Arduino d'Ivrea

re d'Italia (r. 1002-1014)

Arduino d'Ivrea, detto anche Arduino di Dadone o Arduino da Pombia (955 circa – 1015), marchese d'Ivrea e re d'Italia.

Arduino d'Ivrea

Citazioni su Arduino d'Ivrea

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  • Arduino era tutt'altro che uomo esemplare, sebbene certo non così nero come i Tedeschi han voluto dipingerlo. Scevro di colpe non era, e neppur di delitti; ma i suoi stessi errori e misfatti erano di natura a risvegliare a suo pro tutte le simpatie nazionali: erano i suoi migliori titoli al favor popolare.
  • Ben è chiaro che mentre Arrigo non era che il Re dei vescovi, Arduino era il Re del popolo. Questi due poteri stavano contendendo del primato in Italia, e gli sparsi frammenti della grande aristocrazia feudale, i pochi signori Laici tuttora esistenti, cambiavan parte dall'uno all'altro, intenti piuttosto a provvedere alla propria salute, che a far col proprio peso traboccar le bilance dall'uno piuttosto che dall'altro partito.
  • Era al colmo della prosperità, quando, inaspettatamente, e per cagioni non ben note, – ove non voglian cercarsi nelle sue infermità, o nel tedio della vita, o nell'ira impotente da lui covata contro l'implacabile suo nemico, Leone di Vercelli, che di nuovo gli avea per stratagemma strappata di mano quella città – si ritrasse da ogni contesa, e fe' rinunzia del trono, nel settembre del 1014. Si condusse quindi alla Badia di S. Benigno di Fruttuaria, sul Malone, a cinque miglia da Chivasso, badia ch'egli stesso avea riccamente dotata, e quivi chiuse i suoi giorni, il 14 dicembre 1015.
    La svariata carriera di questo Piemontese Re d'Italia, che non è senza analogia con quella d'un Principe non ha guari mancato ai vivi, dee considerarsi come il primo grande avvenimento nazionale dell'Italia moderna.
  • Arduino non era affatto un patriota e non pensava minimamente all'Italia, quando se ne fece audacemente acclamare Re da un'assemblea di feudatari piemontesi. Era soltanto un arrivista che badava a innalzare il proprio rango. Però non gli mancavano né l'audacia né l'accortezza.
  • Questo «primo italiano», come poi lo chiamarono alcuni storici malati di nazionalismo, era Arduino d'Ivrea, e d'italiano non aveva nemmeno il sangue: apparteneva a una dinastia tedesca calata in Italia forse coi longobardi, forse coi franchi, e impiantatavisi da padrona per diritto di conquisa. Arduino aveva ereditato dai suoi guerrieri antenati il coraggio, la rozzezza, la prepotenza e l'ambizione.
  • Solo la vecchiaia e gli acciacchi vennero a capo della sua ostinazione. Stanco e malato, l'irriducibile mangiapreti bussò alla porta dell'abbazia di Fruttuaria che lo accolse caritatevolmente. Morì nel 1015, senza neanche lontanamente immaginare quale mito avrebbe fatto di lui la storiografia nazionalista.

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