Jack Vance

scrittore statunitense
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Jack Vance, vero nome John Holbrook Vance (1916 – 2013), scrittore statunitense. Ha inoltre usato gli pseudonimi di Ellery Queen (dal famoso scrittore di gialli), Alan Wade, Peter Held e John van See.

Jack Vance al timone della sua barca, inizio anni ottanta

Il nuovo Primo

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Musica, luci sfavillanti, piedi che scivolavano sul parquet di quercia lucido di cera, profumi, chiacchiere e risate smorzate.
Arthur Caversham, della Boston del ventesimo secolo, sentì la propria pelle sfiorata dall'aria e scoprì di essere nudo come un verme.

Citazioni

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  • Il corpo di un uomo, fornito di nervi che fanno da avamposto al pericolo, sembra costruito apposta per il dolore e collabora in modo meraviglioso con l'arte del torturatore. (p. 148)

Il vecchio Primo Galattico crollò a sedere, muto, a labbra serrate, con occhi che ardevano come lontani vulcani.
Ai suoi piedi, il nuovo Primo, Signore di due miliardi di soli, trovò una foglia morta, la mise in bocca, e cominciò a masticare.

[Jack Vance, Il nuovo Primo (The New Prime, 1950), traduzione di Vittorio Curtoni, Urania 1402, Mondadori]

Incipit di alcune opere

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Alastor 2262

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Lontano, verso l'orlo della galassia, c'è l'Ammasso Alastor, una spirale di trentamila stelle vivissime, in un volume irregolare dal diametro di venti-trenta anni luce. La regione spaziale circostante è buia, occupata soltanto da poche stelle eremite. Per chi lo guarda dall'esterno, Alastor è uno spettacolo sfolgorante di torrenti di stelle, di reticoli luminosi, di noduli scintillanti. Nubi di polvere stanno in sospensione in quello splendore: le stelle che vi sono immerse brillano di luce color ruggine, rosa, o ambra affumicata. Stelle buie vagano invisibili tra un milione di frammenti subplanetari di ferro, di scorie e di ghiaccio: i cosiddetti "starmenti".

Astronavi in pericolo

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La Cittadella del Diavolo, un tappo vulcanico di solido gabbro nero, alto seicento metri, si ergeva netta, improvvisa e stupenda, dominando la Valle del Miracolo come un tronco solitario in un giardino pieno di aiuole. Il fiume Jamatula, con la bianca e pulita città di Valle del Miracolo stesa ai suoi bordi, le girava attorno alla base formando una specie di nodo scorsoio. Sulla cima la superficie era piatta, come se la Cittadella fosse effettivamente il tronco pietrificato di un antico e colossale albero secolare.

Fuga dal pianeta Tschai

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Aila Woudiver sedeva appollaiato su uno sgabello, nel capannone ai margini delle pianure salate del Sivishe. Una catena univa il collare che gli circondava il collo a un cavo sistemato in alto. In questo modo poteva spostarsi dalla tavola allo sgabuzzino dove dormiva, trascinandosi dietro la catena.

I tesori di Tschai

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Il sole, Carina 4269, era entrato nella costellazione di Tartusz, segnando in tal modo l'inizio di Balul Zac Ag, o "tempo del sogno innaturale", quando carneficine, saccheggi, tratte di schiavi e incendi dolosi subivano un temporaneo arresto sugli Altopiani Lokhar. Balul Zac Ag era l'epoca in cui si teneva la Grande Fiera, o forse era stata la Grande Fiera che, dopo centinaia e centinaia d'anni, aveva finito col dare origine a Balul Zac Ag. Da tutti gli altopiani e dalle confinanti regioni gruppi di Xar, Zhurveg, Seraf e Niss scendevano a Smargash per riunirsi, commerciare, risolvere controversie locali e raccogliere notizie. Si sentiva nell'atmosfera odore di odio: sguardi velati, maledizioni mormorate tra i denti, scatti di insofferenza mal trattenuti accentuavano il colore e la confusione del bazar. Solo i Lokhar, cioè gli uomini dalla pelle tinta di nero e dai capelli tinti di bianco e le donne con la pelle bianca e i capelli neri, mantenevano un'espressione serena e tranquilla.

L'odissea di Glystra

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Diceva di chiamarsi Arthur Hidders. Indossava abiti tipicamente terrestri e, fatta eccezione per i capelli e i baffi, che portava molto lunghi, sembrava un perfetto abitante della Terra. Era alto circa un metro e settanta, magro e con dei lineamenti delicati che contrastavano con la grossezza della testa.
Voltate le spalle all'oblò che si apriva sull'immensità dello spazio, fissò il vecchio Eli Pianza con uno sguardo talmente ingenuo da sembrare quasi infantile. «Tutto questo è molto interessante... ma non vi sembra, come dire, inutile?»

L'ultimo castello

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Verso la fine di un tempestoso pomeriggio estivo, con il sole uscito finalmente dalla cortina di nuvoloni neri, il Castello di Janeil era stato preso, e i suoi abitanti sterminati. Quasi fino all'ultimo le fazioni all'interno dei Clan del castello avevano dibattuto su come andare incontro degnamente al Destino. I Nobili e i Dignitari più importanti avevano scelto di ignorare completamente quelle circostanze poco decorose, e si erano dedicati alle loro normali attività con il medesimo puntiglio del solito. Alcuni Cadetti, disperati fino al punto di arrivare all'isterismo, avevano preso le armi e si erano preparati a resistere all'assalto finale. Altri ancora, forse un quarto della popolazione totale del castello, avevano aspettato passivamente, pronti — quasi con felicità — a espiare i peccati della razza umana.

L'uomo dei miracoli

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La colonna partita da Forte Faide avanzava verso oriente, at­traverso le basse colline: era una colonna formata da cento cava­lieri corazzati, cinquecento fanti, un convoglio di carri. In testa procedeva il Nobile Faide, un uomo alto, nei primi anni della ma­turità, scarno e felino, dal volto giallastro di chi soffre di fegato. Sedeva nel veicolo ancestrale dei Faide, che aveva la forma di una barca e scivolava ad una altezza di cinquanta centimetri dal mu­schio; oltre alla spada e alla daga, portava al fianco le sue armi an­cestrali.

La perla verde

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Visbhume, apprendista del da poco defunto Hippolito, si presentò al mago Tamurello per ottenere un'eguale carica presso di lui, ma ricevette un diniego; Visbhume offrì allora in vendita al mago una scatola contenente alcuni articoli che aveva portato via dalla casa di Hippolito. Tamurello, dopo avervi dato un'occhiata, si accorse che all'interno vi erano oggetti tali da destare il suo interesse e pagò a Visbhume il prezzo richiesto.

La saga di Cugel

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Iucounu (conosciuto in tutta Almery come «Il Mago Beffardo») aveva giocato a Cugel uno dei suoi scherzi più atroci.
Per la seconda volta Cugel era stato afferrato, portato a nord attraverso l'Oceano dei Sospiri e lasciato cadere su quella malinconica spiaggia nota come Shanglestone Strand.
Alzandosi in piedi, Cugel si scrollò la sabbia dal mantello e s'aggiustò il cappello. Si trovava a non più di diciotto metri dal luogo in cui era già caduto una volta, sempre per volontà di Iucounu. Non portava la spada e nella borsa non aveva terce.

Le insidie del pianeta Tschai

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Tremila chilometri a est di Tera, proprio sopra il cuore della Steppa Morta, la zattera volante beccheggiò, riprese a volare regolarmente per qualche altro minuto, poi fu presa da una serie di paurosi e violentissimi sussulti. Adam Reith guardò costernato verso poppa, poi corse sul belvedere di comando. Sollevato il cofano di bronzo a volute guardò nell'apparato motore, sbirciando a caso tra gli ornamenti, le incisioni, le teste scolpite che parevano messe apposta per mimetizzare i meccanismi.

Lyonesse

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In un cupo giorno d'inverno, con la pioggia che si abbatteva sulla città di Lyonesse, la Regina Sollace fu presa dalle doglie. Venne trasportata nella sua stanza ed assistita da due levatrici, da quattro cameriere, dal medico Balhamel e dalla vecchia Dyldra, che aveva una profonda conoscenza delle erbe e che alcuni consideravano una strega. Dyldra era presente per volere della Regina Sollace, la quale trovava maggior conforto nella fiducia che nella logica.

A sud della Cornovaglia, a nord dell'Iberia e dall'altra parte del Golfo Cantabrico rispetto all'Aquitania sorgevano un tempo le Isole Elder, le cui dimensioni variavano dal Dente di Gwyg, una sporgenza di roccia nera quasi sempre sommersa dai frangenti dell'Atlantico, a Hybras, registrata come "Hy-Brasil" nelle antiche cronache irlandesi, la cui estensione era pari quasi a quella della stessa Irlanda.
Su Hybras sorgevano tre città principali: Avallon, Città di Lyonesse e l'antica Ys,[1] oltre a molti altri centri abitati cinti di mura, ad antichi e grigi villaggi, a castelli dalle molteplici torri e a manieri circondati da gradevoli giardini.

Naufragio sul pianeta Tschai

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Da un lato dell'Explorator IV brillava la luce attenuata di un'antica stella: Carina 4269. Dall'altro, stava sospeso un solo pianeta grigio-bruno sotto una pesante coltre atmosferica. La stella si distingueva unicamente per una singolare sfumatura ambrata della sua luce. Il pianeta era un po' più grande della Terra e aveva due lune, piccole e con brevi rivoluzioni. Una stella tipica K2, un pianeta comune, ma per gli uomini dell'Explorator IV quel sistema era fonte di sorpresa e di meraviglia.

  1. In tempi primordiali un ponte di terra collegava le Isole Elder con la Vecchia Europa. Secondo i miti, i primi cacciatori nomadi che arrivarono ad Hybras e valicarono il Teach tac Teach, raggiungendo le coste dell'Atlantico, scoprirono la città di Ys già esistente.

Bibliografia

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  • Jack Vance, Il nuovo Primo (The New Prime, 1950), traduzione di Vittorio Curtoni, Urania 1402, Mondadori, 2000.
  • Jack Vance, Alastor 2262, traduzione di Roberta Rambelli, Ed. Nord, 1976.
  • Jack Vance, Astronavi in pericolo, traduzione di M. Lo Buono, Editrice La Sorgente, 1960.
  • Jack Vance, Fuga dal pianeta Tschai, traduzione di Beata della Frattina, Mondadori, 1993. ISBN 880437618X
  • Jack Vance, I tesori di Tschai, traduzione di Beata della Frattina, Mondadori, 1971.
  • Jack Vance, L'odissea di Glystra, traduzione di Hilia Brinis, Mondadori, 1984.
  • Jack Vance, L'ultimo castello, traduzione di Gianni Pilo, Newton, 1994. ISBN 8879835920
  • Jack Vance, L'uomo dei miracoli, traduzione di M. Gavioli, in "I guerrieri delle galassie", a cura di Sandro Pergameno, Ed. Nord, 1986. ISBN 884290595X
  • Jack Vance, La perla verde, traduzione di Annarita Guarnieri, Edizioni Nord, 1986.
  • Jack Vance, La saga di Cugel, traduzione di Maria Agnese Grimaldi, Fanucci, 1989.
  • Jack Vance, Le insidie del pianeta Tschai, traduzione di Beata della Frattina, Mondadori, 1993. ISBN 8804368152
  • Jack Vance, Lyonesse, traduzione di Annarita Guarnieri, Edizioni Nord, 1985.
  • Jack Vance, Madouc, traduzione di Annarita Guarnieri, Edizioni Nord, 1991.
  • Jack Vance, Naufragio sul pianeta Tschai, traduzione di Beata della Frattina, Mondadori, 1971.

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