Paul Feyerabend

filosofo e sociologo austriaco

Paul Karl Feyerabend (1924 – 1994), filosofo e sociologo austriaco.

Paul Feyerabend

Citazioni di Paul Feyerabend modifica

  • A poco a poco le cose si sistemarono e l'istruzione iniziò il suo corso. Ora non riuscivo a capire perché dovessi rimanere seduto quando invece l'insegnante girava fra i banchi: così mi misi anch'io a girare con lui. Mi ordinò di tornare al mio posto. Ci rimasi, ma appena le prime lettere apparvero sulla lavagna iniziai a vomitare. Fui mandato a casa e ripulito; papà mi elargì un avviso solenne: "Non rifare questa scena o le prenderai". Tornai di nuovo a scuola e sedetti al mio posto, tentando di rimanere calmo. L'insegnante andò di nuovo alla lavagna, scrisse alcune lettere e di nuovo io vomitai. "Non è ancora pronto per venire a scuola – sentenziò il maestro – lo riporti l'anno prossimo". "Si calmerà – rispose papà – è una cosa così", ed era vero: dopo due settimane mi abituai alla nuova vita e mi piaceva. Due anni dopo dovetti persino cambiare classe: la maestra, Fräulein Wunderer, si lamentò che ero troppo duro per lei. Non ho alcuna idea di cosa possa averla spinta a tale affermazione, ma sembra che i miei problemi fossero scomparsi. Mi viene da rabbrividire se penso a come mi avrebbe potuto ridurre uno Psichiatra Infantile Statunitense.[1]
  • Passavo le giornate andandomene in giro per le colline sopra la ferrovia e porto ancora addosso le cicatrici delle ferite che mi feci cadendo in una scarpata. Ogni tanto entravo nel pollaio, chiudevo il cancello e parlavo alle recluse: una preparazione eccellente per il lavoro che avrei svolto in seguito.[2]
  • Per molti aspetti mito e scienza si sovrappongono.[3]

Addio alla ragione modifica

  • La scienza per Mach era tradizione storica. Per spiegare il suo sviluppo e preparare gli scienziati ai loro compiti, egli usava storie, non modelli astratti. Andò alla ricerca di teorie relativistiche dello spazio e del tempo e plaudì ad esse quando fecero la loro comparsa (l'introduzione all'Ottica Fisica che contiene una severa critica della relatività speciale sembra essere un falso architettato dal figlio di Mach, Ludwig), e anticipò le caratteristiche di base della meccanica quantistica. Esprimendoci nel linguaggio del materialismo dialettico possiamo dire che Mach diede un resoconto materialistico della crescita della conoscenza (scientifica). Questo è quello che Mach fece. Quello che disse di aver fatto è un'altra faccenda. (p. 20)
  • E usare la "scienza" per denigrare e magari anche per eliminare tutte le alternative significa usare una reputazione meritata per incoraggiare un dogmatismo contrario allo spirito di coloro che se la sono guadagnata. (p. 30)
  • È interessante confrontare l'analisi di Mach dell'uso dei principi nella scienza con quelli di Einstein. Einstein lesse Mach con interesse e ne fu influenzato sotto diversi aspetti. Seguendo le prescrizioni di Mach, non iniziò il suo articolo sulla teoria della relatività speciale in modo consueto, descrivendo risultati sperimentali, cominciò invece con principi come il princìpio della relatività e il princìpio della costanza della velocità della luce. (p. 154)
  • La teoria della relatività soddisfaceva il principio di continuità difeso da Mach. (p. 221)

Contro il metodo modifica

Incipit modifica

La scienza è un'impresa essenzialmente anarchica: l'anarchismo teorico è più umanitario e più aperto a incoraggiare il progresso che non le sue alternative fondate sulla legge e sull'ordine.

Il saggio che segue è scritto nella convinzione che l'anarchismo, pur non essendo forse la filosofia politica più attraente, è senza dubbio una eccellente medicina per l'epistemologia e per la filosofia della scienza.

Citazioni modifica

  • Il giusto metodo non deve contenere norme che ci costringano a scegliere fra teorie sulla base della falsificazione. Le sue norme devono consentirci anzi di scegliere fra teorie che siano già state sottoposte alla prova sperimentale e che siano state falsificate. (V; p. 55)
  • La Chiesa all'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione.[4] (appendice II; p. 93)
  • [...] Galileo viola importanti norme del metodo scientifico che furono inventate da Aristotele, migliorate da Grossatesta (fra gli altri), canonizzate dai positivisti logici (come Carnap e Popper); Galileo ebbe successo perché non seguì queste regole; i suoi contemporanei, con pochissime eccezioni, ignorarono difficoltà fondamentali che esistevano a quell'epoca; e la scienza moderna si sviluppò rapidamente, e nella direzione "giusta" (dal punto di vista degli attuali adepti della scienza), proprio perché trascurò tali difficoltà. L'ignoranza fu una benedizione. Inversamente, un'applicazione più rigorosa dei canoni del metodo scientifico, una ricerca più decisa dei fatti rilevanti, un atteggiamento più critico, lungi dall'accelerare questo sviluppo, avrebbero condotto a un punto morto. (appendice II; p. 94)
  • In che modo possiamo convincere gli altri che il successo dello status quo è solo apparente e che tale risulterà da qui a 500 anni o più, mentre per il momento non c'è un solo argomento dalla nostra parte [...]? È chiaro che il proselitismo alle nuove idee dev'essere stato realizzato per mezzo di altri argomenti. Esso dev'essere stato realizzato facendo ricorso a mezzi irrazionali come la propaganda, l'emozione, ipotesi ad hoc e appello a pregiudizi di ogni sorta. Noi abbiamo bisogno di questi "mezzi irrazionali" allo scopo di sostenere quella che non è altro che una fede cieca finché non abbiamo trovato le scienze ausiliarie, i fatti, gli argomenti che trasformino quella fede in una "conoscenza" sicura. (XII; p. 125)
  • Non può darsi infatti che la scienza quale la conosciamo oggi, ovvero una "ricerca della verità" nello stile della filosofia tradizionale, sia destinata a creare un mostro? Non è possibile che essa nuoccia all'uomo, che lo trasformi in un meccanismo miserevole, freddo, ipocrita, privo di fascino e di humour? "Non può essere", si chiede Kierkegaard, "che la mia attività di osservatore obiettivo [o critico-razionale] della natura indebolisca la mia forza come essere umano?" Sospetto che la risposta a tutte queste domande debba essere affermativa e credo che una riforma delle scienze che le renda più anarchiche e più soggettive (nel senso di Kierkegaard) sia urgente. (XV; p. 143)
  • In sintesi: dovunque guardiamo, qualsiasi esempio consideriamo, vediamo che i princípi del razionalismo critico (prendere sul serio le falsificazioni; aumentare il contenuto; evitare ipotesi ad hoc; "essere onesti" qualsiasi cosa ciò significhi ecc.) e, a fortiori, i princípi dell'empirismo logico (sii esatto; fonda le tue teorie su misurazioni; evita idee vaghe e instabili; ecc.) ci danno un quadro inadeguato dello sviluppo anteriore della scienza e sono probabilmente destinati a ostacolare la scienza nel futuro. Essi ci danno un quadro inadeguato della scienza perché la scienza è molto piu "trascurata" e "irrazionale" della sua immagine metodologica. E sono destinati a ostacolarla perché il tentativo di rendere la scienza più "razionale" e più precisa ha, come abbiamo visto, la conseguenza di spazzarla via. La differenza fra scienza e metodologia, che è un fatto così evidente della storia, indica perciò una debolezza della seconda, e forse anche delle "leggi della ragione". Quei caratteri che ci si presentano come "sciatteria", "caos" o "opportunismo", quando vengono messi a confronto con tali leggi, hanno infatti una funzione molto importante nello sviluppo di quelle stesse teorie che oggi consideriamo parti essenziali della nostra conoscenza della natura. Queste "deviazioni", questi "errori" sono presupposti del progresso. Essi consentono alla conoscenza di sopravvivere nel mondo complesso e difficile in cui viviamo, ci consentono di rimanere liberi e felici. Senza "caos" non c'è conoscenza. Senza una frequente rinuncia alla ragione non c'è progresso. Idee che oggi formano la base stessa della scienza esistono solo perché ci furono cose come il pregiudizio, l'opinione, la passione; perché queste cose si opposero alla ragione; e perché fu loro permesso di operare a modo loro. Dobbiamo quindi concludere che, anche all'interno della scienza, la ragione non può e non dovrebbe dominare tutto e che spesso dev'essere sconfitta, o eliminata, a favore di altre istanze. Non esiste neppure una regola che rimanga valida in tutte le circostanze e non c'è nulla a cui si possa far sempre appello. (XV; pp. 146-147)
  • L'anarchismo è quindi non soltanto possibile, ma necessario tanto per il progresso interno della scienza quanto per lo sviluppo della nostra cultura nel suo complesso. (XV; p. 147)
  • Il ragionamento può far ritardare lo sviluppo della scienza, mentre l'inganno è necessario per farla avanzare. (XVI; p. 161)
  • Tutte le metodologie hanno i loro limiti di applicazione e l'unica "regola" che sopravvive è "qualsiasi cosa può andar bene". (XVIII; p. 241)

Citazioni su Paul Feyerabend modifica

  • Paul Feyerabend ha descritto la scienza come un luogo d'anarchia fondato non sul metodo logico-razionale ma sui protocolli, i mezzi del mestiere. La scienza è, dunque, una disciplina «relativa», in grado di affermare la verità solo in relazione a dati posti convenzionalmente a confronto: una verità-errore. (Vittorino Andreoli)

Note modifica

  1. Da Ammazzando il tempo. Un'autobiografia, in Feyerabend, Mondadori, Milano, 2009, p. 515.
  2. Da Ammazzando il tempo. Un'autobiografia, in Feyerabend, Mondadori, Milano, 2009, p. 501.
  3. Citato in AA.VV., Il libro della filosofia, traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 297. ISBN 9788858014165
  4. Citato in Antonio Carioti, Quella citazione di Feyerabend l'epistemologo che smitizzò Galileo, Corriere.it, 16 gennaio 2008.

Bibliografia modifica

  • Paul K. Feyerabend, Addio alla ragione (Farewell to Reason, 1987), traduzione e note di Marcello D'Agostino, Armando, Roma, 2004.
  • Paul K. Feyerabend, Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza (Against Method, 1975), traduzione di Libero Sosio, prefazione di Giulio Giorello, Feltrinelli, Milano, 1990. ISBN 88-07-10027-4

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