Giovanni Paisiello

compositore napoletano

Giovanni Paisiello o Paesiello (1740 – 1816), compositore italiano.

  • [Dopo aver assistito all'esibizione di una «fanciulla prodigio»] Si vede che ha ricevuto un'educazione religiosa superiore a quella musicale, visto che suona in modo assolutamente ossequiente al Vangelo: la sua mano sinistra ignora del tutto ciò che fa la sua mano destra.[1]
Giovanni Paisiello, riratto da Élisabeth Vigée-Le Brun, 1791

Citazioni su Giovanni Paisiello modifica

  • È cronologicamente probabile, anzi si può dire certo che l'opera di Paisiello abbia avuto influenza enorme nel pensiero e nella produzione di Mozart: non si capisce quindi per quale ragione si dica Mozartiana la sua musica e non Paiselliana quella di Mozart. (Attilio Brugnoli)
  • E se a Cimarosa non fu dato essere il riformatore della musica italiana, egli, prepotente ingegno, con Piccinni, Guglielmi e Paisiello costituì quel glorioso gruppo di sommi artisti che tanto decoro fruttò all'Italia e precorse l'epoca prossima di Rossini. (Francesco Florimo)
  • Facciamo tutti sinceri voti per la sua felicità, e vivamente desideriamo che il cielo la conservi lungamente alla Italia. (Carlo Botta)
  • Il Paisiello immaginò di essere, meglio assai del Cimarosa morto nel 1801, il vero rappresentante del melodramma in Italia: se non che, mentre i fanatici di lui si burlavano del Rossini, appiccicandogli il soprannome di «tedeschino» perché sopraccaricava l'orchestra, così dicevano, di un inutile strumentale, il Paisiello, con l'acutezza dell'ingegno e con la tagliente lucidità della gelosia, vedeva in quelle supposte imitazioni germaniche, in quel palese ossequio ai due grandi maestri Haydn e Mozart, un'ardita evoluzione: vedeva nel Rossini un innovatore e un riformatore, il quale avrebbe potuto dare a tutti, se la fortuna lo assistesse, del filo da torcere. Cattivo d'animo, invidioso, desideroso anche del male altrui, inacerbito dagli acciacchi e dai malanni dell' età, il Paisiello ritrovò in quell'ultimo anno della sua vita – la storia è storia, e mi pare atto disonesto nasconderla come l'hanno nascosta in generale i biografi – ritrovò un soffio di energia iraconda per sobbillare gli amici di Roma[2]per insinuare nei loro animi che convenisse fare giustizia sommaria di un maestro così temerario, da osare di metter le mani in un'opera com' era quella sua del Barbiere, che i pubblici di tutta Europa (e questo era vero) applaudivano da trentacinque anni. (Eugenio Checchi)
  • La S. V. era in cielo quando compose quella divina musica [Nina], e noi pure siamo stati in cielo nel sentirla, di maniera che, terminata l'azione, tutti rimanemmo muti e tristi, privati di quei bellissimi accenti e di quella cara armonia d'oro. (Carlo Botta)
  • Paisiello è uno dei riformatori della musica moderna. Se la sua musica fu meno robusta di quella di Guglielmi, se le sue idee erano meno abbondanti, ed apparentemente meno originali di quelle di Cimarosa, la sua musica aveva un incanto, ed un'espressione drammatica assai maggiore di quella dei due grandi suoi emuli. – Vigoroso, patetico e sublime fu nelle opere serie; leggiadro, naturale e brioso nelle buffe; dotato di una facoltà inventiva straordinaria, studiò i suoi rivali contemporanei con somma abilità, superandoli in più cose. Nella Disfatta di Dario introdusse per il primo una aria a doppio movimento, che cominciava coll'adagio e finiva coll'allegro; nella cantata drammatica Giunone e Lucina si trova la prima aria con coro. Paisiello spesso seppe discostarsi dalle regole dell'arte, ma con molto buon gusto, e ciò per conseguire sempre un nuovo e mirabile effetto musicale. (Giovanni Frojo)
  • Quando Mozart, discorrendo della musica di Paisiello, ne rilevò il carattere di piacevolezza, e di piacevolezza sensuale, non erano ancora state scritte la Molinara e la Nina. Se le parole di Mozart avessero preteso di contenere un giudizio sintetico, parrebbero imprecise anche limitandole alla produzione del '84, poiché più d'un accento patetico aveva già mostrato la sensibilità drammatica non-tragica di Paisiello. Poi bisogna intendersi bene sul significato di «piacevolezza» e di «sensuale». Dopo l'84 gli accenti patetici diventano sempre più intensi, ed il loro calore tende ad una espressione sempre più lirica. Troppi[3] elementi, in ogni modo, mancavano al Paisiello perché la sua visione artistica avesse potuto concretarsi con piena intensità drammatica; superata la piacevolezza edonistica del Socrate immaginario, fallite le opere tragiche, nel mezzo si addimostrò la sua virtù; ed il comico, il non-tragico, di qua dal tragico, ebbe in lui un fervido e commosso cantore. (Andrea Della Corte)

Note modifica

  1. Citato in Aneddoti, Intrepido, n. 21, 1974, Casa Editrice Universo.
  2. A Roma, presso il Teatro Argentina, il 20 febbraio 1816, si ebbe, contestata da una parte del pubblico, la prima rappresentazione del Barbiere rossiniano.
  3. Nel testo "troppo".

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