Torquato Tasso

poeta, scrittore e drammaturgo italiano (1544-1595)

Torquato Tasso (1544 – 1595), scrittore e poeta italiano.

Torquato Tasso

Citazioni di Torquato Tasso modifica

  • [Giovanni Della Casa] Avendo trovato tutti i vòlti all'imitazione del Petrarca, solo egli fu il primo ad uscir da questa via, trovando una maniera peregrina, piena non meno di novità che di maestà, "facendo le pose nel mezzo de' versi", e tenendo il lettore sospeso con piacere e con maraviglia. (Citato da Giuseppe Prezzolini, in prefazione a Giovanni Della Casa, Galateo, Edizioni Studio Tesi)
  • Come scrive Plotino nel libro De triplici animae reditu, tre sono le strade di ritornare al Cielo: l'una per via della bellezza, o dell'amore: la seconda della musica: la terza della Filosofia. (da Rime, nota al sonetto 282)
  • E avendo la natura prodotto l'uomo e la donna di molto differente temperatura e complessione, si può credere che non siano atti ne' medesimi uffici: ma l'uomo, come più robusto, ad alcuni è disposto, e la donna, come più delicata, ad alcuni altri, onde nel principio della Politica, contra Platone conchiude Aristotele che la virtù dell'uomo e della femina non siano la medesima; perciò che la virtù dell'uomo sarà la fortezza e la liberalità, e la virtù della donna la pudicizia. E come piacque a Gorgia, così il silenzio è virtù della donna, come l'eloquenza dell'uomo. (da Discorso della virtù feminile e donnesca, 1997, pp. 55-56)
  • È la bellezza un raggio | di chiarissima luce | che non si può ridir quanto riluce | né pur quel ch'ella sia. | Chi dipinger desìa | il bel con sue parole e i suoi colori, | se può dipinga il sol. (da È la bellezza un raggio, nelle Rime)
  • Era fermo Imeneo tra l'erto monte | E 'l mare, in cui sovente austro risuona, | La 've cinge e 'ncorona Napoli bella l'onorata fronte : Napoli che di gloria e d'or corona | Impose a tanti duci, | Ouante serene luci | Ha notte ombrosa, allorché 'l vel dispiega; | E con amor, che avvolge i cori, e lega | L'anime pellegrine, | Facean ghirlanda al crine, | Ed allori tesseano e sacre palme, | E tessean preziosi i nodi all'alme . (da Canzone, Nelle nozze del conte di Paleno, citato in Efemeridi letterarie di Roma, 1822)
  • Già discende Imeneo là dove alberga | La virtù col valore | E la gloria e l'onore, | E a gloriosi Eroi tesson corona. | E nulla par che più s'innalzi ed erga | De la gran stirpe loro, | Mentre con l'ale d'oro | Vola dal monte al mar ch'alto risuona. (da Madrigale, Nelle nozze del conte di Paleno, citato in Efemeridi letterarie di Roma, 1822)
  • La materia nuda (materia nuda è detta quella che non ha ancor ricevuta qualità alcuna dall'artificio dell'oratore e del poeta) cade sotto la considerazion del poeta in quella guisa che 'l ferro o 'l legno vien sotto la considerazion del fabro; peroché, sì come colui che fabrica le navi non solo è obligato a sapere qual debba esser la forma delle navi, ma deve anco conoscere qual maniera di legno è più atta a ricever in sé questa forma, così parimente conviene al poeta non solo aver arte nel formare la materia, ma giudicio ancora nel conoscerla; e sceglierla dee tale che sia per sua natura d'ogni perfezione capace.[1]
  • [...] le scienze deono adoperarsi in grazia di se medesime, né altra grazia o altro giovamento o altro piacere o altra gloria è necessario che si ricerchi.[2]
  • Non ci è chi meriti nome di creatore, che Dio e il poeta. (citato in una lettera di monsignor de Nores a Gian Vincenzo Pinelli, 15 marzo 1595; citato ne Le lettere di Torquato Tasso, a cura di Cesare Guasti, Le Monnier, 1854)[3]
  • Penso e ripenso e nel pensar impazzo; | Levati di costì, testa di.... (citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 744)
  • Quella della musica è una delle tre vie per le quali l'anima ritorna al Cielo. (da Esposizioni dell'autore d'alcune sue rime, in Opere, nota al sonetto CXXXVIII)
  • Quivi Napoli bella i regi alberga, | Città vittoriosa e trionfale: | Veggio altri tempi ancor, e in altri monti | Quel ch'ora innalza tre sublimi fronti. (da Il monte Oliveto, 76; in Tutte le Opere, 1997)
  • Solo gli schiavi delle galere si conoscono, tuttavia noi facciamo certamente finta di "non conoscere" gli altri perché essi siano a loro volta costretti a non conoscerci.[4]

Aminta modifica

Incipit modifica

Amore in abito pastorale
Amore Chi crederia che sotto umane forme
e sotto queste pastorali spoglie
fosse nascosto un Dio? non mica un Dio
selvaggio, o de la plebe de gli Dei,
ma tra' grandi e celesti il più potente,
che fa spesso cader di mano a Marte
la sanguinosa spada, ed a Nettuno
scotitor de la terra il gran tridente,
ed i folgori eterni al sommo Giove.

Citazioni modifica

  • Forse, se tu gustassi anco una volta | la millesima parte de le gioie, | che gusta un cor amato riamando, | diresti, ripentita, sospirando: | perduto è tutto il tempo, | che in amar non si spende. (Dafne: I, I)
  • Ma legge aurea, e felice, | che natura scolpì, S'ei piace, ei lice. (coro: I, II)
  • Amiam, ché non hà tregua | Con gli anni humana vita, e si dilegua: | Amiam, che ’l Sol si muore, e poi rinasce. | A noi sua breve luce | S’asconde, e ’l sonno eterna notte adduce. (coro: I, II)
  • Veramente il secol d'oro è questo, | poiché sol vince l'oro e regna l'oro. (II, I)
  • Femina, cosa mobil per natura. (I, 2)
  • A poco a poco nacque ne 'l mio petto, | non so da qual radice, | com'erba suol che per se stessa germini, | un incognito affetto. (I, 2, 87)
  • Il ben passato e la presente noia! (II, 2, citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli)
  • Il mondo invecchia, | e invecchiando intristisce. (II, 2, 71-72)
  • Ma nulla fa chi troppe cose pensa.

Citazioni sull'opera modifica

  • L'Aminta del Tasso, ch'io v'offro, fu soggetto ai travedimenti de' letterati e de' grandi. Oggi s'ignorano e censure e censori; e l'Aminta vive immortale. (Andrea Rubbi)

Gerusalemme liberata modifica

Incipit modifica

Canto l'arme pietose e 'l capitano
che 'l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano
s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
Il ciel gli diè favore, e sotto ai santi
segni ridusse i suoi compagni erranti

Citazioni modifica

  • Il vero condito in molli versi | i più schivi allettando ha persuaso. (I, 3)
  • Seguian poi di Rollon l'altera insegna | altri guerrier, non men famosi e pronti | de la Sicilia, a servitute indegna | ritolta già, che tre superbe fronti, | dove la stirpe sua trionfa e regna, | erge su 'l mar de' tre famosi monti: | co' due la Grecia e l'Africa bugiarda | e co 'l terzo l'Italia ella riguarda. | E da tre valli ancora, in cui distinse | il novo abitator la fertil terra, | venian guerrier' ch'alto desio sospinse | d'eterna gloria a perigliosa guerra. (I, 66)
  • [...] | e Trapani, ove fu di vita spento | l'antichissimo Anchise, i suoi non cela, | [...]. (I, 69)
  • A re malvagio, consiglier peggiore. (II, 2)
  • Già l'aura messaggera erasi desta | ad annunziar che se ne vien l'aurora: | ella intanto s'adorna, e l'aurea testa | di rose colte in paradiso infiora. (II, 11)
  • Purché 'l reo non si salvi, il giusto pera | e l'innocente. (II, 12)
  • A re malvagio, consiglier peggiore. (II, 16)
  • Un non so che d'inusitato e molle | par che nel duro petto al re trapasse; | ei presentillo e si sdegnò, né volle | piegarsi, e gli occhi torse, e si ritrasse. (II, 37)
  • Nulla a tanto intercessor si neghi. (II, 52)
  • Di sua bocca uscieno | più che mel dolci d'eloquenza i fiumi. (II, 61)
  • Ben gioco è di fortuna audace e stolto | por contra il poco e incerto il certo e 'l molto. (II, 67)
  • Ché fortuna qua già varia a vicenda | mandandoci venture or triste or buone, | ed a i voli troppo alti e repentini | sogliono i precipizi esser vicini. (II, 70)
  • Liberi sensi in libere parole. (II, 81)
  • Noi morirem, ma non morremo inulti. (II, 86)
  • Chi la pace non vuol, la guerra s'abbia. (II, 88)
  • Io vêr Gerusalem, tu verso Egitto. (II, 94)
  • Sommessi accenti, e tacite parole, | Rotti singulti, e flebili sospiri. (III, 6)
  • Non lunge, quai veggiam fantasmi o larve, | Poi che nascoso è lo splendor diurno, | Tale un corrier ne l'ombre oscuro apparve | Per non diritte vie cheto e notturno: | Là ove il maggior lume occulto sparve, | Spiegan tremuli rai Giove e Saturno. (III, 26)
  • [Sul diavolo] Il gran nemico dell'umane genti. (IV, 1)
  • Diversi aspetti in un confusi e misti. (IV, 3)
  • Il rauco suon della tartarea tromba. (IV, 3)
  • Pera il campo e ruini, e resti in tutto | Ogni vestigio suo con lui distrutto. (IV, 17)
  • [...] (ahi, cieca umana mente, | come i giudizi tuoi son vani e torti!) (IV, 21)
  • Fa manto del vero alla menzogna. (IV, 25)
  • Renditi vinto; e per tua gloria basti | Che dir potrai che contro me pugnasti. (IV, 32)
  • Ahi crudo Amor, ch'ugualmente n'ancide | l'assenzio e 'l mèl che tu fra noi dispensi, | e d'ogni tempo egualmente mortali | vengon da te le medicine e i mali! (IV, 92)
  • Ché nel mondo mutabile e leggiero | costanza è spesso il variar pensiero. (V, 3)
  • Così conclude, e con sì adorno inganno | cerca di ricoprir la mente accesa | sotto altro zelo; e gli altri anco d'onore | fingon desio quel ch'è desio d'amore. (V, 7)
  • Instinto è dell'umane menti | Che ciò che più si vieta, uom più desia. (V, 76)
  • Spesso avvien che ne' maggior perigli | Sono i più audaci gli ottimi consigli. (VI, 6)
  • Mostra a dito ed onorata andresti | Fra le madri latine e fra le spose | Là nella bella Italia (VI, 77)
  • Era la notte, e 'l suo stellato velo | chiaro spiegava e senza nube alcuna; | e già spargea rai luminosi e gelo | di vive perle la sorgente luna. | L'innamorata donna iva co'l cielo | le sue fiamme sfogando ad una ad una; | e secretari del suo amore antico | fea i muti campi e quel silenzio amico. (VI, 103)
  • Questa greggia e l'orticel dispensa | Cibi non compri alla mia parca mensa. (VII, 10)
  • Difesa miglior, ch'usbergo e scudo, | È la santa innocenza al petto ignudo. (VIII, 41)
  • Tosto s'opprime chi di sonno è carco, | ché dal sonno a la morte è un picciol varco. (IX, 18)
  • Però che quello, o figli, è vile onore | cui non adorni alcun passato orrore. (IX, 28)
  • Ma non perciò nel disdegnoso petto | d'Argante vien l'ardire o 'l furor manco, | benché suo foco in lui non spiri Aletto, | né flagello infernal gli sferzi il fianco. | Rota il ferro crudel ove è più stretto | e più calcato insieme il popol franco; | miete i vili e i potenti, e i più sublimi | e i più superbi capi adegua a gli imi. (IX, 67)
  • Risorgerò nemico ognor più crudo, | Cenere anco sepolto e spirto ignudo. (IX, 99)
  • A guisa di leon quando si posa. (X, 56)
  • L'asta, ch'offesa or porta ed or vendetta, | per lo noto sentier vola e rivola, | ma già colui non fère ove è diretta, | ch'egli si piega e 'l capo al colpo invola; | coglie il fedel Sigiero, il qual ricetta | profondamente il ferro entro la gola, | né gli rincresce, del suo caro duce | morendo in vece, abbandonar la luce. (XI, 80)
  • Il bruno il bel non toglie. (XII, 21)
  • Degne d'un chiaro sol, degne d'un pieno | teatro, opre sarian sì memorande. | Notte, che nel profondo oscuro seno | chiudesti e ne l'oblio fatto sì grande, | piacciati ch'io ne 'l tragga e 'n bel sereno | a le future età lo spieghi e mande. | Viva la fama loro; e tra lor gloria | splenda del fosco tuo l'alta memoria. (XII, 54)
  • Oh nostra folle | mente ch'ogn'aura di fortuna estolle! (XII, 58)
  • Segue egli la vittoria, e la trafitta | vergine minacciando incalza e preme. | Ella, mentre cadea, la voce afflitta | movendo, disse le parole estreme; | parole ch'a lei novo un spirto ditta, | spirto di fé, di carità, di speme: | virtú ch'or Dio le infonde, e se rubella | in vita fu, la vuole in morte ancella. (XII, 65)
  • Amico, hai vinto: io ti perdon...; perdona. (XII, 66)
  • La vide, e la conobbe; e restò senza | E voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza!. (XII, 67)
  • In questa forma | Passa la bella donna, e par che dorma. (XII, 69)
  • Qual in membro gentil piaga mortale | tocca s'inaspra e in lei cresce il dolore, | tal da i dolci conforti in sì gran male | più inacerbisce medicato il core. (XII, 85)
  • Oh vani giuramenti! ecco contrari | seguir tosto gli effetti a l'alta speme, | e cader questi in tenzon pari estinto | sotto colui ch'ei fa già preso e vinto. (XII, 105)
  • Non dee guerra co' morti aver chi vive. (XIII, 39)
  • Femmina è cosa garrula e fallace, | Vuole e disvuole: è folle uom che sen fida. (XIV, 84)
  • Muoiono le città, muoiono i regni, | copre i fasti e le pompe arena ed erba, | e l'uom d'esser mortal par che si sdegni: | oh nostra mente cupida e superba! (XV, 20)
  • Di poema dignissima e d'istoria (XV, 32)
  • Quando mi gioverà narrare altrui | Le novità vedute e dire: Io fui! (XV, 38)
  • E quel che 'l bello e 'l caro accresce a l'opre, | l'arte, che tutto fa, nulla si scopre. (XVI, 9)
  • Cogliam' la rosa in sul mattino adorno | Di questo dì che tosto il seren perde. (XVI, 15)
  • Teneri sdegni, e placide e tranquille | Repulse, e cari vezzi, e liete paci, | Sorrisi e parolette e dolci stille | Di pianto, e sospir tronchi, e molli baci. (XVI, 25)
  • E mentre spunta l'un, l'altro matura. (XVI, 40)
  • Lo schermitor vinto è di schermo. (XIX, 14)
  • Non scese, no, precipitò di sella. (XIX, 104)
  • Purché costei si salvi, il mondo pera. (XX, 69)
  • Combatta qui chi di campar desia: | la via d'onor de la salute è via. (XX, 110)
  • Conosco l'arti del fellone ignote, | ma ben può nulla chi morir non pote. (XX, 131)
  • – Ecco l'ancilla tua; d'essa a tuo senno | dispon, – gli disse – e le fia legge il cenno. – (XX, 136)
  • Difesa miglior ch'usbergo e scudo | è la santa innocenza al petto ignudo.
  • È 'l sonno, ozio de l'alme, oblio de' mali.
  • La morte non è pena de i rei, ma fine de la pena.

Explicit modifica

Così vince Goffredo, ed a lui tanto
avanza ancor de la diurna luce
ch'a la città già liberata, al santo
ostel di Cristo i vincitor conduce.
Né pur deposto il sanguinoso manto,
viene al tempio con gli altri il sommo duce;
e qui l'arme sospende, e qui devoto
il gran Sepolcro adora e scioglie il voto.

Citazioni sulla Gerusalemme liberata modifica

  • Quanto ha di scenico e di fastoso l'età della Controriforma, è quanto rimane di quella sovranità [rinascimentale dell'uomo sull'universo]: una pompa a cui non risponde più lo slancio fiducioso dell'anima. Dietro quel fasto c'è un senso di vuoto e d'angoscia. Questa è la giustificazione storica della costante oscillazione della Liberata tra lo scenico e l'elegiaco. (Attilio Momigliano)

Rime modifica

  • In questo sacro legno [la croce di Cristo], ove la vita | Fu la sua prima foglia, e 'l frutto morte, | Estinta morte prende oggi la morte, | E più bella, che pria, torna la vita.[5]
  • Qui gli Angeli innalzaro il santo albergo, | Che già Maria co ‘l santo figlio accolse, | E ‘l portar sovra i nembi e sovra l’acque: | Miracol grande, a cui sollevo ed ergo. | La mente, ch’altro obietto a terra volse, | Mentre da suoi pensieri oppressa giacque. | Questo è quel Monte ch’onorar ti piacque. | De le tue sante mura, | Vergine, casta e pura, | Anzi il tuo parto, e poscia, e quando ei nacque.[6]
  • Tu, Regina del ciel, ch' a noi ti mostri | umida i lumi e l'una e l'altra gota, | fa' di lagrime dono a gli occhi nostri, | ed ambe l'urne in lor trasfondi e vota, | perché, piangendo, a gli stellanti chiostri | teco inalzi il pensier l'alma devota; | parte del Tebro in su la verde riva | il tuo santo dolor formi e descriva. (da Lagrime di Maria Vergine)
  • Vecchio ed alato dio [il tempo], nato col sole | ad un parto medesmo e con le stelle, | che distruggi le cose e rinnovelle | mentre per torte vie vole e rivole, | il mio cor, che languendo egro si duole | e de le cure sue spinose e felle | dopo mille argomenti una non svelle, | non ha, se non sei tu, chi più 'l console. | Tu ne sterpa i pensieri e di giocondo | oblio spargi le piaghe, e tu disgombrala frode onde son pieni i regi chiostri; | e tu la verità traggi dal fondo | dov'è sommersa e, senza velo od ombra, | ignuda e bella a gli occhi altrui si mostri.[7]
  • Vergine bella [Chiara d'Assisi], che dal Re del Cielo | Dell'alma i doni sì graditi avesti; | Che 'l gentil sangue, e i bei sembianti onesti | Sprezzasti, e ciò, ch'offende il caldo, e 'l gelo: | Tu con sì casto amor, sì vero zelo | Voto del nobil core a lui facesti; | Ch'ei sen fè puro tempio, onde prendesti | Le benedette bende, e 'l sacro velo.

Rinaldo modifica

Incipit modifica

Canto i felici affanni e i primi ardori
che giovanetto ancor soffrì Rinaldo,
e come 'l trasse in perigliosi errori
desir di gloria ed amoroso caldo,
allor che, vinti dal gran Carlo, i Mori
mostraro il cor più che le forze saldo;
e Troiano, Agolante e 'l fiero Almonte
restar pugnando uccisi in Aspramonte.

Citazioni modifica

  • Pendon dopoi da le parti più belle | molte imagin ritratte in tutti i lati. | Di sesso e volto son diverse quelle, | e gli abiti tra loro han variati; | né so se tai le avria già fatte Apelle o se tai le fêsse oggi il Salviati, | che coi colori e col pennello audace | scorno a Natura, invidia agli altri face. (VII, 69)

Incipit di alcune opere modifica

Discorso della virtù feminile e donnesca modifica

Serenissima Madama. Sogliono le belle donne con vaghezza rimirare o statua o pittura ove alcuna somiglianza loro si vede espressa, e le giovani particolarmente di vagheggiarsi nello specchio e di vedere ivi ogni loro similitudine ritratta hanno vaghezza: ma Vostra Altezza, tutto che bellissima sia di corpo, né ancora sì attempata che non potesse o altrui piacere o di se stessa compiacersi molto, nondimeno né di suo ritratto né di specchio è tanto vaga, quanto di vedere se stessa rinata e ringiovinita ne' suoi bellissimi figliuoli, de' quali il Principe è tale, che ben di lui si può cantare quel verso oraziano:

... quo calet iuventus
Nunc omnis et mox virgines tepebunt;

o più tosto quel di Virgilio:

Gratior et pulchro veniens in corpore virtus.

Gerusalemme conquistata modifica

Io canto l'arme e 'l cavalier sovrano,
che tolse il giogo a la cittá di Cristo.
Molto co 'l senno e con l'invitta mano
egli adoprò nel glorïoso acquisto;
e di morti ingombrò le valli e 'l piano,
e correr fece il mar di sangue misto.
Molto nel duro assedio ancor sofferse,
per cui prima la terra e 'l ciel s'aperse.

Citazioni su Torquato Tasso modifica

  • Dopo Michelangelo, l'anima più alta di artista credente che l'Italia abbia dato è quella del Tasso. Il Carducci lo chiama a ragione «il solo cristiano del nostro rinascimento del quale», aggiunge per altro, «partecipa tanto, che il sensualismo nell'opera sua si mescola al misticismo.» (Giacomo Barzellotti)
  • E lo chiamavano [l'animaletto]: «il tasso della quercia della guercia del Tasso», mentre l'albero era detto: «la quercia del tasso della guercia del Tasso» e lei: «la guercia del Tasso della quercia del tasso» (Achille Campanile)
  • Il più grande del Mezzogiorno. (Maurice Barrès)
  • Il Tasso, anima pia e generosa, ma in cui (non so dir come) nulla v'era di popolare. Quindi egli s'infervorò della maestà teocratica dei pontefici e aderì alla nuova cavalleria cortigiana e feudale; quindi pure accettò con zelo e con osservanza scrupolosa l' ortodossia cattolica, e nella vita intellettuale quanto nella civile, fu dall' autorità dei metodi e degli esempj signoreggiato. Da ciò prese nudrimento e moto il divino estro suo e uscirono le maraviglie della Gerusalemme (Terenzio Mamiani)
  • Il Tasso piacerà sempre più alle anime romantiche, mentre l'Ariosto sarà sempre più ammirato dagli spiriti classici. (Giuseppe Prezzolini)
  • Nel Tasso poi sono tutti i pregi e tutta quanta la luce e magnificenza della poesia classica, e spiccano altresì in lui alcuni attributi speciali del genio italiano in ordine al bello. In perpetuo si ammirerà nella Liberata ciò che l'arte, i precetti, l'erudizione e la scienza possono fare, ajutati e avvivati da una stupenda natura poetica. (Terenzio Mamiani)
  • «Signore e signori, c'era una volta un critico il quale, affermando con straordinario calore la superiorità della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso sull'Orlando furioso di Lodovico Ariosto, attaccò molte liti con le persone che non la pensavano come lui, e sostenne perciò uno dopo l'altro non meno di quattordici fortunati duelli; ma al quindicesimo, cadde finalmente col petto trapassato dalla lama nemica. Allora i padrini che afflittissimi lo sorreggevano e aspettavano di raccogliere le sue ultime volontà, lo udirono uscire in questa confessione suprema: "E dire che io non ho ancora letto né l'Orlando furioso né la Gerusalemme liberata!...".» (Federico De Roberto)
  • Torquato Tasso, lui sì divino, tra audacia e angoscia il supremo cantore dell'eros cattolico. (Umberto Silva)

Note modifica

  1. Da Discorsi dell'arte poetica, I, in Discorsi dell'arte poetica e del poema eroico, a cura di Luigi Poma, Laterza, Bari, 1964, p. 3.
  2. Da Il Porzio overo de le Virtù, in Dialoghi, a cura di Ezio Raimondi, Sansoni, Firenze, 1958.
  3. Cfr. anche Percy Bysshe Shelley, A Defence of Poetry, 1840: «Non merita nome di creatore, se non Iddio ed il Poeta».
  4. citato in Friedrich Nietzsche, Richard Wagner a Bayreuth (Richard Wagner in Bayreuth), traduzione di Giovanna Vignato, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1992. ISBN 88-7692-094-3
  5. Da Sopra la Croce.
  6. Canzone alla Beata Vergine di Loreto, Rime Sacre e Morali, in Torquato Tasso, Rime scelte di Torquato Tasso, Dalla Società tipogr. de'classici italiani, Milano, 1827 (OCLC 23482924).
  7. Da Rime, n. 687, in Opere, a cura di Bruno Maier, Rizzoli, Milano, 1963-1964.

Bibliografia modifica

  • Torquato Tasso, Aminta, in "Opere", a cura di Marta Savini, Newton Compton Editori, 1995. ISBN 8879838938
  • Torquato Tasso, Discorso della virtù feminile e donnesca, a cura di Maria Luisa Doglio, Sellerio Editore, Palermo, 1997. ISBN 8838913358
  • Torquato Tasso, Gerusalemme conquistata, a cura di Luigi Bonfigli, Laterza Editore, Bari, 1934.
  • Torquato Tasso, Opere di Torquato Tasso colle controversie sulla Gerusalemme poste in migliore ordine, Volume VI, Capurro, 1822.
  • Torquato Tasso, Rinaldo, in "Opere di Torquato Tasso", a cura di Bortolo Tommaso Sozzi, Unione tipografico-editrice torinese (UTET), Torino. 1956.
  • Torquato Tasso, Tutte le opere, a cura di Amedeo Quondam, Lexis Progetti Editoriali, 1997.

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