Arditi
corpo speciale del Regio Esercito italiano
Citazioni sugli arditi, specialità dell'arma di fanteria del Regio Esercito durante la prima guerra mondiale.
- Agli arditi erano risparmiati gli estenuanti turni in trincea che abbrutivano le normali truppe di fanteria, soggette ai bombardamenti, al sole, alla pioggia, al fango, alla fame, alla sete, ai pidocchi. Essi alloggiavano comodamente dietro le linee. Fra un'azione e l'altra si godevano il vitto migliore, il soprassoldo e la gloria.
- Durante la guerra gli arditi avevano vissuto da eroi. Erano le truppe scelte per gli assalti. Il giorno dell'azione, mentre il bombardamento sconvolgeva le linee del nemico, i camion li portavano sotto le posizioni da conquistare. Lì attendevano l'ora stabilita, facendo circolare le borracce di cognac e di grappa, fumando, facendo scongiuri.
Ad un ordine uscivano all'attacco con le bombe a mano e il pugnale.
Tutto si sbrigava in poco tempo: era la vittoria o la morte. Il più delle volte, il nemico, sopraffatto dal fuoco dell'artiglieria, aveva già sgombrato le posizioni. Chi non era morto o ferito, giaceva stupidito dal terrore nei ricoveri. Entrando di slancio nelle trincee, gli arditi non trovavano che corpi privi di vita o inermi. Vibravano colpi di pugnale come dentro a sacchi, scagliavano le bombe nei ricoveri.
Se invece il nemico aveva resistito sotto il bombardamento, gli arditi erano accolti dal fuoco delle mitragliatrici. Allora si accendeva sulle quote una violenta battaglia che finiva a corpo a corpo.
- I corrispondenti dal fronte non parlavano che di loro. Le gesta degli arditi, tutte rapidità e fuoco, facevano dimenticare le miserie, la pena, lo sporco della guerra di posizione. I disegnatori dei giornali illustrati rappresentavano l'ardito col pugnale fra i denti, gli occhi scintillanti, la nappa del berretto nero spavaldamente gettata indietro, mentre si apriva un varco tra i reticolati sconvolti e le esplosioni delle bombe.