Luigi Negri

arcivescovo cattolico, teologo e accademico italiano (1941-2021)

Luigi Negri (1941 – vivente), vescovo cattolico italiano.

  • [A Eugenio Corti] [...] Era il cantore della Gloria di Dio. Non si può pensare a Corti senza sentire vibrare la sua essenzialità, senza sentire il suo modo di analizzare la dignità del popolo cristiano davanti a Dio.[1]
  • La grandezza della liturgia cattolica è data dal fatto di rendere Cristo presente nel flusso e nel riflusso delle generazioni: «Hoc facite in meam commemorationem». Per questo la difesa di una coscienza esatta del dogma dipende dalla verità con cui viene vissuta la liturgia. In questo senso da sempre la Chiesa ha affermato che «lex orandi, lex credendi»: è la legge del pregare che fa nascere la legge del credere, ma soprattutto che la vigila in maniera adeguata e positiva. Ecco perché ogni tentativo di estenuare o ridurre la coscienza della presenza di Cristo a tutto vantaggio della modalità con cui la comunità è presente, equivale ad una perdita del valore ultimo della liturgia, del valore ontologico, direbbe il mio maestro don Giussani, e quindi metodologico ed educativo.[2]
Lo stemma di Luigi Negri
Luce del Medioevo: Regine Pernoud, Meeting di Rimini, 22 agosto 2000
  • La luce del medioevo è un riflesso della grande luce che è Cristo, dell'unica luce nella quale prende senso il significato, il mistero dell'uomo.
  • Il medioevo non è una età perfetta, come non è una età di aberrazione, è una età di incarnazione, è gente che ha impegnato la propria esistenza alla luce della grande certezza che la salvezza era data, che la salvezza abitava in mezzo a loro, che la salvezza si comunicava ogni giorno attraverso il sacramento, attraverso la parola, attraverso la vita della carità; in questo incontro quotidiano fra la sua forza e la nostra debolezza avveniva nel mondo qualche cosa di nuovo.
  • Quello che viene chiamato medioevo è il primo impatto reale concreto nella storia degli uomini della novità di Dio che assunta come forma dell'esistenza cambia la vita.
  • È l'uomo comune che diventa protagonista della sua storia personale e della storia del mondo. La storiografia fino all'inizio del medioevo non ha nell'uomo normale e concreto il protagonista della storia: il protagonista della storia è invece il grande, è il potente, i pochi uomini potenti di cui si conserva il ricordo, mentre tutti gli altri sono destinati ad un anonimato. Il medioevo cristiano è invece la storia di uomini comuni, cioè di santi, che hanno impostato l'esistenza nella certezza della fede e hanno visto valorizzato quel fattore incredibile che solo il mistero cristiano valorizza: la libertà dell'uomo, la sua responsabilità, la sua capacità di stare nelle cose ed anche il limite con cui dice di non volerci stare, la grandezza della sua generosità e la meschinità del suo egoismo, la grandezza della sua intelligenza e il limite fisico o morale.
  • [...] sant'Ermanno lo storpio: oggi un uomo così non sarebbe nemmeno potuto nascere, nei 150 paesi civili del mondo in cui non c'è libertà religiosa. Ermanno è una delle personalità che più intensamente esprime la genialità della fede che cambia la vita dell'uomo.
  • La libertà in senso vero infatti è amore.
  • Il medioevo è ugualmente il medioevo di coloro che squadravano le pietre per costruire le cattedrali e di Dante Alighieri, perché è la valorizzazione della personalità, di tutta quella vita di santità di base che è stato come l'humus, il contesto della grandezza.

Note modifica

  1. Citato in Il compleanno di Corti: in 500 alla festa, Il Cittadino MB, 26 gennaio 2011.
  2. Citato in Gianfranco Amato, L'indulto di Agatha Christie. Come si è salvata la Messa Tridentina in Inghilterra, prefazione di mons. Luigi Negri, Fede e Cultura.

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