Barry Lopez

scrittore statunitense

Barry Holstun Lopez (1945 – vivente), autore e saggista statunitense.

Uomini e lupi modifica

  • Gli eschimesi Nunamiut della Catena di Brooks parlano dei lupi come di cacciatori in qualche modo simili a loro. Sostengono che quando i lupi partono alla caccia di caribù, sappiano bene dove sono diretti, e che forse traggano indicazioni dal comportamento dei corvi imperiali. Secondo i Nunamiut, all'interno di un branco alcuni esemplari non uccidono mai, mentre altri sarebbero specializzati nella caccia di prede più piccole. Sempre, in risposta a richieste di informazioni, dicono che ogni lupo è un animale a sé, capace di dare origine a comportamenti nuovi. Se qualcuno ribadisce che sono sempre i grossi maschi a guidare il gruppo e a uccidere le prede, gli eschimesi si stringono nelle spalle e rispondono: «Forse. A volte.» (p. 10)
  • Il lupo esercita una forte influenza sull'immaginario umano. Carpisce il nostro sguardo per poi restituircelo... Trovandosi al cospetto di quello sguardo, chiunque vorrebbe improvvisamente esprimere le sensazioni di cui è stato preda: timore, odio, rispetto, curiosità. Chi odia i lupi sostiene che siano assassini per natura, ma ciò non è vero. Chi ama i lupi afferma invece che in Nord America nessun esemplare sano ha mai ucciso un uomo; ma anche questo non è vero, poiché i lupi hanno causato la morte di indiani ed eschimesi. Tutto quanto ci è stato detto in passato sui lupi avrebbe dovuto essere espresso, ritengo, con più cautela, precisando che si trattava di una serie particolare di circostanze e che, in sostanza, era solo questione di opinioni. Essere rigorosi in tema di lupi equivale a pretendere certezze anche dalle nuvole. (pp. 11-12)
  • Possiedono un alto grado di organizzazione sociale e hanno sviluppato un sistema di comunicazione e interazione di gruppo in grado di stabilizzare le relazioni sociali. Potrebbero essere considerati animali unici per le spiccate differenze di personalità espresse da individuo a individuo. In termini umani, alcuni sono più aggressivi, timidi o volubili di altri e la società del branco permette di maturare la loro condotta. In un branco, per esempio, un membro potrebbe essere il cacciatore migliore, un altro avere un senso strategico più spiccato e (per tornare ancore sui criteri umani) essere chiamato dagli altri a svolgere qualche mansione. (pp. 26-27)
  • Non esiste animale che predi abitualmente il lupo e questo, in libertà, può vivere a otto o nove anni e, in casi eccezionali, fino a tredici o quattordici. I lupi, è ovvio, sebbene sia singolare il fatto che ne sembriamo inconsapevoli, sono preda di malattie, infortuni e morte violenta. Sono vittime delle tigri in India come degli orsi in Canada, e nonostante la morte non sopraggiunga di norma in seguito a lotte intestine del branco – essendo la fuga l'esito più frequente – lo scontro tra branchi avversi a volte si rivela fatale per alcuni componenti. (p. 38)
  • Il lupo è un animale sociale, la sua sopravvivenza dipende dalla cooperazione, non dalla lotta. Gli esseri umani, soprattutto negli ultimi anni, si sono abituati a parlare di «élite dominanti» in ambito lavorativo e altrove, e hanno acriticamente ritenuto che i branchi di lupi (o gruppi di scimpanzé) si conformassero ai propri schemi mentali. La struttura sociale di un branco di lupi è dinamica, quindi soggetta a cambiamenti, in particolare nella stagione degli amori, e potrebbe capovolgersi in altri frangenti, come nel gioco. La sua presenza è importante durante l'accoppiamento, l'assunzione di cibo, gli spostamenti e il mantenimento del territorio, e sembra avere uno scopo quando i lupi si radunano per rassicurarsi a vicenda degli aspetti positivi del loro stile di vita così come si riflette nell'ordine sociale, in grado di accrescere la possibilità di sopravvivere attraverso la caccia di gruppo e il controllo naturale della popolazione.
    Tuttavia, caricare di un'enfasi eccessiva questi presunti aspetti comportamentali come «intimidazione», «autoritarismo» e giochi di crudeltà psicologica basati su strutture sociali, vuol dire semplicemente confondere gli strumenti di analisi umana con il vero comportamento dei lupi. (pp. 42-43)
  • Sono state espresse più ipotesi sulla natura e sulla funzione dell'ululato lupino che sul verso di qualsiasi altro animale. Si tratta di un suono pieno, accattivante, un'eco lamentosa e seducente capace di instillare soggezione e far accapponare la pelle. Sembra che la sua funzione sia di radunare il branco, soprattutto prima e dopo la caccia, di segnalare un allarme, in particolare se è la tana a essere minacciata, di individuarsi a vicenda nel mezzo di una tempesta o in un territorio sconosciuto, e di comunicare a grandi distanze. (p. 48)
  • I nostri tentativi di comprendere il linguaggio lupino sono rozzi e affatto fondati sulla consapevolezza che questo sia un animale semplice e come tale parli un linguaggio semplice. Esistono suoni che non siamo in grado di udire e segnali che non possiamo vedere. Cominciando a comporre i vari pezzi di vocalizzazione e ad associarli a una descrizione più fluida e attenta del movimento corporeo, riusciremo a scoprire una gran quantità di aspetti sia sul lupo che sul suo linguaggio gestuale. (p. 55)
  • I cani sono vittime di un'ampia varietà di disturbi emotivi, molti dei quali costituiscono un retaggio della selezione artificiale che distrugge o altera radicalmente i loro sistemi di comunicazione. Il taglio della coda per i boxer e delle orecchie per i doberman, l'ecesso di peli sul muso dei cani da pastore, le orecchie a penzoloni dei segugi e la colorazione uniforme dei weimaraner hanno costretto i cani a cercare mezzi di comunicazione alternativi. Spesso i comportamenti che notiamo in essi, come marcare con l'urina un idrante, sono esempi di comunicazione frustrata. (pp. 60-61)
  • L'uomo ammira il coraggio e la resistenza del lupo, ma la vista della morte nella forma di sangue rappreso o di un animale ferito che muggisce agonizzante, lo mette profondamente a disagio. Ci sono state persone nel corso della storia che avrebbero preso posizione a favore della preservazione del lupo, se solo fossero riuscite a superare la repulsione nei confronti dei suoi metodi di portare la morte. Spesso non erano in grado di scendere a patti con l'idea di un lupo che uccidesse una creatura così «bella» come un cerbiatto. (p. 66)
  • I territori dei lupi sono definiti, sebbene solo in modo temporaneo, da marchi odorosi e attività venatorie. Percepiamo un senso di limiti territoriali da come i branchi tornano sui propri passi in vari punti nel corso del loro girovagare. Un branco nei pressi dei propri confini potrebbe concedere la fuga a una preda ferita se questa penetrasse il territorio di un altro branco. Un branco di lupi trova repellente il marchio odoroso lasciato da un altro branco. Il confine viene definito da entrambe le parti, e che poi debba essere rispettato rigorosamente è evidenziato dal numero di lupi che sconfinando vengono uccisi. (p. 77)
  • È ampiamente creduto che non esistono prove scritte di un lupo in salute che abbia mai ucciso una persona in Nord America. I fautori di tale affermazione ignorano gli eschimesi e gli indiani, che sono state vittime di lupi e si guardano bene dal non prendere in considerazione gli esemplari rabidi. Questi, infatti, hanno attaccato numerose persone. (p. 83)
  • È una moda oggi quella di congedare sbrigativamente racconti di aggressioni lupine a scapito dell'uomo. Tuttavia, penso sia sciocco sostenere che nessun lupo in salute si sia mai comportato in quel modo, o che i lupi fossero incapaci di valutare l'uomo come qualsiasi altro animale domestico e capire se in tempi difficili valesse la pena correre il rischio di aggredire una persona. Sono sicuro che ne sono capaci. Il problema è di impostare il discorso in prospettiva. Quante decine di migliaia di incontri tra lupi e uomini disarmati si sono svolti senza incidenti? La realtà sembra indicare che oggigiorno eventi simili siano estremamente rari, nonostante le storie che continuano ad affiorare persino sul «New York Times», dove vengono segnalati branchi di lupi che durante le tormente discendono nei paesi in cerca di cibo umano. (pp. 85-86)
  • Per alcuni, l'animale è solo un oggetto da quantificare, è limitato e suscettibile di essere compreso appieno. Per altri, il lupo è un essere da confrontare con altri animali e, in fondo, è impenetrabile. Entrambi i punti di vista, il primo un po' più arrogante e il secondo forse più umile, consegnano un animale che nessuno può vedere. Se ci fermiamo un attimo a riflettere arriviamo a una conclusione straordinaria: un lupo è sostanza e insieme ombra. (p. 92)
  • Ciò che accomuna il lupo e il cacciatore primitivo più di ogni altra cosa è la dipendenza dalla caccia e dall'uccisione di animali. In una zona in cui cacciano sia i lupi sia esseri umani, la selvaggina tende a essere la stessa. In uguali condizioni di terreno, clima e conservazione del cibo e inseguendo le stesse prede, tendono a svolgere l'attività venatoria in modo analogo. Le differenze sono legate al fatto che uno si muove su due piedi e uccide dalla distanza con strumenti quali pallottole o frecce. (p. 105)

Note modifica


Bibliografia modifica

  • Barry Holstun Lopez, Uomini e lupi, (2015), Edizioni Piemme

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