Bonaventura Zumbini

critico letterario, docente e politico italiano (1836-1916)

Bonaventura Zumbini (1836 – 1916), critico letterario italiano e docente universitario.

Citazioni di Bonaventura Zumbini

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  • Con tutto il canzoniere petrarchesco nella mente, una donna, volendo poetare di amore, ha sempre bisogno di trovare in sé, o immaginar da sé, almeno quanto manchi per il caso suo a quel linguaggio. Qual sarà poi la sua condizione, se con questo, ch'è un vero vantaggio, essa abbia sortito da natura grandi pregi di mente e d'animo, e se la sua vita stessa sia ricca di storia e di poesia?
    Tal era per l'appunto il caso della Colonna. Noi sentiamo lei, e non altri che lei, anche in parecchie fra le sue immaginazioni che appartengono alla maniera più propria del Petrarca.[1]
  • Soprattutto sono notevoli nel Filocolo quei primi segni, che ci rivelano le qualità più proprie dell'ingegno narrativo del Boccaccio. Era quello un ingegno fatto più particolarmente alle narrazioni brevi, a' drammi di piccole proporzioni, nei quali all'intreccio succede ben presto lo scioglimento. In tutte le sue opere, che seguirono il Filocolo, anche in quelle che per le loro proporzioni pare tenessero più del poema o del romanzo che della novella, la favola e l'intreccio sono sempre ideati alla maniera suddetta. Il nostro Autore operò anche allora secondo sua natura; perché, se la materia non era disposta a restringersi nei confini della novella, egli, consapevolmente o no, formò la novella di alcuna delle parti, in cui quella poteva andar divisa....[2] (in D'Asdia e Mazzamuto, p. 298)
  • Per virtù tutta sua, il Boccaccio divide, decompone i suoi argomenti e vi suscita dentro come tanti centri secondari, intorno ai quali si raggruppi una serie più o meno grande di fatti. Sotto le sue mani si forma continuamente l'episodio. L'episodio nelle sue opere è quasi sempre come un figlio che si distacchi dalla famiglia, bramoso di vita propria e indipendente; e il Boccaccio è verso quello come un padre indulgente o debole, che si contenti di un'autorità poco più che nominale. L'arte di condurre in una volta un ampio e lungo ordine di fatti; di far muovere una numerosa compagnia di personaggi, coordinando e volgendo tutti i loro atti ad un unico scioglimento, ad un'unica catastrofe; di comporre l'episodio in modo che abbia tanta vita da essere pur bello in sé, ma non tanta da sovrapporsi alla storia principale e privarla di pregio; di andar producendo durante il corso di questa effetti immediati e parziali, ma insieme facendo che essi concorrano all'effetto massimo ed ultimo; quest'arte il Boccaccio non l'ebbe....[2] (in D'Asdia e Mazzamuto, pp. 298-299)
  1. Da Studi di letteratura italiana, Le Monnier, 1894, pp. 8-13, citato in Maria Acrosso, La critica letteraria, con avviamento alla composizione, Palumbo, stampa 19703, p. 250.
  2. a b Da «Il Filocolo» del Boccaccio, Firenze, 1879, pp. 63-65, passim.

Bibliografia

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  • Aldo D'Asdia e Pietro Mazzamuto, Letteratura italiana, Pagine di documentazione critica, Felice Le Monnier, Firenze, 19739.

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