli individui della presenza e della potenza di questo strumento, così da ridurne ed estinguerne la possibilità di usarlo. Avevo questo libro in mente da tempo ma la situazione geopolitica attuale, con il conflitto russo-ucraino, ha reso ancora più urgente in me la realizzazione di questo progetto. Nella storia dell'umanità, lo strumento per la consapevolezza è sempre stata solo la cultura. Dobbiamo affidarci alla storia e alla saggezza di chi ha provato a disinnescare il pericolo atomico. Il prossimo passo? Tradurlo in lingua russa. Vorrei che Putin lo avesse sul proprio comodino: potrebbe essere un deterrente, un valido strumento di consapevolizzazione, una formula di riflessione".


Un tour nelle università (e nelle carceri) racconta la bomba atomica attraverso il filtro della cultura

corriere.it.


[Camilla Sernagiotto al Corriere della Sera]: "L'importanza di parlare sempre di più dell’atomica è l'unica arma che abbiamo per difenderci da ‘lei’: dalla bomba, dall’Apocalisse".


Intervista a Camilla Sernagiotto

merraigan.it.

  • [Cominciamo dall’inizio: come nasce la tua passione per la scrittura?] Fin da bambina passavo i pomeriggi a scrivere pallosissimi romanzi che poi leggevo dopo cena alla famiglia costringendo tutto il parentado ad ascoltarmi. Ora le cose sono cambiate: i romanzi sono meno pallosi, giurin giuretta, e la famiglia li legge da sola (almeno così giura e spergiura). Credo di aver consumato più carta e inchiostro nella vita che pane e salame, il che ha dell'incredibile essendo io una buonissima forchetta. Da qualche tempo mi autoimpongo di scrivere solo al computer per avere una coscienza ecologica più pulita, ma fino all'anno scorso ogni mio scritto era prima stilato a penna sui taccuini e poi trascritto a macchina. Da pazzi, lo so.
  • [Come riesci a conciliare il tuo lavoro di giornalista con quello di autore?] Sono giornalista freelance e lavoro da casa, in giro, nelle varie redazioni dei miei clienti e addirittura in treno o in aereo, con flessibilità massima e autonomia totale; dunque le due cose si conciliano alla perfezione. Inoltre una continua osmosi tra il mio modus scribendi giornalistico e quello dei libri credo arricchisca entrambe le scritture.
  • [Libri con argomenti diversi, personaggi bizzarri: da Fatman a Enola, dal romanzo "doppio" all'ultimo manuale per diventare hipster: tutte idee che fanno domandare al lettore "Ma come ti vengono in mente?"] L'insonnia è un brutto mostro, ma nel mio caso è anche una buona amica e un'ottima consigliera. Dormire poco equivale a scervellarsi e fantasticare tanto. Enola e Fatman sono i protagonisti dei miei primi due romanzi, molto autobiografici e, nonostante ciò, folli (uno parla di un uomo al nono mese di gravidanza, Enola, l'altro racconta di un ragazzo obeso che incide le sue memorie su un registratorino portatile). Entrambi i personaggi sono metafore atomiche (Enola Gay era il nome del bombardiere che sganciò Little Boy su Hiroshima, mentre Fatman era la seconda bomba che cadde su Nagasaki) e il mio progetto iniziale riguardava una trilogia, con un terzo romanzo in cui si leggesse tra le righe il riferimento alla primissima bomba, The Gadget. Poi sono arrivati i due gialli, non più autobiografici e quindi meno sofferenti da scrivere: con Circuito chiuso e Annales mi sono innanzitutto divertita, cosa che mi mancava nell'esperienza dello scrivere. Anche con Hipster Dixit mi sono divertita parecchio, soprattutto a fare ricerca e a sperimentare i locali, i cibi, la musica, i ristoranti e gli sport più amati dagli hipster.

La maledizione del Dakota. Intervista a Camilla Sernagiotto (a cura di Alceste Ayroldi)

musicajazz.it.


  • [Nel tuo libro si attraversa la musica degli anni d’oro: dai Beatles ai Led Zeppelin, passando per Beach Boys e Rolling Stones, tra gli altri. Ciò che fai notare è che il culto di Satana ha da sempre affascinato buona parte dell’universo rock. Come ti spieghi questa circostanza?] Il rock ’n roll e il rock sono nati come musica di contestazione, come espressione culturale di una generazione che andava contro i propri genitori, anche musicalmente. Era una musica contro il sistema e – dato che il sistema è indissolubilmente legato alle religioni monoteiste (Cattolicesimo, Ebraismo, Islam), perlomeno in Occidente – doveva essere una musica pure contro quelle religioni tradizionali. Non che Satana sia una novità, anzi: i satanisti credono che venga addirittura prima di qualsiasi dio delle religioni abramitiche. Ma Satana è il simbolo del “fa’ ciò che vuoi” (che è il motto di Aleister Crowley, il celebre occultista britannico a cui si deve gran parte dell’influenza esoterica di Led Zeppelin, Beach Boys, Stones eccetera). Se le religioni monoteiste cercano di educare le masse, di disciplinarle, di tenerle a bada e indottrinarle, il satanismo viceversa è il culto dell’ego, e come tale permette all’uomo di fare qualunque cosa esiga l’ego. E all’ego non c’è limite. In questo senso il satanismo e i nuovi culti, con ritorno al paganesimo in cui non esistono tabù, sono molto rock ‘n roll.
  • [La cosa che mi ha affascinato dal punto di vista letterario, è che parti dal Dakota building e arrivi ovunque. Ho paragonato questa tua formula narrativa alla navigazione su Internet: si sa da dove si parte, ma non si sa dove si approda. Eri già consapevole di questa tua formula letteraria oppure è nata casualmente?] Spesso la mia scrittura è molto joyciana, sperando che James Joyce non si rivolti nella tomba… Soffro di overthinking, quell’infinito susseguirsi di pensieri che però – a differenza della maggior parte delle persone che accusano questo disturbo – a me sembrano avere un senso. Il mio stream of consciousness alla fine mi porta sempre a una conclusione non da TSO, ecco.
  • [Vista la tua esperienza di ricercatrice e giornalista sull’argomento, il jazz è immune da questi aspetti spettrali?] Se si parla di vendere l’anima al diavolo a mo’ di Robert Johnson, non mi viene in mente nessun jazzista che dall’oggi al domani abbia imparato a suonare da Dio (grazie al diavolo) come dicono sia successo al chitarrista blues che ha venduto l’anima a un uomo incontrato a un crocicchio. Però il voodoo si è infiltrato dappertutto, dal blues al jazz, quindi sono certa che andando a scavare si possa trovare di tutto pure nel jazz. Invece per quanto riguarda il Dakota Building (che ha sempre ospitato – e ospita tutt’ora – soprattutto star del cinema, della musica, dell’arte e dello spettacolo) ci sono stati e ci sono tutt’ora inquilini jazzisti, dal compianto Walter Becker a Roberta Flack.


Da Cielo Drive a “Rosemary’s Baby”, il saggio di Camilla Sernagiotto svela “La maledizione del Dakota”

cinemonitor.it.


  • [Il massacro di Cielo Drive è stato più volte raccontato al cinema, sia in forma documentaria che di finzione, quali sono i titoli a cui è bene avvicinarsi e quali quelli da cui è meglio tenersi alla larga?] C.S.: A mio avviso c’è troppo poco di genere documentaristico dedicato a questo capitolo buio. Credo che molto del riserbo che grandi cineasti e grandi firme del filone documentaristico si sentono in dovere di rispettare sia legato al fatto che una delle persone legate a questa tragedia sia ancora viva: Roman Polanski. A parte qualche focus – più che altro televisivo – che racconta dell’eccidio di Cielo Drive in modo alquanto sommario e sbrigativo, per adesso soltanto un grande nome di Hollywood si è occupato di quella tragica notte, trasformandola comunque in tutt’altro. Parliamo di Quentin Tarantino e del suo C’era una volta a… Hollywood, l’ultimo film del regista di Pulp Fiction. Uscito nel 2019, C’era una volta a… Hollywood è un’opera di fiction liberamente ispirata ai fatti realmente accaduti a Sharon Tate. Diciamo molto “liberamente ispirata” dato che il finale è del tutto diverso da quello che la realtà ha riservato alle vittime di Charles Manson. Una sorta di rivincita che Hollywood si prende contro i banditi numero uno che hanno messo a ferro e fuoco il loro mondo, proprio come un western in cui alla fine i cattivi vengono messi in scacco, ribaltando tutto quanto. C’è chi ha criticato la pellicola considerandola poco rispettosa ma non credo proprio che nell’intento di Tarantino ci sia stato essere irrispettoso nei confronti di Sharon Tate, delle altre vittime e di Roman Polanski, anzi.


La trappola atomica: la prima raccolta di film, romanzi, serie TV e canzoni sulla bomba

thewom.it.

  • [Camilla Sernagiotto, giornalista del Corriere della Sera, la chiama “terza bomba” perché - se mai dovesse esploderne una per motivi militari - sarebbe appunto la numero tre, dopo Little Boy sganciata su Hiroshima e Fat Man caduta su Nagasaki] “Ho una vera ossessione nei confronti della bomba atomica da tantissimi anni. Addirittura i miei primi due romanzi, usciti nel 2009 e nel 2011, parlano uno di un ragazzo gay di nome Enola che crede di essere incinto del nuovo Messia che lui chiama affettuosamente Little Boy, e uno di un giovane obeso soprannominato Fat Man che sta aspettando l'arrivo dell'amico Bock, che passerà a prenderlo in macchina per il viaggio della vita. Entrambi sono metafore delle due bombe atomiche lanciate sulle città giapponesi. Uno dei due romanzi si intitola addirittura I bambini sono nati con successo, che è il messaggio in codice consegnato all'allora presidente degli Stati Uniti d'America, Harry S. Truman, per informarlo della missione compiuta”.

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