August von Platen-Hallermünde

poeta e drammaturgo tedesco
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August von Platen-Hallermünde (1796 – 1835), poeta e drammaturgo tedesco.

August von Platen-Hallermünde

Citazioni di August von Platen-Hallermünde

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  • [La tomba nel Busento] Cupi a notte canti suonano | da Cosenza su 'l Busento, | cupo il fiume gli rimormora | dal suo gorgo sonnolento. || Su e giù pe 'l fiume passano | e ripassano ombre lente: | Alarico i Goti piangono, | il gran morto di lor gente. || Ahi sí presto e da la patria | cosí lungi avrà il riposo, | mentre ancor bionda per gli òmeri | va la chioma al poderoso! || Del Busento ecco si schierano | su le sponde i Goti a pruova, | e dal corso usato il piegano | dischiudendo una via nuova. || Dove l'onde pria muggivano, | cavan, cavano la terra; | e profondo il corpo calano, | a cavallo, armato in guerra. || Lui di terra anche ricoprono | e gli arnesi d'òr lucenti; | de l′eroe crescan su l'umida | fossa l'erbe de i torrenti! | Poi, ridotto a i noti tramiti, | il Busento lasciò l'onde | per l'antico letto valide | spumeggiar tra le due sponde. || Cantò allora un coro d'uomini: | «Dormi, o re, ne la tua gloria! | Man romana mai non víoli | la tua tomba e la memoria!» . || Cantò e lungo il canto udivasi | per le schiere gote errare: | recal tu, Busento rapido, | recal tu da mare a mare. (La tomba nel Busento, traduzione di Giosuè Carducci, citato da Vittorio Santoli in Letteratura tedesca moderna, Sansoni/Accademia, 1971; (L'ottocento Mediano. La lirica, pp. 241-242)
  • [Carlo V, dopo aver rinunciato alla corona imperiale, chiede accoglienza ai monaci di Yuste nell'Estremadura] È notte, e il nembo urla piú sempre e il vento. | Frati spagnoli, apritemi il convento. || Lasciatemi posar sino a i divini | Misteri e al suon de' bronzi matutini. | Datemi allor quel che potete dare; | date una bara ed uno scapolare, || date una cella e la benedizione | a chi di mezzo mondo era padrone. || Questo capo a la chierca apparecchiato | fu di molte corone incoronato. | Questo a le rozze lane òmero inchino | levossi imperïal ne l'ermellino. | Or morto in vista pria che in cimitero | ruino anch'io come l'antico impero. (Il pellegrino davanti a S. Just, traduzione di Giosuè Carducci, citato da Vittorio Santoli, in Letteratura tedesca moderna, Sansoni/Accademia, 1971; (L'ottocento mediano. La lirica, p. 241)
  • Ero l'amata muore, ne i flutti cercando la morte: | Saffo l'amante muore, morte chiedendo a i flutti. || Amore, iddio crudele, a te cadon vittime entrambe: | scorgile tu nel cheto reame di Persefone. || Ma di Leandro al petto conduci la vergin di Sesto, | guida al fiume di Lete la deserta di Lesbo.[1]
  • Vieni o straniero nella grande Napoli, vedila, e muori! | Ama e inebriati, godi mentre l'attimo fugge | Il più splendido sogno, scorda i desideri delusi, | e i tormenti che un demone ha tessuto nella tua vita: | impara qui a godere, ad essere felice, e poi muori! (da Impressioni di Napoli; citato in Lucio Fino, Napoli romantica, Grimaldi, 2001)

Storia del reame di Napoli dal 1414 al 1443

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Era ben naturale ch'io, soggiornando in Napoli parecchi anni, studiassi di rendermi famigliare la storia di quel paese. Avvenne di conseguenza che or l'una or l'altra epoca di essa mi destasse nell'animo tanta curiosità da spronarmi a considerarla più attentamente e a farne argomento di narrazione.

Citazioni

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  • Io spero (se m'è permessa quest'ultima osservazione personale) che non si vorrà negare al poeta la facoltà di scrivere istoria; e che anzi si dovrà ammettere non darsi istorico sprovveduto di genio poetico, ossia di forza rappresentativa. Il vero merito del poeta consiste nella verità de' suoi quadri, e la vera invenzione si restringe alla conoscenza della natura e dell'anima umana. Senza questo sostrato di realità lo stesso Omero e l'Ariosto avrebbero a parere poetuzzi; giacché l'uomo integro non può intraprendere cosa degna che non sia fondata sul vero. (Proemio, p. 3)
  • Alfonso, quanto alla persona, era di mezzana statura e di gracile complessione, di volto pallido, ma sereno; aveva naso aquilino e capelli bruni. Tanto era lontano dalla superbia, che una volta aiutò un contadino a trar dal pantano il proprio asino; e all'assedio di Pozzuoli, avendo il mare gettato sulla spiaggia il cadavere d'un genovese, lo fece seppellire e intagliò egli medesimo la croce di legno da piantarsi sul tumulo. A un cortigiano, che gli attribuiva a merito d'esser figliuolo, fratello e nipote di re, rispose col verso di Dante:
    Grande è solo colui che per sé splende. (cap. XII, p. 260)

Citazioni su August von Platen

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  • L'incompleta comprensione di se stesso, il non ammettere che il suo amore non era per nulla più sublime, ma un amore come tutti gli altri, se pure – almeno al tempo suo – con più scarse possibilità di felice esaudimento, questo equivoco insomma lo spinse all'ingiustizia, all'insanabile amarezza, all'esacerbato rancore per il dispregio e la durezza in (sic) cui la sua ardente dedizione si scontrava quasi ad ogni momento ed esso ha parte evidentissima nel suo risentimento contro la Germania e contro tutto ciò che è tedesco, e finì per spingerlo all'esilio ed alla morte solitaria. (Thomas Mann)
  1. Ero e Leandro, Odi Barbare, Versioni; in Poesie, Ditta Nicola Zanichelli, Bologna, 1906, p. 937.

Bibliografia

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