Alessia Gazzola

scrittrice italiana

Alessia Gazzola (1982 - vivente), medico e scrittrice italiana.

Alessia Gazzola

Citazioni di Alessia Gazzola

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  • È meglio un amore non corrisposto che un amore corrisposto a metà. Chi ci ama poco ci fa soffrire decisamente di più di chi non ci ama affatto. (da Le ossa della principessa)
  • Se ognuno di noi vivesse davvero ogni giorno come se fosse l'ultimo, quante cose si svolgerebbero diversamente? Se questo fosse il mio ultimo giorno, se i Maya avessero ragione e l'apocalisse fosse vicina, io richiamerei Arthur. Senza dubbio. Viceversa, se fossi certa di un domani, non sono sicura che sarebbe assennato alcun tipo di gesto che porti a una ricaduta. La nostalgia costa carissima e va adoperata solo quando proprio non se ne può fare a meno. (da Le ossa della principessa)

Incipit di alcune opere

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Alice Allevi

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L'allieva

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L'annuale party di beneficienza organizzato da quegli iperattivi di Pediatria mi ricorda puntualmente che, in qualità di specializzanda in Medicina legale, mi trovo - senza alcuna chance di progressione verticale - all'ultimo gradino della catena alimentare della Medicina. Gli altri, ossia tutti gli altri medici, sono convinti di essere al vertice.
Imbevuti di maratone di E.R.', hanno una percezione distorta della loro realtà professionale e nessuno si prende la briga di spiegare, per esempio, a uno sfigato qualunque di Pediatria che lui non ha niente a che vedere con George Clooney. Non che io abbia a che vedere con CSI, perché nel mio terrificante Istituto, il grande santuario dell'umiliazione intesa come sport, il ruolo dello specializzando, e il mio nella fattispecie, è considerato alla stregua della carta igienica. Anzi, peggio, perché almeno la carta igienica ha una qualche utilità. Non c'è possibilità che a una specializzanda del mio rango venga affidato un grosso caso di quelli che finiscono sui giornali.
Pertanto, irrisa dai colleghi che giocano al Dr House ed esclusa da quelli che si sentono protagonisti di un romanzo della Cornwell, non posso che considerarmi un'appendice vermiforme della Medicina legale.
Forse è per questo che, da sempre, il party di raccolta fondi per la ricerca contro le malattie neurologiche pediatriche è in assoluto la circostanza più rovinosa del mio anno solare.

Un segreto non è per sempre

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Il mio Istituto di medicina legale è un amante malfidato che prende senza dare.
Come oggi, ennesima prova di antimeritocrazia. Tutto è cominciato con un breve ma intenso esame, perché solo uno di noi - nemmeno fossimo in un reality - vincerà un posto per un microseminario di Scienze forensi a Parigi. Il piccolo concorso interno ha come candidati tutti noi specializzandi, e se alla SNAI fossero aperte le scommesse io sarei quotata poco o niente. Sarebbe un grave errore perché, com'è vero che mi chiamo Alice Allevi, mi darei all'abusivo esercizio di meretricio pur di vincere.
Oggi non torno a casa senza il biglietto per Parigi già staccato. Il mio atteggiamento così competitivo è motivato dal fatto che il microseminario mi offrirebbe l'opportunità di trascorrere una settimana nella città che, oltre a essere la più bella del mondo, al momento ospita l'unica persona sulla faccia della terra per la quale sarei disposta a farmi esaminare come un germe al microscopio da quella megera della Wally: Arthur Malcomess: figlio del mio capo, reporter in zone di crisi per l'Agence France Presse, nonché, suo malgrado, mio fidanzato.
È per questo che mi trovo nella sala delle torture che è la stanza della Wally, l'assistente del Supremo, che giusto lo scorso anno ha attentato alla mia salute mentale con un aut aut da cui non mi sono ancora ripresa. Ho rischiato una bocciatura epocale, quella tra un anno di specializzazione e l'altro, evento eccezionale e, proprio per questo, fatale.
Accanto a lei c'è il Supremo in persona, stanco e musone ogni giorno un po' di più.

Sindrome da cuore in sospeso

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Oggi, nel giorno del mio ventitreesimo compleanno, davanti a una Victoria Sponge Cake preparata da mia madre, nell'esatto momento in cui i miei mi incitano a esprimere un desiderio, io mi sento tremendamente indecisa e infelice.
Perché il mio il mio non è un desiderio che si rispetti. Anzi, è proprio un desiderio ciofeca.
Vorrei trovare la forza di confessare, ora, subito, che non voglio fare il medico.
Ho paura di aver speso malissimo gli ultimi anni della mia vita in studi che non fanno per me e vorrei poterlo dire ai miei, che invece ne sono sempre stati orgogliosi, ma sono talmente confusa che in realtà non saprei nemmeno individuare una carriera alternativa.
Da bambina volevo fare la parrucchiera o la maestra d'asilo. Bisognerebbe sempre sforzarsi di seguire i sogni d'infanzia e non lasciarsi traviare da quei seminari della malora che organizzano all'ultimo anno di liceo, in cui ti lasciano credere che in teoria potresti fare qualunque cosa.
Qualunque cosa... macché!
Ieri, durante la parte pratica di un esame, ho dimostrato di non essere in grado di prendere una vena. Oggi, per distrarmi, mi sono data da fare in cucina e ho preparato delle lasagne che mia nonna Amalia ha scambiato per una torta. D'accordo, lei è un po' arteriosclerotica, ma stavolta non aveva tutti i torti. A riprova del fatto che non ci si può alzare la mattina e far tutto quello che si vuole: è una menzogna dei manuali di autostima. Una menzogna cui ho creduto erroneamente quando ho deciso di fare il medico: e dire che le avvisaglie c'erano tutte - come per esempio quella volta che sono svenuta dopo che mio fratello si è rotto la rotula - ma ho finto di non vederle.

Le ossa della principessa

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Ambra Negri Della Valle è sparita.
No, non è un sogno. È successo veramente e sono in preda ai rimorsi, perché ho desiderato una quantità infinita di volte che accadesse - come in quel film degli anni Ottanta con David Bowie, in cui una ragazzina sognava che gli gnomi portassero via il fratello piagnone di cui era gelosa e poi il principe degli gnomi lo rapiva davvero.
Ambra è la collega carogna per antonomasia, quella che per mettersi in mostra venderebbe sua madre, quella che fa dei meriti altrui uno specchio dei propri. È quella cui le cose vanno sempre dritte, la prima della classe, il capo delle cheerleader.
Non è una che sparisce, semmai è una che fa sparire gli altri.
Nessuno sa dove sia finita: è svanita senza lasciare tracce e il suo cellulare è rimasto nel suo appartamento. Quando è stato ritrovato, aveva totalizzato circa cento chiamate perse.
Abbiamo condiviso per tre anni questa stanza dell'Istituto, da sempre l'alcova del suo Regno, e alcune volte lavoravo con le cuffiette dell'iPod per non sentirla parlare. Ambra è logorroica in quella maniera irrefrenabile di chi ignora il significato del vocabolo sobrietà. Eppure questa stanza, adesso, accoglie me e Lara - l'altra collega di sventure - come una custodia ammaccata e soffocante. Nonostante detestassimo Ambra, la sua scomparsa ci ha sconvolte e i nostri occhi si incontrano spesso, nel silenzio. Si trasmettono la paura che serpeggia nei corridoi dell'Istituto di medicina legale a Roma, perché pensi sempre che certe cose succedano agli sconosciuti e quando invece un fatto del genere ti sfiora, l'imprevedibilità dell'esistenza ti piomba addosso con tutta la sua potenza.
Nessuno osa sorridere, men che meno ridere, in questi giorni.
La vita, qui al lavoro, si è spezzata.

Una lunga estate crudele

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È una meravigliosa giornata di sole.
Quell'accecante sole mediterraneo che in auto infuoca il volante, che appanna l'orizzonte e ondula l'asfalto. Un caldo atomico, da cui non ci si può difendere, e non è che il 5 di giugno.
La mattina sarebbe splendida se trascorsa al mare e in dolce compagnia - per chi ce l'ha.
E invece, sono diretta al Teatro del Bardo dell'Avon, nel Quartiere Pinciano. A un sopralluogo. E la mia compagnia è tutt'altro che dolce.
Mi chiamo Alice Allevi e sono una specializzanda in Medicina legale al quarto anno. A volte mi sento l'alieno del mio Istituto: vengo da un pianeta in cui la Medicina legale è un sogno di romantiche e un po' lugubri avventure, ma sono atterrata in un mondo fatto di giochi di potere tra periti e avvocati e di scadenze impossibili da rispettare.
Io mi aspettavo qualcosa di un po' diverso.
Forse perché quando mi sono innamorata della Medicina legale mi sono innamorata anche di un medico legale e credevo che sarei diventata come lui.
Ma come lui... c'è solo lui.

Un po' di follia in primavera

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Ho sognato che il tempo era tornato indietro, in un inverosimile rewind.
Nuovamente non sapevo cosa fare della mia vita, proprio come quando, poco prima di laurearmi in Medicina, stavo per dire ai miei che mollavo tutto per una strada alternativa e imprevista, che certamente li avrebbe delusi. Quello stesso giorno, però, avevo un appuntamento con il mio destino e ogni cosa è cambiata: alla fine, mi sono laureata e sono diventata una specializzanda in Medicina legale.
Oggi, che il mio corso di studi volge quasi al termine, sento già la nostalgia per i luoghi che non ho ancora lasciato. Luoghi fisici e luoghi della mente. Il laboratorio, la mia stanza, la biblioteca. Tra poco non mi apparterranno più, sempre ammesso che i luoghi possano davvero appartenerci. Provo una sensazione di perdita incombente e, forse per questo, sogno.
Sogno spesso di partire e di ricominciare, come se tutto fosse ancora da vivere e da fare. Ma se non altro il risveglio è dolce, perché se molte cose nella mia vita sono ancora oscure, almeno una è chiara, chiarissima e gioiosa.

Arabesque

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Le luci si spengono tutte nello stesso isante. Solo il palco resta illuminato, lei è accecata dai riflettori e non vede più quella platea, vuota fino a un attimo prima. C'è solo Madame, con la sua solita aria imperturbabile.
Deve dare il meglio di sé, non capiterà una seconda occasione.
Le note del pianoforte si spargono nel teatro, rassicuranti. È Debussy.
In posizione.
Non sente neanche più il dolore di tutte le ferite ai piedi, che divorano le sue dita dai calcagni alle unghie. È anestesizzata perché sa che deve essere perfetta. Il teatro è vuoto, ma se fosse occupata anche l'ultima poltrona lei vorrebbe essere perfetta per una persona soltanto.
Inizia il suo esercizio, e il legno del palco scricchiola sotto le sue punte di gesso.
A passi lenti, lui incede. Era dietro le quinte, com'è possibile che non lo avesse visto prima?
Lei vacilla, si agita, cade.
Madame ride.
A lei non resta che rialzarsi. Lui non le porge la mano, rimane lì, immobile, a guardarla.
Le calze bianche sono strappate all'altezza delle ginocchia. Adesso i piedi le dolgono da morire, le ferite sono vive, almeno come quelle del cuore.
Le luci si riaccendono.
Gli occhi distanziati, del colore della sabbia attraverso l'acqua del mare, faticano ad adattarsi.
È un nuovo giorno.

Il ladro gentiluomo

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Se riesci a portare sulla strada della convivenza qualcuno il cui tabù assoluto è la stabilità affettiva, interrompere sul più bello il processo in divenire è pura cattiveria.
Una sola persona al mondo poteva esserne capace. La mia crux desperationis, la professoressa Valeria Boschi, che da sempre vede in me l'onta infamante della medicina legale e non aspettava altro che un momento di debolezza per ritorcermelo contro.
«Ma come, Allevi, non me l'aveva chiesto lei?» ha detto di fronte al mio sconcerto, quando ho appreso la notizia del mio trasferimento a decorrenza immediata senza data di ritorno. Il tutto con un'espressione innocente che ha discoperto in me istinti omicidi.
«Sì, ma poi...» ho obiettato, incapace di formulare una risposta convincente.
«Poi cosa?» ha incalzato allora lei, intercettando il punto di vulnerabilità. «Cos'è cambiato? Mi sembrava così convinta, così motivata, all'idea di trascorrere un periodo di studio e ricerca in un'altra università...»
E lo ero. Ma all'epoca, in verità, ero motivata più che altro a scappare da colui che amo alla follia perché avevamo litigato furiosamente, come del resto accade da sempre a fasi alterne. E quando ci siamo riappacificati, era tardi. Non dovremmo mai, mai, agire spronati da un impulso, in un momento in cui non capiamo più niente avendo appena preso una mazzata. «Lucidità» dev'essere la parola d'ordine. Altrimenti ti ritrovi a preparare le valigie per un viaggio senza aver scelto la destinazione.

La ragazza del collegio

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È successo che un giorno la Wally ha chiamato Claudio, quando noi eravamo a Washington DC già da quasi due anni, dicendogli che grazie alla quota cento riusciva ad andare in pensione. Al che io e lui ci siamo guardati e ci siamo detti: «Ha già l'età?» La Wally sembra Dracula nel film di Francis Ford Coppola, un individuo senza età, inquietante Dio solo sa quanto, capace di tutto e invero succhiare il sangue sembra persino il meno.
Per essere pienamente sinceri bisognerebbe anche aggiungere che è stata gentile. Gli ha detto che non si ritirerà se non avrà la certezza di poter lasciare le redini a una persona di valore. Non può garantire nulla, ma ritiene elevate le possibilità che il posto di professore ordinario e direttore dell'Istituto possa toccare a Claudio - che lavora sodo in questa direzione da quando era specializzando.
E così nel nostro piccolo appartamento al piano rialzato a Georgetown, con le pareti esterne tinteggiate di rosa - è un miracolo che lui me l'abbia concesso, bisogna dirlo - e con le lucine di Natale accese tutto l'anno - se n'e è fatto una ragione - si è insinuato il subdolo tarlo del dubbio.

Costanza Macallè

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Questione di Costanza

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Costanza e buoni propositi

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La costanza è un'eccezione

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Non è la fine del mondo

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Lena e la tempesta

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Un tè a Chaverton House

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Bibliografia

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Altre opere

Filmografia

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Altri progetti

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