Alberto Teardo
politico italiano
Alberto Teardo (1937 – vivente), politico italiano.
Intervista di Bruno Lugaro, ilsecoloxix.it, 12 giugno 2013.
- [«Partiamo da quell'alba del 14 giugno 1983. Cosa ricorda?»] I carabinieri vengono a prendermi a casa, alle sei del mattino. Non capisco nulla, leggo quel mandato di cattura, quel 416 bis, una cosa fuori dal mondo. E mi chiedo, ma cosa succede? Ricordo di aver detto ai carabinieri che questi erano i metodi di Pinochet non di un paese civile. [...] Mi buttano in isolamento, come il peggiore dei delinquenti, vedo il mondo fuori solo da una feritoia. Ho l'incubo di essere avvelenato, quindi maneggio con molta cautela il cibo che mi portano. Le giornate sono interminabili, non vedo nessuno. La Fede mi aiuta a superare i momenti più difficili. [...] Credo che un altro al mio posto impazzirebbe. C'è chi si affida alle pastiglie, io non ne prenderò neppure una, lotto solo con le mie forze. Non mi piegano.
- La verità è che il sottoscritto non ha mai rubato nulla. Fui vittima di un agguato politico-giudiziario di una violenza inaudita. Mi vollero colpire perché ero diventato troppo potente. Davo fastidio al Pci. Sa qual è, alla fine, il teorema intorno al quale è stata costruita la mia condanna? Che non potevo non sapere. Nient'altro di concreto. Ma ciò è bastato a distruggermi. Non volevano solo la fine della mia ascesa politica, volevano la mia morte civile.
- [«Lei era il leader incontrastato del Psi ligure, l'astro nascente del Psi nazionale. Se giravano tangenti nel suo partito, era nella posizione ideale per scoprirlo, non le pare?»] Ma cosa c'entra l’associazione mafiosa? Io non ho mai avuto a che fare con dei criminali. Certo, sapevo che giravano tangenti nel Psi, come in tutti i partiti. [...] Sapevo che a Savona c'era qualcuno dei miei che le maneggiava, Ma quello era il sistema. Io non ne ho mai chiesto una, ma sapevo esattamente chi le chiedeva, li conoscevo uno per uno e, pur sapendo, non ho fatto nulla per bloccarli. Questa è la mia unica vera colpa. A chi andavano i soldi? I miei, tutti al partito. [...] Ho due case: nient'altro. Non sono diventato ricco, nonostante quanto sostenevano i magistrati. Hanno cercato ovunque il famoso "tesoro" di Teardo, senza trovare nulla. [...] E poi a me il denaro non interessa. Il potere, invece, quello sì, e sono arrivato ad averne molto, moltissimo. [«Erano gli anni della presidenza della Regione Liguria»] Ero diventato una minaccia persino per Craxi che tuttavia era pronto a farmi entrare nella sua squadra di governo. Le racconto un episodio che può darle l'idea di quanto fossi potente e autorevole allora. Quando non potevo partecipare alle riunioni di giunta, perché magari ero impegnato a Roma, i miei assessori sistemavano un registratore in mezzo al tavolo della giunta, sul quale io avevo preventivamente registrato le mie istruzioni. Si limitavano a prendere appunti. Una dedizione totale, la loro.
- Non sono un santo, ma neppure un disonesto. [...] in politica sono stato spesso spietato. Io rispetto e pretendo rispetto, se non lo ricevo divento cattivo: chi fa il killer con me deve aspettarsi che io lo diventi tre volte di più.
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