Pío Baroja

scrittore spagnolo

Pío Baroja (1872 – 1956), scrittore spagnolo.

Pío Baroja in un'illustrazione

Citazioni di Pío Baroja modifica

  • Era un uomo valoroso nell'affrontare i pericoli, pusillanime davanti ai fastidi.[1]
  • Il fatto è che la verità, se esiste, non la si può gonfiare. Nella verità non ci possono essere sfumature. Nella mezza verità o nella menzogna, invece, tantissime.[1]
  • La differenza tra la morale e la politica sta nel fatto che per la morale l'uomo è un fine, mentre per la politica è un mezzo. La morale, quindi, non può mai essere politica, e la politica che sia morale cessa di essere politica.[1]

Il volto degli italiani modifica

  • Quando arrivai a Genova da Napoli ero stanco ed avevo voglia di passare un giorno a letto. Andai in un albergo di piazza dell'Acquaverde, che sentii che chiamavano piazza Acquaverde. Sarà stato per parsimonia da genovese. [...] Guardavo attraverso il vetro la piazza bagnata dalla pioggia; nel mezzo, la statua bianca di Cristoforo Colombo, circondata da alberi e vetture a semicerchio, con i cavalli protetti ognuno da una coperta rossa. (pp. 220-221)
  • Genova è una città che fin dall'antichità ha cercato di trarre vantaggio dal mare e dal commercio. È rivale di Barcellona e Marsiglia. [...] La città presenta grandi contrasti, parti vicine alle mure che sembrano di antica città e militare, un porto nuovo dall'aspetto americano, ampi viali e vie umide, strette e oscure. [...] I genovesi furono in guerra contro i toscani e questi li dipinsero a fosche tinte. Infatti dicevano di Genova: Mare senza pesci, monte senza legno, uomini senza fide, donne senza vergogna. (pp. 227-228)
  • Si dice che Genova sia una città magnifica, adornata da palazzi di marmo e che sia denominata Genova la Superba. A me sembrò un luogo dalle vie strette e ben poco attraente. Può darsi che osservando strada per strada e casa per casa si trovino edifici, chiese e palazzi, ma passeggiando per le viuzze non si prova nessuna sensazione di grandezza né di magnificenza. [...] Nei quattro o cinque giorni che rimasi mi parve una città oscura e tetra. (p. 229)
  • Genova non mi entusiasmò: se si escludono il porto ed alcuni viali moderni, le stradine anguste e buie erano piuttosto maleodoranti, piene di casupole e negozietti fra i palazzi marmorei. Neppure la popolazione mi piacque gran ché. È come un formicaio convulso: vecchie nere, donne molli e grasse, ragazze agile e graziose, marinai dalla faccia scure e gli occhi azzurri, operai e soldati. L'ambiente è minaccioso e cupo; anche a Napoli vi è un vermiciaio del genere, ma là sembra muoversi di più al sole, mentre quello di Genova si agita in stradicciole con alte case. E poi a Napoli la gente che discute sembra che canti, mentre a Genova pare sempre che bisticci. (p. 230)
  • Mi fu raccomandato di andare a vedere i cimiteri di Genova. Raggiunsi in tram un antico camposanto in una valle del fiume Bisagno, molto amena e placida, e mi riferirono che a poca distanza ve n'era un altro [il cimitero di Staglieno], pieno di statue. Lo vidi e non mi piacque per niente. Mi diede l'impressione di un baraccone di figure di cera, prive di colore. (p. 231)

Bibliografia modifica

  • Pío Baroja, Il volto degli italiani, traduzione di Alessandra Melloni, Pàtron, Bologna, 1967

Altri progetti modifica

  1. a b c Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X