Baldassarre Castiglione

umanista, letterato e diplomatico italiano (1478-1529)

Baldassarre Castiglione o Baldessar di Castiglione (1478 – 1529), scrittore e diplomatico italiano.

Baldassarre Castiglione

Il libro del Cortegiano

modifica
 
Cortegiano, 1549

Fra me stesso lungamente ho dubitato, messer Alfonso carissimo, qual di due cose piú difficil mi fusse; o il negarvi quel che con tanta instanzia piú volte m'avete richiesto, o il farlo: perché da un canto mi parea durissimo negar alcuna cosa, e massimamente laudevole, a persona ch'io amo sommamente e da cui sommamente mi sento esser amato; dall'altro ancor pigliar impresa, la quale io non conoscessi poter condur a fine, pareami disconvenirsi a chi estimasse le giuste riprensioni[1] quanto estimar si debbano. In ultimo, dopo molti pensieri, ho deliberato esperimentare in questo quanto aiuto porger possa alla diligenzia mia quella affezione e desiderio intenso di compiacere, che nell'altre cose tanto sòle accrescere la industria[2] degli omini.

Citazioni

modifica
  • [Riferito al Palazzo Ducale di Urbino] Questo [Federico da Montefeltro], tra l'altre cose sue lodevoli, nell'aspero sito d'Urbino edificò un palazzo, secondo la opinione di molti, il più bello che in tutta Italia si ritrovi; e d'ogni oportuna cosa sì ben lo fornì, che non un palazzo, ma una città in forma de palazzo esser pareva; e non solamente di quello che ordinariamente si usa, come vasi d'argento, apparamenti di camere di ricchissimi drappi d'oro, di seta e d'altre cose simili, ma per ornamento v'aggiunse una infinità di statue antiche di marmo e di bronzo, pitture singularissime, instrumenti musici d'ogni sorte; né quivi cosa alcuna volse, se non rarissima ed eccellente. (Libro I, Capitolo II)
  • Ma la fortuna, invidiosa di tanta virtú, con ogni sua forza s'oppose a così glorioso principio, talmente che, non essendo ancor il duca Guido giunto alli venti anni, s'infermò di podagre, le quali con atrocissimi dolori procedendo, in poco spazio di tempo talmente tutti i membri gli impedirono, che né stare in piedi né moversi potea; e così restò un dei più belli e disposti corpi del mondo deformato e guasto nella sua verde età. (Libro I, Capitolo III)
  • Ma avendo io già più volte pensato meco onde nasca questa grazia, lasciando quelli che dalle stelle l'hanno, trovo una regula universalissima, la qual mi par valer circa questo in tutte le cose umane che si facciano o dicano più che alcuna altra, e ciò è fuggir quanto più si po, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la affettazione; e, per dir forse una nova parola, usar in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l'arte e dimostri ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi. (I, 26; 1965)
  • Il dividere le sentenzie dalle parole è un dividere l’anima dal corpo. (I, XXXIII)
  • [...] né altro vuol dir il parlar antico, che la consuetudine antica di parlare: e sciocca cosa sarebbe amar il parlar antico non per altro, che per voler più presto parlare come si parlava, che come si parla. (I, 37)
  • Tutti da natura siamo pronti più a biasmare gli errori, che a laudar le cose ben fatte. (II, 7)
  • Ne' giovani troppa saviezza è mal segno. (II, 16)[3]
  • Tutti molte volte [...] credemo più all'altrui opinione che alla nostra propria. (II, 35)
  • Chi tende alla summità, rare volte interviene che non passi il mezzo. (II, 38)[3]
  • Pesami ancora che tutti non abbiate conosciuta la duchessa Beatrice di Milano [...], per non aver mai più a maravigliarvi di ingegno di donna.[4]
  • Li brutti... per lo più sono ancor mali e li belli boni. (IV, 58)[3]
  • Ciascuno loda e vitupera secondo il suo piacere, sempre coprendo il vizio col nome della virtù prossima o la virtù col nome del vicino vizio: chiamando un presuntuoso libero, un ignorante buono.
  • Molte volte più nelle cose piccole che nelle grandi si conoscono i coraggiosi.
  • Perdonando troppo a chi falla si fa ingiuria a chi non falla.
  • Si po dir quella esser vera arte che non pare esser arte; né più in altro si ha da poner studio, che nel nasconderla.
  • Tutti son tra sé nel far dissimili; di modo che ad alcun di loro non par che manchi cosa alcuna in quella maniera, perché si conosce ciascun nel suo stil esser perfettissimo.
  1. Critiche.
  2. Intelligenza, ingegno.
  3. a b c Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  4. a cura di Giulio Preti, Einaudi, Torino, 1965, libro III, cap. XXXV.

Bibliografia

modifica

Altri progetti

modifica