Telford Taylor (1908 – 1998), avvocato statunitense.

  • Gli Stati Uniti d'America, nella persona del sottoscritto Telford Taylor, Capo del Consiglio per i crimini di guerra, debitamente riconosciuto a rappresentare il Governo nella persecuzione dei criminali di guerra, accusa gli imputati di aver partecipato in un disegno comune o cospirazione a commettere e perpetrare crimini di guerra e crimini contro l'umanità, come definito dal Control Council Law n. 10, stabilito dagli alleati il 20 dicembre 1945. Questi crimini includono uccisioni, brutalità, crudeltà, torture, atrocità e altri comportamenti inumani, come esposto nei capi d'accusa 1, 2 e 3 di questo processo.[1]
  • Il processo fu una creazione americana. Stalin voleva fucilare gerarchi e ufficiali nazisti, anche Churchill favoriva le maniere forti. Furono il giudice della Corte Suprema Robert Jackson e il ministro della guerra Stimson a convincere il presidente Roosevelt della necessità di una corte internazionale. Capi d'accusa la guerra di aggressione e i crimini contro l'umanità. Da subito furono chiari i vizi di forma di Norimberga. Sedevamo con i giudici sovietici, personalmente inappuntabili, ma delegati da una potenza che aveva aggredito Polonia e Finlandia. Ci fu imbarazzo quando il pubblico ministero sovietico, generale Rudenko, sollevò la questione del massacro di ufficiali polacchi alle fosse di Katyn: già allora si sospettava che l'Armata Rossa fosse responsabile della strage. Non c'erano dubbi, che Hermann Goering, generale della Luftwaffe, Rudolf Hess, il gerarca fuggito in Inghilterra, Ribbentrop, l'ufficiale delle Ss Kaltenbrunner, sarebbero finiti sulla forca. Quando io, a una festa, difesi l'idea del processo, un gruppo di aviatori americani mi diede del traditore: "Dobbiamo fucilarli". Era l'umore del tempo. (da "Quel nazista non dovevamo impiccarlo", Corriere della sera, 31 ottobre 1992)
  • Non credo che l'ammiraglio Doenitz dovesse essere giudicato con gli altri: dimostrò con precisione che la tattica di guerra sottomarina dei nazisti, accusata di pirateria, era la stessa dell'ammiraglio americano Nimitz. E Nimitz dovette confermare. Quando Jackson, interrogando Goering, l'affrontò sul riarmo "segreto" dei tedeschi, Goering sorrise: "Non mi ricordo che voi abbiate annunciato la vostra mobilitazione sui giornali". Aveva ragione. (da "Quel nazista non dovevamo impiccarlo", Corriere della sera, 31 ottobre 1992)
  • [Goering] Un uomo lucido, la galera l'aveva disintossicato dalle droghe, sapeva piacere, crearsi amicizie tra le guardie, così da procurarsi poi il veleno con cui sfuggì al boia. Lo si ammirava per la personalità in aula. Hess era un malato, un matto, ma aveva una curiosa forza interiore, che poi lo sorresse in 40 anni di carcere. Furono i russi, che lo credevano autore di un piano per allearsi con l'Inghilterra contro di loro, a dire di no, fino all'ultimo, alla sua libertà. Julius Streicher era repellente, lo sguardo fisso sulle gambe delle stenografe, ma il suo reato, la rabbiosa propaganda antisemita sui giornali, era più da ergastolo che da boia. Invece i giudici lo schiacciarono come un verme. Rebecca West, che seguiva il processo da reporter, lo definì "quel tipo di vecchio sporco che ti infastidisce ai giardinetti pubblici". La sala stampa riuniva Walter Cronkite, che interruppe la mia imbattibilità a ping pong, Ilya Ehrenburg e William Shirer, futuro storico del Reich che si lagnava del cibo cattivo nei suoi servizi. (da "Quel nazista non dovevamo impiccarlo", Corriere della sera, 31 ottobre 1992)
  • Goering era felice a vedersi al potere; Hess prevedeva: "La Germania sarà di nuovo unita e potente"; Ribbentrop, in lacrime ammetteva: "Se il Fuhrer entrasse nella mia cella e mi desse un ordine, obbedirei subito". Per alcuni la fedeltà arriva fino alle ultime parole sulla forca: "Deutschland uber alles". Streicher sputa al boia, e urla: "Un giorno i rossi ti impiccheranno. Heil Hitler". Più raziocinante il ministro nazista Arthur Seyss. Inquart: "Spero che quest'esecuzione sia l'ultimo atto della tragedia Seconda guerra mondiale, e che ne sia tratta la lezione... Credo nella Germania". (da "Quel nazista non dovevamo impiccarlo", Corriere della sera, 31 ottobre 1992)
  • I giudici americani litigavano per beghe di potere spiandosi dalla finestra, gli innamoramenti di ciascuno di noi, lontano da casa, i valzer nei week end, l'interprete sovietica che rifiutava di guardare le foto con i corpi nudi dei prigionieri nei lager. Era drammatico e ti veniva da ridere. (da "Quel nazista non dovevamo impiccarlo", Corriere della sera, 31 ottobre 1992)
  • Volevamo creare un precedente, un foro internazionale contro i crimini di Stato. Non ci siamo riusciti, Algeria, Vietnam, Ungheria, Afghanistan, Cambogia e Iraq sono passati invano. Oggi penserei a un tribunale mondiale stabile in cui vinti e vincitori potessero essere giudicati insieme, gli Stati Uniti contro Saddam per i curdi e Saddam, se lo crede, contro il generale Schwarzkopf per i bombardamenti. Nessuno ha più lavorato a qualcosa del genere, purtroppo. Questo il fallimento di Norimberga. I suoi meriti? Avere punito i nazisti, essere stato un processo equo ed avere dimostrato, senza ombra di dubbio, la persecuzione nazista. (da "Quel nazista non dovevamo impiccarlo", Corriere della sera, 31 ottobre 1992)

Note modifica

  1. Da Trials of War Criminals before the Nuremberg Military Tribunals under Control Council Law No. 10. Nuremberg, October 1946 – April 1949. Washington D.C.: U.S. G.P.O, 1949-1953. p. 8.

Altri progetti modifica