Citazioni sul teatro giapponese.

  • Poco si conosce sul Teatro dei Giapponesi: probabilmente deriva da quello Cinese, che é più antico avendo il Teatro Giapponese origine appena nel IX secolo dell'era volgare.
    Un carattere del dramma giapponese è di essere molto slegato; senza unità di azione, gli intrecci procedono paralleli e le situazioni stanno spesso senza alcun legame fra loro nel dramma. I drammi sono quasi sempre di soggetto storico. [...]
    Ma di gran lunga superiore al dramma è la commedia giapponese. Essa ha carattere satirico, ed è assai vivace e spiritosa nel dialogo, però quasi sempre molto licenziosa e scostumata: le donne sono quasi tutte delle cortigiane, e come tali parlano assai liberamente. (Cesare Levi)
Scena nō, genere classico del teatro giapponese
  • Il dramma giapponese è detto, cantato, mimato e danzato, a seconda dei momenti opportuni. I gesti lo occupano proprio quando il nostro intellettualismo occidentale esigerebbe, una più tumultuosa foga di parole. Allorché, nell'Avventura d'Ingoro, la moglie di Takigoro scongiura i carpentieri di Nikko di non muoversi e di attendere l'opera di suo marito; e finisce coll'arrestarli: deponendo il cadavere del figlio dinanzi ai loro passi, noi ci aspetteremmo una perorazione eloquente quale una nostra attrice farebbe, suscitando l'applauso e interpretando la nostra stessa tensione emozionale. Niente di tutto ciò. Occorrerà ripetere che la nostra attrice si rivolge ad un pubblico ragionatore, calcolatore, continuamente teso a riferire il passo scenico a una qualunque realtà sperimentale ed empirica? No. Ma occorre rilevare che l'attore (anche dal teatro giapponese sono escluse le donne a causa della loro esilità di membra) che impersona la moglie di Takigoro, proprio in quell'episodio, tace. Ciò che la parola, per noi, dovrebbe dire, lo dice, per il giapponese, la mimica; una mimica totale di tutto il corpo, di tutto il volto, degli occhi, delle mani, della bocca – e stilizzata: vale a dire trasferita in una zona di soprarealtà che potremmo anche, alla stregua dei volgari concetti, chiamare irreale.
  • Il teatro giapponese, come e in molto maggior misura di quello cinese, non è soltanto fatto di parola, ma di gesto, di musica e di luce. Sono questi tre elementi non dirò complementari ma essenziali.
    Tolto uno di essi, si deforma la sostanza di quello. Per ciò che riguarda gesto (mimica – danza) e musica, è inutile che io ripeta quanto ho già detto a proposito della Cina. Sebbene una differenza profonda occorra fare; che, più assai che non quello cinese, il teatro giapponese è esteticamente fondato sulla stilizzazione, quindi sulla irrealtà, sull'inverosimile – ove per vero s'intenda la contingente realtà sensibile.
    E più ancora; il miserrimo décor scenico in uso in Cina non è lontanamente raccostabile al fastoso décor scenico al quale il Giappone tiene sopra ogni credibilità. Stilizzazione del movimento, del gesto, della espressione e décor, di conserva cospirano alla piena espressione dell'irrazionale che si dilata attorno alle cose e le intensifica.
  • S'è visto come la drammatica cinese sia essenzialmente pedagogica, almeno nelle intenzioni degli scrittori. La drammatica giapponese è, al contrario, essenzialmente artistica. Voglio intendere che codesto teatro non pensa razionalmente, non è critico né intellettualistico; ma è, in forma indelebile e per insopprimibile intenzione, estetico, cioè emotivo, e promotore di sensazioni di bellezza. La psicologia del subconscio è affidata appunto a codesti mezzi, non sussidiari, ma integrali di espressione.

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