Stato Imperiale dell'Iran

Iran tra il 1925 e il 1979

Citazioni sullo Stato Imperiale dell'Iran

Bandiera dello Stato Imperiale dell'Iran

Citazioni modifica

  • Dopo quarant'anni di Repubblica islamica, gli iraniani iniziano a mettere a confronto i risultati raggiunti con quelli ottenuti dai Pahlavi, rendendosi conto delle differenze. Che lo Scià e suo padre possano aver commesso degli errori è un conto, ma che la loro amministrazione sia stata decisamente superiore a quella attuale è cosa certa. Considerando il contesto storico a lungo termine, sono convinto che la storia avrà un giudizio molto più positivo dei Pahlavi rispetto a quello scaturito per l'immediatezza dei tempi della politica e per gli interessi legati alla Rivoluzione islamica. (Ali Ansari)
  • [Sulla dinastia Pahlavi] È stata una dinastia lungimirante, che amava l'Iran e che lo stava portando allo sviluppo economico e sociale più importante. L'Iran all'epoca era definito il giardino del Medio Oriente, la Svizzera del Medio Oriente. (Ramin Bahrami)
  • Grazie alla grandezza dello Scià, l'Iran è un'isola di stabilità nel Medio Oriente. (Jimmy Carter)
  • Il volto del paese era profondamente cambiato, Aga Jan lo notava sempre più spesso quando viaggiava in treno. Gli abitanti del Sud erano più liberi e molto diversi da quelli di Senjan. In treno si incontravano donne senza chador e a volte perfino donne con le braccia nude. Donne con il cappello, donne con la borsetta, donne che ridevano, che fumavano. Aga Jan sapeva che era stato lo scià a introdurre tutti quei cambiamenti, lo scià servo degli americani. L'America stava minando la fede della nazione e nessuno poteva farci niente. (Kader Abdolah)
  • L'Iran era un Paese dove le imprese italiane riscuotevano un grande interesse, eravamo già un importante partner, credo il secondo dopo la Germania. (Umberto Vattani)
  • L'Iran imperiale disponeva di enormi risorse finanziarie che consentivano grandi innovazioni, in tutti i campi. Teheran era la meta obbligata di legioni di uomini d'affari occidentali, incolonnati come questuanti davanti ai ministeri, ansiosi di proporre prodotti e progetti. Non mi passò neppure per la testa l'idea che quel successo potesse condurre a un disastro. A ritorcesi contro lo scià fu l'eccessiva modernizzazione, compresa quella culturale. La precipitosa industrializzazione, pagata con i proventi petroliferi, non dette i frutti sperati. L'Iran non era competitivo sul piano internazionale e all'interno i consumi non erano sufficienti per mantenere le attività appena create. Si accentuò il declino dell'agricoltura, ferita da una riforma che, per volontà dello scià, aveva trasformato mezzadri e fittavoli in tanti proprietari troppo piccoli per sopravvivere. Così il distacco tra le città, gonfiate da popolazioni inurbate in gran fretta, e la società rurale era aumentato, ed era cresciuto in modo vertiginoso quello tra le classi beneficiate dalla pioggia petrolifera e quelle escluse, abbandonate a se stesse. Le campagne in favore dell'emancipazione femminile e dell'alfabetizzazione fecero emergere strati sociali subito assetati di libertà adeguate al loro nuovo status. Ma un apparato poliziesco severo, e spesso spietato, reprimeva quegli slanci suscitati dalle riforme. La monarchia non fu capace di gestire la modernizzazione (l'occidentalizzazione) che essa stessa aveva voluto. Non fu capace di rinunciare a un rigido autoritarismo che comprimeva la società civile in espansione. (Bernardo Valli)
  • L'Iran non aveva tradizioni democratiche e per frenare l'opposizione il governo usava sistemi che agli occhi di un occidentale apparivano molto duri. Eppure, il popolo iraniano era andato molto più avanti nei diritti politici e umani di qualsiasi nazione vicina, eccettuato Israele. (Richard Nixon)
  • L'Italia guarda all'Iran non soltanto come ad una terra di antichissima civiltà della quale vivono meravigliose tracce, ma anche come ad un popolo che affronta oggi la vita moderna sotto l'alta guida del suo sovrano, la cui saggezza ha indicato il cammino della libertà e del progresso economico e sociale. (Giovanni Gronchi)
  • La Persia sta volgendosi indietro, verso i periodi pre-islamici, per la propria ispirazione culturale. (Jawaharlal Nehru)
  • Nel mio paese la monarchia era un'istituzione al di sopra di qualsiasi ideologia, e il monarca, come io lo intendo, non deve fare politica, è un capo di Stato, non di governo. (Reza Ciro Pahlavi)
  • Si può dire dei Pahlavi che abbiano investito molto sulle infrastrutture economiche, ma che abbiano trascurato quelle politiche e la conseguenza è stata appunto la rivoluzione. La Repubblica islamica invece ha trascurato investimenti sia in infrastrutture economiche sia politiche. Ne stanno pagando il prezzo. (Ali Ansari)
  • Sono orgoglioso dei risultati di mio padre e mio nonno, penso che abbiano portato l’Iran fuori dall’oscurità alla modernità. (Reza Ciro Pahlavi)
  • Vidi in Iran una società in cambiamento, con una grande immigrazione da piccoli paesi e villaggi. L'Iran era diventato ricco e le persone si riversavano nelle città. Le aspettative erano quelle di diventare agiati, mentre quello che accadde fu che coloro che arrivarono nelle città diventarono una sorta di cittadini di classe inferiore da cui scaturì un risentimento particolare da parte di molte persone. Un'altra cosa che ricordo era l'incredibile divario tra i ricchi e i poveri. I poveri erano davvero molto poveri, e i ricchi diventarono estremamente ricchi. Questo accentuò la tensione tra classi. Parliamo degli anni Settanta: c'era la televisione e c'erano i giornali. I poveri potevano vedere come vivevano i ricchi e questo aumentò il divario e la tensione nella società. Vidi la società secolarizzarsi, allontanarsi dalla religione, almeno in apparenza. Tuttavia, coloro che si erano spostati nelle città con l'aspettativa di arricchirsi vennero ignorati dal governo, il quale non li trattò in maniera adeguata, come loro invece si aspettavano. L'unico supporto che potevano trovare era proprio nella moschea. Quando recavano nelle moschee, venivano trattati come esseri umani. Questo, in aggiunta al potere tradizionale del clero nell'Islam sciita, creò quell'ossatura tra le persone e il potere religioso. (David Menashri)

Enver Hoxha modifica

  • I popoli del mondo conoscevano già la barbara politica degli USA come pure i loro feroci e rapaci metodi di dominio, ma in Iran li hanno visti ancora meglio in azione. Lo scià e la sua cricca, questi boia del popolo iraniano, sono stati gli strumenti degli imperialisti americani in Iran. Per interi decenni a far la legge in Iran sono stati dei banditi alleati ad altri banditi, assassini e sanguisughe interni ed esterni che, d'intesa fra loro, hanno massacrato il popolo iraniano, sono stati cioè il governo e l'amministrazione dello scià manipolati da Washington per mezzo dell'ambasciata americana a Teheran.
  • Il regime dei Pahlevi era uno dei più barbari, dei più sanguinari, dei più sfruttatori e dei più corrotti del mondo attuale. La crudele dittatura dei Pahlevi si basava sui feudatari, sui ricchi sfondati creati dal regime, sull'esercito reazionario e la sua casta dirigente, sulla SAVAK che, come lo stesso Scia la definiva, era uno «Stato dentro lo Stato». I Pahlevi, che dominavano con il terrore, erano soci dell'imperialismo americano e inglese e venduti ad essi, erano i gendarmi più armati del Golfo Persico agli ordini della CIA americana.
  • In questo paese grandi masse non hanno lavoro, non hanno niente né da mangiare né da vestirsi, non hanno una capanna in cui ripararsi (senza parlare poi delle zone distrutte dai terremoti) mentre lo scià in persona e la sua cerchia intascano ogni anno miliardi di dollari!

Farah Pahlavi modifica

  • Come altri paesi in via di sviluppo, avevamo un complesso d'inferiorità verso il mondo avanzato, e tutto ciò che si faceva fuori dall'Iran era ammirato e considerato più bello. Ma negli ultimi anni della monarchia, oltrepassammo questo periodo di emulazione, e la nostra identità restò salda.
  • Come tante altre società del Terzo Mondo, abbiamo dovuto liberarci dalla tirannia della resistenza contro il cambiamento e dall'inerzia dello sottosviluppo. Mio marito e io credevamo sinceramente che il cambiamento richiedeva qualche trasformazione culturale. In questo, fummo ispirati ed aiutati da molti iraniani che credevano nel cambiamento sociale ed avevano una conoscenza profonda della nostra cultura. Non è un caso che quelli, come certi mullah che erano contrari allo sviluppo, sono anche virulentemente contrari all'arte, alla bellezza e alla felicità.
  • Come in tutti i paesi in via di sviluppo, in Iran volevano imitare il mondo esterno, senza sapere cosa andava bene per la nostra nazione.
  • Le donne erano libere e avevano il diritto di essere elette. Io stessa sono stata incoronata Imperatrice. Siamo stati il secondo Paese al mondo ad aver avuto un ministro donna, che si occupava della questione femminile, e poi abbiamo avuto ambasciatori donna e parlamentari donna. Le donne erano libere di vestirsi come volevano, potevano portare il velo, che non era quel velo-uniforme che è diventato oggi.

Mohammad Reza Pahlavi modifica

 
Mohammad Reza Pahlavi
  • Che cosa s'intende per «Grande Civiltà»? Si tratta di una civiltà nella quale i migliori elementi della conoscenza e dell'intuito umano concorreranno ad assicurare ad ogni individuo il più alto tenore di vita materiale e morale e nella quale le nuove acquisizioni scientifiche, industriali e tecnologiche saranno state armonizzate con gli alti valori morali e con le norme più progredite della giustizia sociale. S'intende una civiltà fondata all'insegna della creatività e della umanità, nella quale ogni individuo, oltre al completo benessere materiale, potrà godere della massima sicurezza sociale e possedere eminenti virtù spirituali e morali. Naturalmente ogni nazione e società ha il diritto di lottare per giungere ad una meta ed è nostro sincero desiderio che ogni impresa del genere, ovunque venga intrapresa, possa avere successo perché in quanto tale appartiene alla missione più nobile della società umana. Per quanto ci compete miriamo in primo luogo e soprattutto a garantire la prosperità ed il benessere della società iraniana. Senza dubbio se la nostra «Grande Civiltà» saprà mostrarsi attraente, la sua importanza supererà i confini del paese ed altri potranno allora pronunciarsi a proposito.
  • Dire che diverrà il paese più ricco del mondo è forse esagerato. Ma dire che si allineerà tra i cinque paesi più grandi e potenti del mondo, non lo è affatto.
  • Durante il mio regno, i rappresentanti della Croce Rossa poterono visitare tutti gli istituti di pena del Paese: è un fatto. I nostri penitenziari erano aperti a qualsiasi investigatore qualificato, e l'avvocato di qualsiasi detenuto poteva prendere conoscenza del fascicolo di accusa e aveva il tempo di preparare la difesa, di citare i testimoni necessari. Il condannato, infine, poteva appellarsi e ricorrere in cassazione, dopodiché usavo spesso del diritto di grazia. Ora non è più così; i cosiddetti «tribunali islamici» rappresentano un insulto agli elevati principi del Corano.
  • Durante questo periodo, il nostro paese è diventato una delle potenze reali ed effettive del quadro politico internazionale la cui importanza e ruolo nessuno può ignorare. Il nuovo posto che oggi occupiamo a livello mondiale ha necessariamente comportato responsabilità internazionali specifiche.
    Sul piano interno siamo impegnati in una delle più grandi campagne economiche e sociali del mondo moderno: un programma che in breve tempo trasformerà la nostra nazione in una delle più floride e moderne società del mondo.
  • Essere primi nel Medio Oriente non basta. Dobbiamo innalzarci al livello di una grande potenza mondiale.
  • Fra dieci anni, voglio che il tenore di vita in Iran sia esattamente allo stesso livello di quello in Europa. Fra venti, avremo superato gli Stati Uniti.
  • Gli iraniani considerano il loro sovrano come un padre. [...] La monarchia è il cemento della nostra unità. [...] Ora, se per te un padre è inevitabilmente un dittatore, quello è un problema tuo, non mio.
  • L'Iran è sempre stato ed è tuttora un impero, cioè un insieme di popoli dove, nonostante una stragrande maggioranza musulmana, le etnie, le lingue, i costumi e perfino i culti sono diversi. Donde la necessità di un sovrano unificante dall'alto, per la realizzazione di un'autentica democrazia imperiale. [...] La democrazia imperiale è nel contempo l'unione entro le nostre frontiere di tutti i gruppi etnici sotto una stessa bandiera, e il raggruppamento di tutte le classi sociali in seno a una comunità in lotta per il vero progresso. C'è da meravigliarsi che ci si sia affannati a distruggerla?
  • L'ordine monarchico dell'Iran è il garante della solidarietà nazionale, della direzione stabile e forte del paese, della sua potenza militare, dell'indipendenza politica e dell'adempimento del ruolo universale della nazione iraniana.
  • La mia più grande aspirazione è quella di condurre la nazione iraniana alla Grande Civiltà e considero mio dovere fondamentale, quale responsabile del destino del paese, guidarlo nella sua avanzata verso la meta finale. L'Iran sta percorrendo oggi la strada giusta, ma per poter realizzare questo grande obiettivo è necessario che non devii, né che la sua avanzata venga in qualche modo ostacolata o ritardata.
  • Le assicuro che in molti sensi l'Iran è più democratico di quanto lo siano i vostri paesi in Europa. A parte il fatto che i contadini sono i proprietari della terra, che gli operai partecipano alla gestione delle fabbriche, che i grandi complessi industriali sono di proprietà dello Stato anziché di privati, deve sapere che le elezioni qui incominciano nei villaggi e si svolgono al livello dei consigli locali, municipali, provinciali. In Parlamento vi sono soltanto due partiti, d'accordo. Ma sono quelli che accettano i dodici punti della mia Rivoluzione Bianca e quanti partiti dovrebbero rappresentare l'ideologia della mia Rivoluzione Bianca? Del resto quei due sono i soli che possono ricevere abbastanza voti: le minoranze sono una entità così trascurabile, così ridicola, che non potrebbero neanche eleggere un deputato. E, comunque sia, io non voglio che certe minoranze eleggano alcun deputato. Così come non voglio che il Partito comunista sia permesso. I comunisti sono fuori legge in Iran. Non vogliono che distruggere, distruggere, distruggere, e giurano fedeltà a qualcun altro anziché al loro paese e al loro re. Sono traditori e sarei pazzo a permettere loro di esistere.
  • Le donne iraniane che nella società attuale svolgono un ruolo attivo, costruttivo e rispettabile, hanno potuto partecipare a pieno diritto alla vita nazionale del paese ed accedere a posti importanti in qualità di ministro, ambasciatore, membro di tutte e due le camere del Parlamento, professore universitario, giudice, avvocato, sindaco, direttore di compagnia ecc. Ci sono donne anche nelle forze armate come ufficiali ed in ranghi inferiori.
  • Qui fucilare certa gente è giusto e necessario. Qui il pietismo è assurdo.
  • Ringrazio Iddio che noi in Iran non abbiamo né la voglia né il bisogno di soffrire sotto la democrazia.
  • Volevo, alle soglie del terzo millennio, un Iran completamente modernizzato, progredito, una società iraniana altamente evoluta che potesse godere di una economia prospera, un istruzione superiore e strutture democratiche solide.
    Vedevo le future generazioni iraniane occupare orgogliosamente il posto che spettava loro nella grande famiglia umana, assumendo degnamente le proprie responsabilità. Speravo di vedere diradate per sempre le tenebre medievali da cui l'Iran era stato strappato da appena mezzo secolo e che s'instaurasse il regno di quella luce che è l'essenza stessa della civiltà e della cultura iraniane.

Amir Taheri modifica

  • Entrambi i re Pahlavi cercarono, in tempi differenti e con differenti metodi, di togliere rilievo al carattere islamico dell'Iran. Per conseguire questo obiettivo entrambi incoraggiarono la rinascita del passato "Ariano" preislamico dell'Iran.
  • L'intera regione dal Nord Africa – in cui il Marocco era coinvolto nella guerra del Sahara Occidentale – al subcontinente indiano formavano un "arco di instabilità". Il conflitto arabo-israeliano, il conflitto indo-pakistano sul Kashmir e la disputa fra Afganistan e Pakistan sul Pushtunistan erano solo i più importanti campi minati che minacciavano la regione. In mezzo a tutto questo, l'Iran era un autentico paradiso di tranquillità con buoni rapporti con tutti gli stati della regione.
  • La persuasione dello Scià Reza che la maggior parte dei mali dell'Iran provenisse dal suo "Arabsadeghi" (letteralmente: essere investiti dall'arabizzazione) aveva riportato nel dibattito politico ufficiale l'antico Iran come pietra angolare della nuova identità nazionale. Con Reza Scià costretto all'esilio, lo sforzo di re-iranizzazione era stato abbandonato nel caos e nella confusione della guerra e della crisi politica. La personale fede islamca dello Mohhammad Reza Scià fece di lui un "re-iranizzatore" di gran lunga meno entusiasta di quanto era stato suo padre. Ma nel 1960 Mohammad Reza Scià riscoprì il nazionalismo persiano come una potenziale alternativa attraente a due ideologie che, era convinto, minacciavano la prosperità e l'indipendenza dell'Iran: lo sciismo dominato dai mullah e il comunismo sponsorizzato dall'Unione sovietica.
  • La "Rivoluzione Bianca" aveva creato una nuova classe urbana di uomini d'affari dallo stile imprenditoriale aggressivo, di appaltatori, speculatori e trafficanti d'influenza che maneggiavano l'apparato statale come uno strumento per assicurarsi e distribuire privilegi. Lo Scià credeva di poter essere al di sopra delle classi sociali ed agire da arbitro disinteressato dei conflitti nella società. In più allargò il divario fra i più ricchi e i più poveri e creò una nuova classe media urbana la cui vita quotidiana non poteva mai essere all'altezza delle loro aspirazioni ad un migliore accesso ad un maggior numero di beni e servizi. Questa nuova classe provava inoltre risentimento per il fatto di essere esclusa dai processi decisionali.
  • Prima che Khomeyni prendesse il potere, non c'erano quasi omicidi politici nel paese. Chi vinceva risparmiava sempre le vite degli sconfitti mandandoli in esilio o relegandoli in province remote. La ragione di questa magnanimità era che i vincitori e i perdenti nella politica iraniana erano spesso legati da vincoli di sangue o matrimoniali: non potevano condannare a morte un familiare.

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