Beowulf

poema epico anglosassone

Beowulf, poema epico anonimo scritto in una variante sassone dell'inglese antico in data incerta tra l'VIII e l'XI secolo.

La prima pagina del manoscritto di Beowulf in inglese antico

Incipit modifica

Originale modifica

Hwæt! Wé Gárdena | in géardagum
þéodcyninga | þrym gefrúnon·
hú ðá æþelingas | ellen fremedon.
Oft Scyld Scéfing | sceaþena þréatum
monegum maégþum | meodosetla oftéah·
egsode Eorle | syððan aérest wearð
féasceaft funden | hé þæs frófre gebád·
wéox under wolcnum· | weorðmyndum þáh
oð þæt him aéghwylc | þára ymbsittendra
ofer hronráde | hýran scolde,
gomban gyldan· | þæt wæs gód cyning.

Koch modifica

Attenzione. Sappiamo | della gloria, in giorni lontani,
dei Danesi con l'Asta, | dei re della nazione;
Che grandi cose fecero | quei principi, nel passato.
Molte volte Scyld Scefing | strappò, a bande pirate,
a numerosi popoli, | i seggi dell'idromele.
Fu il terrore degli Eruli, | lui che era stato trovato,
bambino, senza niente. | Ma si vide soccorso.
Salì, sotto le nuvole, | fu coperto di segni
di prestigio, finché | ogni suo confinante
oltre la via delle balene | gli dovette ubbidienza
e gli pagò tributi. | È stato un grande re.

Brunetti modifica

Dei Danesi delle Lance in giorni lontani,
dei re della nazione ci è nota la rinomanza,
che imprese di coraggio compirono quei principi.
Spesso Scyld Scefing a schiere nemiche
strappò a molti popoli le panche dell'idromele,
terrorizzò guerrieri, dopo che fu trovato
derelitto, di questo ebbe conforto,
fu grande sotto il cielo, prospero d'onori
finché a lui le genti tutt'intorno
oltre la via della balena dovettero obbedienza,
pagarono tributo; fu un grande re.

Heaney modifica

Allora. I Danesi delle Aste nei giorni andati
e i re che li ressero ebbero coraggio e grandezza.
Abbiamo udito le campagne eroiche di quei principi.
Vi fu Shield Sheafson, flagello di molte tribù,
distruttore di panche dell'idromele, spietato fra i suoi nemici.
Questo terrore delle truppe di palazzo veniva da lontano.
Trovatello in origine, ebbe fortuna più tardi
quando il suo potere crebbe e il suo valore fu provato.
Alla fine tutti i clan sulle coste circostanti
oltre la via delle balene dovettero sottomettersi
e pagarli il tributo. Egli fu buon re.

Tolkien modifica

Ascoltate adesso! Abbiamo udito narrare, noi, la gloria dei re dei Danesi delle Lance, di come quei principi, nei giorni che furono, compirono gesta valorose. Spesso Scyld Scefing strappò agli eserciti nemici, molti popoli invero, i seggi dove bevevano l'idromele, suscitò paura tra gli uomini, lui, sì, che bambino fu trovato, abbandonato a se stesso; visse abbastanza per trovarne consolazione e possente divenne sotto il cielo, e prospero visse, ricolmo d'onore, sinché quanti dimoravano vicino, oltre il mare dove galoppano le balene, dovettero ubbidire alla sua parola e pagargli il tributo – fu un buon re!

Citazioni modifica

  • Arrisero allora, a Hrōðgār, || grandi successi militari, | segni di prestigio in guerra, || tanto che amici e parenti | gli ubbidivano lieti, || mentre i giovani si facevano | un seguito, grande e forte. || Gli venne in mente | la voglia di ordinarsi || una reggia di corte | di costruire un'immensa || casa per l'idromele, | da parlarne in eterno || i figli degli uomini; e dentro | dividere ogni cosa || che Dio gli aveva dato | con gli anziani e coi giovani, || tolti il demanio pubblico | e la vita degli uomini. (1987, pp. 9-11)
  • A Hrothgar fu concesso successo d'eserciti, || gloria di guerra così che di buon grado gli ubbidivano || i suoi amici e congiunti, finché s'accrebbero i giovani, || un grande seguito; gli venne in animo || di voler ordinare una sala, far costruire || una grande casa dell'idromele || che per sempre fosse nota ai figli degli uomini || e là dentro tutto dividere || tra vecchi e giovani quanto dio gli dava || tranne la terra avita e le vite di uomini; (2003)
  • A Hrothgar, nel corso del tempo, fu concessa fortuna in guerra, e gloria in battaglia, sì che i vassalli della sua stirpe con pieno volere lo ascoltavano e il numero dei giovani guerrieri crebbe sino a divenire una possente compagnia di uomini. Poi, nel cuore, gli sorse un desiderio e comandò agli uomini di edificargli una grande sala e una magione, una casa dove poter bere l'idromele, un edificio più grandioso di quanti mai i figli degli uomini avessero conosciuto; e là egli avrebbe distribuito ai giovani e ai vecchi tutte le cose che Dio gli aveva accordato, a parte il territorio del popolo e la vita degli uomini. (2014, p. 33)
  • Penosamente, a lungo, || pazientò l'Orco audace | appostato nel buio || che ascoltava ogni giorno, | dalla corte, le musiche || alte e la festa. Udiva | gli accordi sopra l'arpa, || il chiaro canto del poeta. | Raccontava (sapeva || ritrovare il remoto) | l'origine degli uomini: || come l'Onnipotente | fabbricasse la terra, || la distesa dal chiaro | volto, recinta d'acqua. || Pose il sole e la luna, | certo della vittoria, || lumi per fare luce | a chi abita nel mondo || e ornò di rami e foglie | la veste della terra. || Fabbricò l'esistenza | di ognuna delle specie || che vivono e si muovono. (1987, pp. 11-13)
  • Patì allora tempo di tormento || l'essere temerario che dimorava nelle tenebre, || di udire ogni giorno voci di gioia || alte nella sala; c'era suono d'arpa, || chiaro canto di poeta, cantava chi sapeva || narrare l'origine degli uomini in tempi remoti, || diceva come l'onnipotente fece la terra, || la piana fulgente fin dove l'acqua l'avvolge, || come pose vittorioso sole e luna || a luminari per gli abitanti del mondo || e adornò le contrade della terra || di rami e fronde, e creò la vita anche || a tutte le specie che si muovono viventi. (2003)
  • Poi un demone potente, un predatore al buio, || provò risentimento. Lo tormentava || udire il vociare del rumoroso banchetto || ogni giorno nella sala, l'arpa sonante || e il canto chiaro di un bravo poeta || che narrava da maestro le origini dell'uomo, || come l'Onnipotente avesse fatto la terra || una pianura luccicante cinta di acque; || nel suo splendore Egli pose il sole e la luna || come luci alla terra, lanterne per gli uomini, || e riempì l'ampio grembo del mondo di rami e di foglie; e destò la vita || in ogni altra cosa che muove. (2002, p. 35)
  • Allora, lo spirito feroce che dimorava nelle tenebre sopportò, con pena, un tempo di tormento, poiché giorno dopo giorno udiva riecheggiare nella sala il clamore della festa. V'erano il suono dell'arpa e il canto chiaro del menestrello; v'era la voce d'uno che sapeva molte cose e che sapeva riandare agli antichissimi giorni, ai primordi dell'umanità, e narrava di come l'Onnipotente avesse edificato la Terra, valle luminosa e amena che le acque circondano; di come, trionfante, avesse posto il fulgore del sole e della luna come lume per gli abitanti delle terre, e adornato le regioni del mondo con rami e con foglie; e di come avesse creato la vita per ogni specie che vive e si muove. (2014, p. 35)
 
Grendel
  • Così, felicemente, || la gente di corte | viveva di gioie e di musiche, || fin quando Uno si mise | a commettere crimini: || un Nemico Infernale. | Aveva nome Grendel, || quell'Orco feroce: | infame vagabondo || della marca infestava | putrescenti acquitrini, || terraferma e paludi. | Per un certo periodo || quel personaggio nefasto | si tenne nella regione || della razza dei mostri, | da che il Signore || l'aveva proscritto | con la razza di Caino. || Vendicava il massacro, | il Signore eterno: || aveva ucciso Abele. | Non trionfò della faida: || lo bandì, allontanandolo | dalla specie degli uomini || l'Arbitro, per l'assassinio. | Da lui proliferarono || tutti i Deformi: | i giganti, con gli elfi || e coi morti viventi; | e con loro i Titani || che a Dio mossero guerra | secolare: ma lui || gliela fece pagare. (1987, p. 13)
  • Così gli uomini del seguito vivevano felici || nella gioia finché non si mise || a compiere crimini un nemico infernale; || aveva nome Grendel il demone crudele, || errante famoso della marca che occupava acquitrini, || paludi e luoghi inaccessibili; la terra dei mostri || l'uomo infelice teneva da tempo, || da quando l'aveva condannato il creatore || fra la razza di Caino, vendicò l'omicidio || l'eterno signore perché uccise Abele; || egli non gioì del delitto ma lo bandì dio || per quel crimine lontano dagli uomini; || di là ebbe origine ogni malvagia genia, || orchi ed elfi e spiriti di morti || e i giganti anche che con dio lottarono || per lungo tempo; egli gliene diede compenso. (2003)
  • Così erano tempi felici per quella gente || fino a che uno, un nemico infernale, || cominciò a commettere crimini nel mondo. || Grendel era il nome del demone truce || che infestava la marca, razziava le brughiere || e le paludi desolate; era vissuto un tempo miseramente fra i mostri proscritti, || il clan di Caino, che il Creatore cacciò all'esilio. Per l'uccisione di Abele || il Signore Eterno aveva preteso un prezzo: || Caino non ebbe vantaggio dall'assassinio compiuto || perché l'Onnipotente lo maledisse || e dall'anatema del suo esilio scaturirono || orchi ed elfi e spettri malvagi || e i giganti che gareggiarono con Dio || più di una volta finché Egli gli ripagò. (2002, pp. 35-37)
  • Così, nell'allegrezza, nella felicità, visse quella compagnia di uomini, sinché uno non principiò atti malvagi, un demone dell'inferno. Grendel si chiamava quella cupa creatura, l'infame abitatore della marca di quella terra, lui che occupava le brughiere, la fortezza degli acquitrini e, infelice, da lungo tempo viveva nella casa della stirpe dei mostri, poiché il Creatore lo aveva esiliato assieme alla razza di Caino. Quello spargimento di sangue, Caino che uccideva Abele, l'Eterno Signore lo vendicò, sì, ed egli non ebbe gioia alcuna da quell'atto di violenza: per quel delitto Dio lo allontanò e bandì dall'umanità. Nacquero da lui tutte le razze malvagie, gli orchi e gli elfi e le figure spettrali che escono dall'inferno; e i giganti, anche, che per lungo tempo combatterono contro Dio – e per questo egli diede loro la ricompensa che meritavano. (2014, p. 35)
  • [Su Beowulf] Dal suo paese apprese || delle gesta di Grendel | un vassallo di Hygelác, || grande fra i Geati. | Era il più forte nel fisico || di tutto il genere umano | nei giorni di questa vita: || nobile, straordinario. | Si fece fabbricare || un buon carro dei flutti | per andare a raggiungere, || di là della strada dei cigni, | disse, il re bellicoso, || il principe famoso. | Gli servivano uomini. || Dal viaggio avventuroso | quasi non lo dissuasero || gli uomini più avveduti, | pur volendogli bene. || L'incoraggiarono | nei suoi progetti di gloria, || studiarono gli auspici. | L'eroe si era scelto || fra le file dei Geati | i guerrieri più forti || che riuscì a reperire | e, in quindici con lui, || si diressero al legno | marino. Marinaio || esperto, lui li guidò | ai bordi della terra. (1987, p. 21)
  • [Su Beowulf] Nella sua patria apprese le gesta di Grendel || un seguace di Hygelac, grande fra i Geati, || era del genere umano il più possente in forza || in quei giorni di questa vita, || nobile e prestante; si fece approntare una buona || viaggiatrice dell'onda, voleva cercare, disse, || il re della guerra oltre la via del cigno, || il principe famoso che aveva bisogno d'uomini; || dal viaggio non lo dissuasero i saggi, || benché egli fosse a loro caro, || incitarono il prode; osservarono i presagi. || S'era scelto il grande fra la gente geata || dei guerrieri tra i più arditi || che potesse trovare; con quattordici || cercò il legno marino, un uomo mostrava || esperto di mare la linea costiera. (2003)
  • [Su Beowulf] Quando seppe di Grendel, il vassallo di Hygelac || era a casa propria, là fra i Geati. || Non c'era fra i viventi nessuno come lui. || Ai suoi tempi, era l'uomo più forte della terra, || nobile e potente. Ordinò un buon legno || che solcasse le onde. Annunciò il suo piano: || navigare la strada del cigno e cercare quel re, || il famoso principe bisognoso di difensori. || Nessuno cercò di trattenerlo dal partire, || nessun anziano lo dissuase, per quanto lo avesse || Anzi, studiarono i presagi e spronarono || la sua ambizione di andare, mentre egli agiva || come il capo che era, arruolando uomini, || i migliori che trovasse; con altri quattordici || il guerriero s'imbarco come capitano, || pilota avveduto lungo coste e correnti. (2002, p. 41)
  • [Su Beowulf] Di questo, degli atti di Grendel, giunse notizia, nella sua casa lontana, al cavaliere di Hygelac, apprezzato tra i Gaeti; in quell'epoca della vita umana qui, sulla Terra, era egli il più forte, nobile e di statura ben superiore a quella d'ogni altro uomo. Ordinò che gli si approntasse una buona imbarcazione sulle onde, dicendo che là, oltre le acque dove nuota il cigno, voleva ricercare il re guerriero, quel principe famoso, poiché di uomini aveva bisogno. Poco ebbero da ridire su quel viaggio i sapienti, sebbene egli fosse loro caro; incoraggiarono quel cuore coraggioso e osservarono gli auspici. Campioni del popolo dei Geati quell'uomo valoroso aveva trascelto tra i più arditi che poteva trovare e quindici in tutto, ora, si avviarono verso la nave fatta di legno, mentre il guerriero che conosceva il mare li conduceva ai confini della terra. (2014, p. 41)
 
La spedizione di Beowulf
  • «Noi veniamo a trovare || con progetti amichevoli | il tuo signore, || il figlio di Healfdene, | riparo del tuo popolo; || sii cortese, e consigliaci. | Abbiamo un'importante || missione per l'illustre | re danese; e suppongo || che nulla dovrebbe | restarti segreto. || Tu sai bene (se è vero | quanto ci si racconta) || che non so che Flagello, | un misterioso Nemico || di quello che fate, | le notti di tenebra || infligge agli Scyldingas | in modi terribili || una violenza mai vista, | umiliazioni, mucchi di cadaveri. || Io posso proporre, | per grandezza di sensi, || a Hrōđgār un progetto | per sopraffare il Nemico || con saggezza e valore | (se mai si vuole || che le cose cambino | e sopravvenga un rimedio || al rovello per questi malanni), | e si raffredderanno || i getti dell'angoscia. | O soffrirà poi sempre || per anni di travaglio | questa luttuosa oppressione. || finché resterà in piedi | sulle alte fondamenta || la fabbrica più splendida». (Beowulf; 1987, pp. 27-29)
  • «Con animo leale siamo venuti a cercare || il tuo signore, il figlio di Healfdene, || il riparo del popolo; síici cortese di consigli, || abbiamo per il famoso un gran messaggio, || per il signore dei Danesi; non deve restar || niente celato, così confido. Tu sai – se è || come per vero abbiamo sentito dire – || che fra gli Scylding non so che nemico, || che misterioso persecutore nelle nere notti || mostra odio inaudito, con terrore s'accanisce || in oltraggi e stragi. Su ciò io posso a Hrothgar || impartire consiglio con generoso cuore, || come grande e saggio egli soverchi il nemico – || se mai svolta gliene debba venire, || rimedio all'afflizione dei mali – || e si raffreddi il fiotto dell'ansia || o patirà poi sempre tempi d'affanno, || opprimente angoscia finché rimanga || là nell'alto luogo l'eccelsa casa». (Beowulf; 2003)
  • «Siamo giunti qui con una grande ambasciata || al signore dei Danesi, perciò penso || che nulla vada nascosto o taciuto fra noi. || Dunque racconta se è vero quel che udimmo || intorno a questo flagello, qualunque esso sia, || questo pericolo che vaga nelle notti scure, || questo che fa cadaveri e vende morte || nella terra degli Shielding. Vengo a offrire || il mio aiuto e consiglio sincero. || Posso mostrare al saggio Hrothgar un modo || per sconfiggere il nemico e ottenere tregua: || se mai tregua egli un giorno avrà. || Posso calmare il terrore e turbamento nella sua mente. || Altrimenti, egli dovrà sopportare dolori e vivere con sofferenza fin quando la sua sala || si ergerà all'orizzonte, sull'alto terrapieno.» (Beowulf; 2002, pp. 43-45)
  • «Un grande servigio vogliamo rendere a lui, al famoso Signore dei Danesi; e, se retto è il mio pensiero, una certa questione non può esser tenuta nascosta. Tu sai se così è, se, come in verità abbiamo udito narrare, non so qual creatura letale, un essere che compie azioni d'immotivato odio, nelle notti oscure, terribilmente, dà prova, tra gli Scylding, della sua mostruosa malvagità, provocando vergogna agli uomini, e ammassi di cadaveri. Con cuore non avaro posso io, a questo proposito, consigliare Hrothgar su come egli, saggio e buono, possa abbattere il nemico, su come alleviare le sue pene ardenti, dovesse mai mutare o migliorare il tormento dei suoi assilli; altrimenti, egli per sempre dovrà sopportare il tempo della tribolazione e dell'aspro bisogno, mentre là, nell'alto suo luogo si erge la migliore delle case.» (Beowulf; 2014, p. 45)
  • «E adesso tocca a me || sistemare, da solo, | la faccenda con Grendel, || con l'Orco, con il Gigante. | Per questa ragione || ora ti pregherei, | signore dei Chiari Danesi, || baluardo degli Scyldingas, | di un unico favore: || che tu non mi rifiuti, | riparo dei guerrieri, || nobile amico dei popoli, | ora che ho fatto tanta || strada, che senza il seguito | dei miei conti, di questa || mia coraggiosa congrega, | io disinfesti il Cervo. || Mi hanno anche raccontato | che il Mostro, irriflessivo, || si ride di ogni arma. | Perciò tralascerò || (possa io trovare grazia | nella mente di Hygelàc, || il mio feudatario) | di portarmi allo scontro || la spada e il largo scudo, | la mia targa gialla. || Affronterò il Nemico | a mani nude, || combatterò per la vita, | nemico contro nemico. || Poi, si affidi al giudizio | di Dio, quale dei due || si porterà la morte.» (Beowulf; 1987, pp. 39-41)
  • «e ora con Grendel, || con l'avversario terrò da solo || incontro con il gigante. A te ora voglio, || capo dei Danesi splendenti, richiedere || un solo favore, difesa degli Scylding: || che tu non mi rifiuti, riparo dei guerrieri, || nobile amico dei popoli, venuto come sono da lontano, || che io possa da solo, o voi seguito dei miei || e questa forte schiera, purificare Heorot; || ho anche appreso che per tracotanza || quel combattente non si cura d'armi. || Disdegnerò perciò – così mi sia Hygelac, || il mio signore, d'animo amico – || di portare spada o largo scudo, || giallo umbone in battaglia ma con la presa || brancherò l'avversario e mi batterò per la vita, || nemico contro nemico; deve rimettersi || al giudizio del signore chi la morte prenda;» (Beowulf; 2003)
  • «Ora intendo contrappormi a Grendel, || decidere l'esito in combattimento singolo. || E così la mia richiesta, o re dei Chiari Danesi, || caro principe degli Shielding, amico del popolo || e suo anello di difesa, la mia sola richiesta || è che tu non rifiuti, a me giunto tanto lontano, || il privilegio di purificare Heorot, || con l'aiuto dei miei e nessun altro. || Inoltre ho sentito che il mostro disprezza || al suo modo sconsiderato l'uso delle armi; || pertanto, per accrescere la fama di Hygelac || e allietare il suo cuore, pubblicamente rinuncio || alla spada e al riparo del largo scudo, || la pesante tavola di guerra; a mani nude || sarà il combattimento, una lotta di vita o di morte || con il nemico. Chiunque la morte schianti, || la accolga come giusto giudizio di Dio.» (Beowulf; 2002, pp. 51-53)
  • «E ora con Grendel, col feroce uccisore, io mi misurerò, da solo contro l'orco. Ora, quindi, voglio chiederti, Principe dei gloriosi Danesi, difensore degli Scylding, quest'unico dono: che tu non neghi, protettore dei guerrieri, nobile signore delle genti, poiché di lontano fino a qui io giunsi, che io soltanto, e questa fiera compagnia di uomini, questa impavida compagnia, liberiamo Heorot. Ho anche appreso che questo feroce uccisore, nella sua natura selvaggia, non si cura delle armi. Anch'io allora sdegnerò (e per questo mi ami Hygelac, il mio capo e signore!) di portare con me, in battaglia, la spada o l'ampio scudo dalle borchie gialle; perché con la mia stretta io afferrerò il nemico e con lui ingaggerò una lotta mortale, odio contro odio – e al giudizio del Signore si presenterà colui che la morte coglierà.» (Beowulf; 2014, p. 55)
  • Mi costa parlare || di quanto ho dentro ai sensi | a chiunque, di quali || umiliazioni, di quali | disastrose violenze || mi abbia causato Grendel | coi suoi odiosi progetti || nel Cervo. Mi scompare | la guardia della reggia, || la schiera dei miei soldati, | spazzati dal destino || nell'orrore di Grendel. | Dio può mettere fine || facilmente alle gesta | di quel Flagello folle. (Hroðgar; 1987, p. 43)
  • M'è dolore nell'animo dire ad alcuno || che oltraggi m'ha inflitto Grendel || a Heorot con i suoi pensieri d'odio, || che improvvisi assalti; la schiera nella sala, || lo stuolo guerriero s'è scemato, li travolse il destino || con l'orrore di Grendel; dio può facilmente || interrompere gli atti di quel temerario. (Hroðgar; 2003)
  • «Mi turba rattristare altri dicendo || tutta la sofferenza che Grendel ha provocato || e la rovina che ha portato su di noi a Heorot, || le nostre umiliazioni. La mia guardia di palazzo || si piega, il fato li spazza via || nelle grinfie di Grendel: || ma Dio facilmente || porrà fine a questi assalti tremendi!» (Hroðgar; 2002, p. 53)
  • «Per il mio cuore è una pena rinarrare ad altri uomini quali umiliazioni, qui a Heorot, quali tremendi atti di malvagità, con l'odio nel cuore, Grendel mi abbia inflitto e abbia compiuto contro di me. Si è ridotta la compagnia nella mia sala, ridotti sono i ranghi dei miei guerrieri; il Fato li ha trascinati tra le grinfie atroci di Grendel. Dio (soltanto Lui) potrebbe facilmente trattenere quel nemico selvaggio dal compiere le sue azioni malvagie!» (Hroðgar; 2014, p. 57)
  • Risparmia spesso, il destino, | chi non è condannato, || se il suo valore si afferma. (Beowulf; 1987, p. 51)
  • Il destino spesso salva || guerriero non segnato quando vale il suo coraggio. (Beowulf; 2003)
  • Spesso, per il coraggio, la sorte risparmia chi non ha ancora segnato. (Beowulf; 2002, p. 59)
  • Il Fato salva spesso un uomo non destinato ancora a morire, quando il valore non lo abbandona. (Beowulf; 2014, p. 63)
  • [Rivolto a Unferth] «benché dei tuoi fratelli || tu ti sia fatto assassino, | dei tuoi congiunti più stretti. || Per questo, sconterai | la dannazione all'inferno, || tu e il tuo cervello fino. | Ti dico, perché è vero, || figlio di Ecglāf, | che mai Grendel avrebbe || commesso tanti orrori, | l'Orco terrificante, || contro il tuo sovrano, | e tanti oltraggi al Cervo || se la tua mente e i tuoi istinti | fossero, come proclami, || tanto feroci in battaglia.» (Beowulf; 1987, pp. 51-53)
  • [Rivolto a Unferth] «benché tu dei tuoi fratelli ti sia fatto uccisore, || di stretti congiunti; di questo all'inferno || patirai condanna benché valga il tuo ingegno; || per vero ti dico, figlio di Ecglaf, || che mai tanti orrori avrebbe inferto Grendel, || il tremendo avversario al tuo capo, || oltraggi in Heorot se fosse il tuo coraggio, || lo spirito feroce in conflitto come tu pretendi» (Beowulf; 2003)
  • [Rivolto a Unferth] «Tu hai ucciso il sangue del tuo sangue, || sicché per quanto astuto e linguacciuto || proverai tormenti nel fondo dell'inferno. || In realtà, Unferth, se tu fossi veramente || ardito e coraggioso come affermi || Grendel non l'avrebbe mai fatta franca || con tante atrocità impunite, assalti al tuo re, || disastri a Heorot e orrori dappertutto.» (Beowulf; 2002, p. 59)
  • [Rivolto a Unferth] «Pure ti sei fatto assassino dei tuoi fratelli, dei congiunti più prossimi. Per questo, sebbene acuta sia la tua intelligenza, patirai la dannazione dell'Inferno. Ti dico, in tutta verità, figlio di Ecglaf, che mai Grendel avrebbe portato a termine tanti atti d'orrore, quell'uccisore feroce e tremendo, a onta del tuo signore, umiliandolo qui, dentro Heorot, se il tuo cuore e la tua anima fossero invero tanto fieri quanto tu li proclami.» (Beowulf; 2014, p. 65)
  • Trassero allora in molti, || i conti di Bēowulf, | le spade stagionate || per difendere la vita | del nobile signore, || del principe famoso. | Ma non sapevano, || quando presero a battersi, | quegli uomini di guerra || dalle dure intenzioni, | (contando di colpirlo || da tutte le parti | e di braccargli l'anima) || che il perfido Flagello | non l'avrebbe raggiunto || neppure la perla dei ferri | sulla terra, nessuna || lama di guerra: | ma sulle armi vincenti || aveva gettato il malocchio, | sopra qualunque spada, || La sua mutilazione | dalla vita, dai giorni || di questa esistenza, | sarebbe stata sofferta; || e l'Orco dell'Altrove, | [benché] in balia dei nemici, || sarebbe arrivato lontano. || A quel punto, scoprì || chi aveva già causato | molti massacri alla mente || del genere umano, | molti delitti, || (in faida con Dio) | che non l'avrebbe retto || la casa del suo corpo, | che l'animoso || nipote di Hygelāc | lo teneva in mano. || Ognuno dei due | odiava la vita dell'altro. || Si apri una piaga, sul corpo | del Mostro spaventoso: || gli apparve sulla spalla | una vasta ferita. || I tendini saltarono, | scoppiarono le casse || delle ossa. A Bēowulf | fu concesso il trionfo || in quel duello. Grendel | sarebbe scappato di lì, || malato di morte, | per paludi e pendici, || a ritrovare il covo | senza gioia. Sapeva || più che certamente | che era arrivata la fine || della sua vita, e il computo | dei giorni dei suoi giorni. || La speranza di tutti | i Danesi era accolta, || dopo quell'urto di morte. (1987, pp. 69-71)
  • Più di un uomo || di Beowulf brandì l'antico lascito, || voleva difendere la vita del signore, || del principe famoso se così poteva; || una cosa non sapevano quando risoluti || impegnarono battaglia i combattenti || e pensarono a colpire da ogni parte, || a cercargli l'anima: quel malfattore || nessun ferro al mondo, non il migliore, || nessuna lama di guerra era propensa a scalfire || ma egli aveva fatto un sortilegio a ogni spada, || ad armi di vittoria. Il suo distacco || da quei giorni di questa vita || doveva esser miserando e l'essere d'altrove || viaggiare lontano in potere dei demoni; || e lui che molte sofferenze d'animo || aveva inferto al genere umano, || molte scelleraggini – nemico a dio – || scoprì che il corpo non voleva reggere || ma il coraggioso parente di Hygelac || lo teneva per la mano; era l'uno all'altro || odioso da vivo; soffrì dolore || l'orrendo avversario, fu manifesta sulla spalla || una ferita insanabile, si lacerarono i muscoli, || si spezzarono le giunture; Beowulf ebbe in sorte || gloria di guerra; Grendel malato a morte || dovette di là fuggire sotto poggi paludosi, || cercare dimora senza gioia, seppe per certo || che era raggiunto il termine della vita, || il conto dei giorni. Dopo la lotta cruenta || s'era adempiuto il desiderio a tutti Danesi. (2003)
  • Ripetutamente, || i guerrieri di Beowulf avanzarono per difendere || la vita del loro capo, menando la spada || come meglio potevano con le lame ancestrali. || Forti nell'azione, continuavano a colpire || da ogni parte, cercando di aprirgli un varco || fin dentro l'anima. || Quando si unirono alla lotta || c'era una cosa che non conoscevano, || che nessuna lama terrena, né arte di fabbro || poteva danneggiare il demone loro avversario. || Aveva stregato il taglio della lama affilata || di ogni spada. Ma la sua partenza || da questo mondo e dai giorni della vita || sarebbe stata per lui agonia, e il suo spirito straniero || avrebbe viaggiato lontano in balia dei nemici. || Poi colui che aveva tormentato i cuori || con pena e dolore in tempi passati || e aveva recato offesa persino a Dio || trovò che le forze del corpo lo lasciavano. || Il congiunto di Hygelac lo tenne impotente, || avvinto nella stretta. Finché uno dei due fu in vita || si odiarono reciprocamente. Il corpo intero || del mostro soffriva, una ferita tremenda || si aprì sulla spalla. Tendini si spaccarono || e la cassa delle ossa scoppiò. Beowulf ottenne || la gloria di vincere; Grendel fu cacciato || sotto gli argini della palude, fatalmente ferito, || al suo covo desolato. I suoi giorni erano contati, || la fine della sua vita lo stava raggiungendo, || lo sapeva per certo; un unico assalto sanguinoso || aveva adempito i desideri più cari ai Danesi. (2002, p. 69-70)
  • Allora molti dei cavalieri di Beowulf sguainarono le loro antiche lame, col desiderio di difender la vita del loro signore e padrone e principe famoso, se così avessero potuto. Non sapevano, giovani e valorosi guerrieri, mentre combattevano quella battaglia, e da ogni lato cercavano di ferire il nemico e di configgergli le spade negli organi vitali, che quell'agente del male non poteva toccarlo nessuna delle terrene spade guerriere, nessun oggetto, pur eccellente, fatto di ferro; non era possibile, perché lui aveva lanciato un incantesimo su ogni arma vittoriosa e su ogni lama. In quel giorno della sua vita terrena, il fato avverso aveva stabilito che lontana se ne sarebbe andata la sua anima, che lontano, verso il regno dei demoni, avrebbe viaggiato quello spirito straniero. Ora si rese conto, lui che prima aveva arrecato alla razza degli uomini molti dolori al cuore e molti torti – una faida con Dio egli aveva – che la potenza del suo corpo non gli avrebbe giovato, perché il valoroso congiunto di Hygelac lo serrava al braccio: odiosa all'uno era la vita dell'altro. Un acutissimo dolore al corpo ora pativa quel feroce uccisore e tremendo; una gravissima ferita gli apparve sulla spalla; i tendini si strapparono, scoppiarono le giunture delle ossa. A Beowulf fu concesso il trionfo nella lotta; di là, adesso, deve fuggire Grendel, colpito a morte, fuggire e nascondersi sotto i declivi delle paludi, verso i luoghi privi di gioia dove viveva. In quel momento seppe, con piena certezza che la fine della sua vita era giunta e che contate erano le ore dei suoi giorni. Terminato era quel combattimento mortale, compiuto era il desiderio dei Danesi. (2014, pp. 78-79)
  • si continuò a ripetere | che a nord e a sud, || fra un mare e l'altro, | sopra la terra immensa, || sotto la volta del cielo, | non c'era nessun altro || che valesse di più, | fra chi portava lo scudo, || né più degno di un regno. | Né rivolsero critiche || al loro amico e signore, | al gentile Hrōđgār: || era un grande re. (1987, pp. 73-75)
  • ripeterono in molti || che a sud né a nord fra i mari || sulla vasta terra nessun altro || c'era di migliore sotto la volta del cielo || fra gli armati di scudo, e più degno di regno; || eppure il loro signore e amico in niente ripresero, || il grazioso Hrothgar, ma era un grande re. (2003)
  • Da nessuna parte, dissero, a nord o a sud, || fra i due mari o sotto la volta del cielo || sulla vasta terra c'era uno più bravo || a sollevare lo scudo o reggere un regno. || Eppure non vi fu biasimo per il loro signore, || il nobile Hrothgar; egli era un buon re. (2002, p. 73)
  • Molti dichiarano, tra i Due Mari, nessun altro, sotto il cielo che tutto racchiude, che lo superasse tra quanti reggono lo scudo, e che fosse il più degno di ricevere il potere regale. In verità, però, nessuno sminuì, in nessuna cosa, il loro capo e signore, Hrothgar il cortese, perché era un buon re. (2014, p. 81)
  • «E adesso, Bēowulf, | guerriero senza pari, || ti vorrò bene | come a un figlio || tutta la vita. | Tienitelo da conto, || questo nuovo legame. | Non ti mancherà nulla || di quanto desideri al mondo, | per quanto sta in mio potere. || Spesso, per molto meno, | ho fatto regali, || trofei di tesori, | a più modesti guerrieri, || a uomini inferiori. | Ma tu, da solo, || hai compiuto un'impresa | che leverà la tua fama || fino alla fine del mondo.» (Hroðgar; 1987, p. 81)
  • «Ora io, Beowulf, || migliore degli uomini, ti voglio come figlio || amare nell'animo; tu serba bene da ora || la nuova parentela; niente ti mancherà || delle cose del mondo su cui io abbia comando; || spesso per meno ho accordato compenso, || onore di tesoro a minor guerriero, || inferiore in battaglia; tu stesso hai fatto || con le tue gesta che viva per sempre || la tua fama» (Hroðgar; 2003)
  • «E ora tu, Beowulf, il migliore tra gli uomini, al mio cuore sarai caro come un figlio; e d'ora innanzi abbi a cuore questo nuovo legame di parentela. Nulla ti sarà negato di ciò che desideri al mondo, di ciò che è in mio potere dare. Spesso, per azioni di meno conto, ho concesso ricompense e doni che davano onore a uomini più umili e meno arditi in battaglia. Tu, per te stesso, con le tue sole azioni, hai ottenuto che la tua gloria viva in eterno, di età in età.» (Hroðgar; 2014, p. 87)
  • Per questo l'intelletto || è per tutti la cosa migliore: | la preveggenza dello spirito. || Deve provare molto | piacere e molta pena, || chi pratica a lungo | del mondo di qui, || in questi giorni di affanni. (1987, p. 91)
  • sempre meglio è perciò il discernimento, || preveggenza della mente; molto deve provare || di grato e d'ingrato chi a lungo qui || in questi giorni di conflitto fa uso del mondo. (2003)
  • In ogni luogo e in ogni tempo le cose migliori sono quindi l'intelletto e il cuore che, prima d'agire, considera. Molte cose deve sopportare, dolci e amare, che per lungo tempo, in questi giorni turbati, gode la vita nel mondo! (2014, p. 93)
  • Fu presto manifesto | e noto in lungo e largo || che, dopo tante stragi | e dopo tanto tempo, || restava ancora in vita | un Vendicatore, || dopo le angosce di quella guerra. | La madre di Grendel, || una Donna Mostruosa, | rimuginava i suoi mali. || Era costretta a abitare | gli orrori delle acque, || le fredde correnti, | da quando Caino || aveva ucciso di spada | il suo unico fratello, || il figlio di suo padre. (1987, p. 111)
  • Divenne manifesto, || in largo noto agli uomini che un vendicatore || sopravviveva ancora al nemico da lungo tempo, || dopo la penosa guerra, la madre di Grendel, || l'avversario donna fu memore del dolore, || lei che doveva abitare il terrore delle acque, || le fredde correnti da quando Caino si fece || di spada assassino dell'unico fratello, || del congiunto paterno. (2003)
  • Presto fu chiaro, e noto tra gli uomini, che ancora viveva, sì, continuava a vivere, dopo quella gravosa lotta, un vendicatore che succedeva ora al loro nemico: la madre di Grendel, l'orchessa, un feroce distruttore in forma di donna. La desolazione era nel suo cuore, nel cuore di colei che era costretta a vivere nelle acque tremende, nelle gelide correnti, da quando Caino, armato di spada, si fece l'uccisore dell'unico fratello, parente suo per sangue di padre. (2014, pp. 106-107)
  • «Ho sentito narrare || dal mio popolo, dagli | abitanti delle campagne, || dai consiglieri | della mia reggia, || che ne hanno visti due, | di giganteschi Girovaghi || della marca, occupare | le paludi, due Mostri || di Fuori. Uno di loro, | per quanto chiaramente || riuscissero ad accertare, | somigliava a una donna. || L 'altro, di forme infelici, | correva sentieri d'esilio || in figura maschile: | solo, era assai più grande || di qualunque altro uomo.» (Hroðgar; 1987, pp. 117-119)
  • «Ho sentito dire dagli abitanti del luogo, || dalla mia gente, dai consiglieri della sala, || che essi hanno visto due di tali enormi || erranti della marca dimorare le paludi, || esseri d'altrove; di loro uno aveva, || come poterono con più certezza sapere, || aspetto di donna, l'altro miserabile || in forma d'uomo batteva sentiero d'esilio || se non ch'era più grande d'ogni altro uomo» (Hroðgar; 2003)
  • «Questo ho udito narrare, dagli abitanti della terra, dai miei vassalli nelle loro sale, sì, dire di come avessero visto due esseri possenti vagare per i luoghi aperti, abitatori delle brughiere, creature straniere. Di queste, per quanto poterono discernere, una aveva forma di donna; l'altra, essere creato per il male, in forma d'uomo percorreva le vie dell'esilio, ed era più grande di ogni essere umano.» (Hroðgar; 2014, p. 111)
  • «È meglio vendicare || ciascuno il suo amico, | che piangerlo troppo. || Ognuno di noi | dovrà vedere la fine || della sua vita mondana. | Chi può, si faccia una fama || prima della sua morte. | È la cosa migliore || che resti a uno del seguito, | quando non è più vivo.» (Beowulf; 1987, p. 123)
  • «meglio è per ognuno || vendicare l'amico che molto dolersi; || ciascuno di noi dovrà esperire una fine || della vita nel mondo; s'acquisti chi può || fama prima di morte, questo è il meglio || per un guerriero dopo, quando più non è vivo.» (Beowulf; 2003)
  • «Cosa migliore è per ogni uomo vendicare l'amico piuttosto che lamentarne a lungo la morte. Nel tempo fissato, per ognuno di noi verrà il termine della vita nel mondo; e chi può, si conquisti la fama prima della morte. Nulla di più alto può lasciare dietro di sé, quando muore, un cavaliere valoroso.» (Beowulf; 2014, pp. 114-115)
  • Scoprì subito, | chi aveva custodito || per cento stagioni | il letto dei flutti, || vorace come una spada, | feroce, rapace, || che un uomo venuto dall'alto | perlustrava il paese || delle Creature di Fuori. | Si lanciò ad afferrarlo, || strinse l'uomo di guerra | negli orribili artigli. || Ma non riuscì a penetrargli | nel corpo, intatto: all'esterno || era cerchiato di anelli, | cosi che non poteva || passargli la veste di guerra, | la cotta ammagliata sul petto, || con le sue dita odiose. | Allora la Lupa del lago, || calando verso il fondo, | si portò nella tana || il signore degli anelli: | che, perciò, non poteva, || per animoso che fosse, | maneggiare le armi; || e molte meraviglie | lo straziarono, in quegli abissi, || mille bestie marine | gli punsero la camicia di guerra || con i corni agguerriti, | gli minacciarono morte. (1987, p. 133)
  • s'accorse subito chi la distesa dei flutti || teneva famelica da cinquanta stagioni, || feroce e vorace, che un uomo || esplorava dall'alto la terra dei mostri; || gli s'avventò contro, afferrò il guerriero || in una stretta tremenda; tuttavia dentro non ferì || il corpo illeso, da fuori lo protessero gli anelli || così che non le riuscì di passare con dita ostili || la veste di guerra, la cotta intrecciata. || La lupa delle acque, quando giunse al fondo, || portò il principe degli anelli alla sua casa || così ch'egli non poté – per quanto coraggioso – || brandire armi ma tanti strani esseri || lo vessarono nell'acqua, bestie marine || lacerarono a zannate la cotta di guerra, || pressarono l'avversario. (2003)
  • D'un subito, la creatura che, con brama crudele, famelica e cupa, per cento stagioni aveva retto quell'equoreo reame, percepì che, dall'alto, un uomo era disceso per vedere la dimora degli esseri inumani. Allora lo ghermì, afferrò l'audace guerriero tra le sue grinfie tremende. Ma non poté giungere a ferirgli il corpo, che rimase intatto: la cotta di maglia lo avvolgeva e proteggeva, sì che ella, con le dita crudeli, non poté penetrare la camicia di anelli di ferro che egli indossava per la battaglia. Poi, lei, quella lupa delle onde, spingendosi verso il fondo del mare, trascinò con sé, nella propria dimora, il principe rivestito di ferro. E egli non riuscì a usare le armi – che ira ne provò! – perché infiniti, strani mostri lo tormentarono e gli diedero pena mentre nuotavano, e molti animali marini, con zanne feroci, cercarono di laceragli l'usbergo; era incalzato e circondato da distruttori malvagi. (2014, p. 121)
 
Beowulf combatte la madre di Grendel
  • Lui si affidò alla sua forza, | alla potenza del pugno. || Cosi bisogna fare | quando si va allo scontro || sognando una fama durevole: | non si pensa alla vita. || Poi afferrò per la spalla | la madre di Grendel || (non rimpiangeva la faida), | il principe dei Geati di Guerra. || Scaraventò (schiumava), | indurito dalle battaglie, || la Nemica della sua vita, | che si abbatté sul suolo. || Ma subito si alzò: | lo ripagò con un colpo || delle grinfie crudeli, | lo riacchiappò. Stremato || nell'animo, inciampò | il più forte dei guerrieri, || e fini per cadere | combattendo appiedato. || Gli si sedette sopra, | all'intruso nella sua casa, || e tirò fuori un coltello, | largo, di lama lucida: || voleva vendicare | il figlio, la sua sola || creatura. Sopra le spalle | di lui si stendeva la rete || di maglia per il petto | e gli salvò la vita: || di punta o di taglio, | non le permise di entrare. || Sarebbe certo perito, | il figlio di Ecgþēow, || sotto la terra immensa, | il campione dei Geati, || se non l'avesse soccorso | la cotta di battaglia, || la dura rete di guerra, | e se Dio santo || non gli avesse concesso | vittoria in quello scontro. || Il Signore sapiente, | il Rettore dei cieli, || decise facilmente | per la giustizia, appena || lui si rimise in piedi. || Vide, su un mucchio di arnesi, | una lama dotata || di vittoria, una spada | antica di giganti; || un segno di prestigio | per qualunque guerriero, || la perla delle armi. | Soltanto, era più grande || di quante mai nessuno | avrebbe potuto portarne || nei giochi della battaglia: | preziosa e bella, || un lavoro titanico. | Afferrò l'elsa a cappio, || il temerario Scylding: | inferocito, crudele || come una spada, | sguainò Tarma ad anello, || colpi con forza, | disperando della sua vita, || cosi che la raggiunse | duramente alla gola. || Si ruppero gli anelli | delle ossa: la lama || traversò fino in fondo | la casa condannata || della carne. La donna | crollò sul pavimento. || La spada era cruenta, | e il guerriero contento || di quanto aveva fatto. (1987, pp. 135-139)
  • fidò nella forza, || nella potente presa della mano; così deve fare uomo || quando intende guadagnare in guerra || lode duratura; non si cura della vita. || Il Geata della Guerra afferrò per la spalla || – non temette la faida – la madre di Grendel; || tirò, l'ardito in battaglia, poiché era adirato, || la nemica mortale così ch'ella rovinò al suolo; || lei subito gliene diede contraccambio || con le feroci grinfie e l'afferrò di rimando; || barcollò stremato il più forte dei guerrieri, || il combattente a piedi così che cadde; || lei si scagliò sull'ospite e sguainò il coltello, || largo e di lama lucente, voleva vendicare il figlio, || l'unico nato; gli era sulla spalla || la rete intessuta, gli protesse la vita, || a punta e lama impedì l'entrata. || Sarebbe perito il figlio di Ecgtheow || sotto il vasto suolo, il guerriero geata, || se la cotta di maglia non gli era d'aiuto, || il duro giaco – ma il santo dio || aggiudicò la vittoria, il saggio signore, || il rettore dei cieli decise con giustizia || facilmente quando egli fu di nuovo in piedi. || Vide allora fra le armi una spada vittoriosa, || antica lama di giganti possente di taglio, || onore di guerrieri; era la migliore delle armi || se non che era più grande di quanto ogni altro uomo || potesse portare in gioco di guerra, || forte e splendida, opera di titani; || egli afferrò l'elsa, il guerriero degli Scylding || feroce e furente sguainò la spada adorna || disperando della vita, adirato vibrò || così che dura essa la colse al collo, || ruppe gli anelli d'ossa, la lama tutta passò || il corpo segnato; lei cadde al suolo; || la spada era insanguinata; egli gioì dell'opera. (2003)
  • Confidava egli nella propria forza e nella stretta delle proprie mani possenti. Tale sarà sempre la fede d'un uomo, quand'egli pensa di conquistarsi una gloria imperitura nella guerra: per nulla lo turberà il pensiero della morte. Allora il Principe dei cavalieri geati afferrò per i capelli la madre di Grendel, senza provar rimorso per quell'atto crudele, e trascinò giù quel quel nemico mortale, poiché ora egli, feroce nella guerra, era ricolmo d'ira; e la fece ripiegare al suolo. Essa di nuovo, rapida, gli rispose e, dibattendosi, lo ghermì crudelmente. Allora, col cuore ricolmo di disperazione, barcollò il fortissimo guerriero, il campione dell'esercito, e a sua volta fu abbattuto. E lei gli fu sopra, all'invasore della sua sala, ed estrasse un pugnale la cui lama era ampia e brunita: pensava di vendicare il figlio, il suo unico figlio. Dalle spalle gli scendeva sul petto la rete di maglia intrecciata e fu questa che gli protesse la vita, impedendo l'ingresso alla punta e alla lama. In quell'ora, sotto l'ampia terra, una fine crudele avrebbe raggiunto il figlio di Ecgtheow, il campione dei Geati, se non gli fosse venuta in soccorso, nella lotta e nella contesa, la lorica, la robusta rete di maglia: fu il Santo Dio che decise la vittoria in quella battaglia. Il Signore che tutto vede, che governa l'alto dei cieli, si schierò, senza aver dubbi, dalla parte del giusto, nel momento in cui Beowulf alzò di scatto.
    Ascoltate! Tra gli apparecchi di guerra che erano là egli notò una spada dotata degli incanti della vittoria, una lama gigantesca, antica, col taglio duro, l'orgoglio dei guerrieri: l'arma più perfetta, più grande di qualsiasi arma che uomo mai brandisse nel teatro della guerra, oggetto nobile e prezioso, opera dei giganti. Ora egli ne strinse l'elsa ad anello, il campione della causa degli Scylding, e con animo feroce e crudele rapido mosse quella lama adorna d'anelli; disperando della vita, colpì con ira grande e raggiunse lei nel collo, con violenza, tanto che le giunture delle ossa fremettero. Sino all'osso la lama penetro in quel corpo, già condannato. Ella si abbatté al suolo. Bagnata era la spada. Per quell'atto gioì nel cuore il cavaliere. (2014, pp. 123-125)
  • «È una storia mirabile, | come il potente Dio || con largo intendimento | entro la specie degli uomini || spartisca l'intelletto, | i titoli, le terre. || Tutto appartiene a lui. | A volte, sull'amore || permette che si aggiri | il pensiero animoso || di un uomo di gran nascita. | O gli concede, in patria, || le gioie di una terra | da reggere, una rocca || che difenda i suoi uomini. | O mette in suo potere || intere regioni del mondo, | immensi regni, || cosi che lui da sé | non sa, per sua insipienza, || immaginarvi un termine. | Si adagia fra le feste || e non indugia in lui | vecchiezza o malattia, || né lutti maligni | gli abbuiano i sensi, || né mai l'inimicizia | gli ostenta astio di spade. || Ma il mondo intero | gira a suo genio». || «Non sa nulla di peggio, | finché dentro di lui || non germina e non cresce | un seme di idee superbe, || mentre dorme il guardiano | il pastore dell'anima. || Quel sonno è troppo duro, | avvinto dagli affanni, || e l'Assassino assai prossimo, | che scocca a tradimento || le frecce dal suo arco. | Allora lo colpisce, || sotto l'elmo, alle viscere | un'amara saetta || (non se ne sa difendere): | i misteriosi e perversi || comandi del perfido Mostro. | Gli pare troppo poco, || avere regnato a lungo. | È cupido, ha pensieri || rabbiosi, e non regala | più, per farsene un vanto, || anelli laminati. | Scorda, cosi, e trascura || il destino futuro | che Dio gli aveva assegnato, || a suo tempo, il Padrone | della gloria, il suo lotto || di segni di prestigio. | Accade finalmente || che, sull'ultima runa, | la casa del suo corpo, || che è effimera, si sfasci; | e crolli, condannato. || Un altro gli succede, | che senza alcun rimpianto || spartisce i suoi gioielli, | le antiche ricchezze del conte; || non si fa spaventare. || Difenditi dalla violenza || di queste sciagure, | mio caro Bēowulf, || il migliore degli uomini, | e scegliti di meglio: || vantaggi immortali. | Non cedere a pensieri || superbi, illustre guerriero. | Oggi, la fama || della tua forza | durerà un certo tempo; || poi verrà in fretta | la malattia o la lama || a mutilarti delle tue forze, | o la stretta del fuoco, || o il vortice della marea, | o il morso della spada, || o il volo della lancia, | o l'orrenda vecchiaia; || o la luce degli occhi | ti si farà buia e fiacca, || Arriverà ben presto, | cortigiano, la morte, || che è più forte di te.» (Hroðgar; 1987, pp. 151-157)
  • «È meraviglia dire || come dio possente nel suo ampio spirito || alla stirpe degli uomini spartisce sapienza, || terra e rango; egli su tutto ha potere; || a volte lascia che si volga alle sue brame || la mente d'uomo di stirpe famosa, || gli dà in patria gioia di terra, || fortezza d'uomini da reggere, || gli rende soggette regioni della terra, || un ampio regno, così che egli stesso || non sa per sua follia concepirne la fine; || vive nell'abbondanza; non lo intralcia || malattia o vecchiaia né triste affanno || gli offusca l'animo né mai contesa || si manifesta in odio di lame, ma tutto il mondo || gira a suo piacere; non conosce il peggio. || Molta superbia infine dentro || gli cresce e aumenta quando dorme il custode, || il guardiano dell'anima; troppo profondo è il sonno, || oppresso da affanni, assai vicino l'assassino || che dall'arco malevolmente scocca; || è allora colpito nel petto sotto l'elmo || da aguzza freccia – non se ne sa difendere – , || da perfide insinuazioni dello spirito maligno; || gli sembra troppo poco quello che a lungo ha tenuto, || brama rabbioso, anelli laminati || non dà per suo vanto e la sorte futura || dimentica e spregia quanto dio gli ha dato, || il signore della gloria, la parte d'onori; || da ultimo poi accade || che il corpo declina caduco, || cade segnato; un altro gli subentra || che senza remore le ricchezze dispensa, || l'antico tesoro dell'uomo, non ne ha timore. || Difenditi da quel male, Beowulf caro, || migliore degli uomini, e scegliti il meglio, || eterno guadagno; guardati da superbia, || guerriero famoso; la gloria della tua forza || durerà ora qualche tempo; ma presto sarà || che morbo o spada dal vigore ti separi || o morsa di fuoco o piena di flutti || o assalto di lama o volo di lancia || od orrenda vecchiaia, o la chiarezza degli occhi || si farà fioca e scempia; presto sarà, || guerriero, che ti soverchi la morte.» (Hroðgar; 2003)
  • «Meravigliosa cosa è dire come il possente Dio, secondo i suoi profondi disegni, distribuisca alla razza degli uomini saggezza, terre e la condizione della nobiltà; di tutte le cose Egli è il Signore. A volte Egli permette che il pensiero e il cuore di un uomo di una famosa casata si muovano nel pieno piacere, a lui concede la gioia terrena di un reame, il governo di uomini nella sua città cinta da mura, gli dà il dominio delle regioni della terra, di un regno tanto vasto che egli, nella sua poca saggezza, non sa neppure concepirne i possibili confini. Nell'abbondanza egli vive, non lo molestano né vecchiezza ne malattia, né la nera angoscia gli affligge l'anima, né, in alcun luogo, l'odio assassino è generato da lotte; il mondo si muove secondo quanto egli desidera! Di un fato infausto egli nulla conosce, sinché il seme dell'arroganza cresce e si fortifica. Allora dorme la sentinella, il guardiano dell'anima; troppo profondo è quel sonno, avvolto da affanni; vicinissimo è l'uccisore che, con malvagità, scocca la freccia dall'arco. Allora egli, che non tiene alta la guardia, è colpito al cuore da una freccia amara, gli ordini perversi e strani dello spirito maledetto: non se ne può difendere. Troppo limitato gli pare ora ciò di cui a lungo ha goduto, l'avidità gli riempie il buio cuore e non più distribuisce anelli laminati d'oro per acquistarsi fama; e l'oscuro destino che incombe egli lo scorda, non se ne dà cura, perché prima Dio, il Signore della gloria, gli aveva concesso una larga parte d'onore. Nel giorno estremo, però, ecco che la sua veste di carne, essendo mortale, cede e precipita nella morte che per essa era stata fissata. Gli succede un altro, il quale eredita tutto e, senza pensarci, disperde le sue cose preziose, i tesori di quell'uomo, a lungo accumulati: non ne teme l'ira! Difenditi da questa malvagità, caro Beowulf, il migliore tra i cavalieri, e per te scegli la parte migliore, gli avvisi di un valore che dura per sempre; non tollerare che l'orgoglio macchi, campione, la tua fama! Per un poco, adesso, è in fiore il tuo valore ma presto accadrà che della tua potenza ti depredino la malattia o la spada o l'abbraccio del fuoco o l'onda dell'acqua o il morso della spada o il volo della lancia, o la vecchiezza tremenda; e allora il lampo che ti arde negli occhi si offuscherà e si spegnerà, e presto accadrà, fiero cavaliere, che la morte ti abbatterà.» (Hroðgar; 2014, pp. 135-137)
  • [Su Hroðgar] È stato un principe unico, | senza nessun difetto, || finché l'età, che provoca | tanti disastri a molti, || gli sottrasse i piaceri delle forze. (1987, p. 165)
  • [Su Hroðgar] era un re senza pari || in tutto irreprensibile, finché della gioia della forza || lo privò la vecchiaia, che spesso a molti apportò danno. (2003)
  • [Su Hroðgar] Non ebbe mai rivali quel re, nessun difetto mai, sinché l'età non lo privò dalla sua forza gioiosa - ciò che spesso colpisce un uomo. (2014, p. 145)
  • [Su Þryð] Non erano rituali, || questi suoi, da regina, | decenti in una donna || (per quanto eccezionale), tessitrice di pace: || pretendere la vita, | per rabbie immaginarie, || degli uomini che amava. (1987, p. 171)
  • [Su Þryð] non è da regina || tenere quest'uso, benché donna impareggiabile, || che una tessitrice di pace per insulto presunto || privi un caro uomo della vita. (2003)
  • [Su Þryð] Dovrebbe esser una tessitrice di pace per gli uomini, non circondare la vita dell'uomo amato con racconti menzogneri e maligni. (2014, p. 149)
  • Ma è sempre molto raro || che resti ferma un attimo |dopo la morte di un uomo || la lancia che l'ha ammazzato, | per quanto conti una sposa. (1987, p. 177)
  • Assai di rado accade || dopo la disfatta d'un popolo che anche per poco || riposi l'asta letale benché valga la sposa. (2003)
  • Vediamo spesso, però, che, in qualsiasi luogo, quando un principe cade, è raro che a lungo s'intenerisca la lancia assassina, per quanto nobile sia la sposa! (2014, pp. 153-155)
  • Così agì bravamente, | il figlio di Ecgþēow, || noto per le sue guerre | e per i grandi gesti: || si conquistò la sua gloria. | Non ammazzava, certo, || ubriaco, i compagni | delle sue stanze: in lui || non c'erano torbidi istinti. | Teneva, invece, a freno || la forza più grande | del genere umano, || l'immenso e duraturo | dono che Dio gli aveva || concesso, strenuo | in battaglia. || Era stato || a lungo disprezzato: | non lo consideravano || grande, i figli | dei Geati; sopra i banchi || dell'idromele | il signore dei Wedera, || non si era mai degnato | di fargli troppo onore. || Erano tutti convinti | che fosse un infingardo: || un principe, ma debole. | Da tutti questi insulti || era poi intervenuta | una svolta, per lui, || dotato [com'era] di gloria. (1987, p. 189)
  • Così diede prova di valore il figlio di Ecgtheow, || uomo famoso per guerre, per grandi imprese; || perseguì gloria, ebbri non uccise || i compagni di focolare, non ebbe animo feroce || ma con la più gran forza tra gli uomini || resse, il valoroso, l'ampio dono || che dio gli aveva fatto. Fu a lungo abietto || tanto che i figli dei Geati non lo tennero per forte || né il signore delle schiere volle rendergli || molto onore sulla panca dell'idromele; || assai credevano che fosse indolente, || un principe fiacco; venne una svolta || all'uomo famoso per tutti gli affanni. (2003)
  • Così il figlio di Ecgtheow, celebre in battaglia, mostrò la propria virilità con nobili gesta, portandosi in modo onorevole. Mai, seduto a bere, abbatté i compagni del suo focolare; il suo non era un cuore crudele e, con la potenza più grande, egli sempre amministrò i doni copiosi che Dio gli aveva concesso, a lui, guerriero audace. Per lungo tempo era stato disprezzato, poiché i figli dei Geati non lo consideravano degno d'onore, né il re del popolo che ama il vento voleva concedergli un posto d'onore tra i seggi dove gli uomini bevono l'idromele. Sospettavano fosse di temperamento fiacco, privo di spirito d'iniziativa, sebbene nobile fosse la sua nascita. Ora era giunto, per lui uomo benedetto dalla gloria, un mutamento, la fine d'ogni sua pena di cuore. (2014, p. 163)
 
Lo schiavo deruba il Drago
  • [Sul drago] Da sempre il suo uso è ghermire i tesori che trova nella terra; e là, reso saggio dai molti anni, egli sorveglia l'oro pagano – il quale non gli arreca beneficio alcuno.
    Così, per trecento inverni, quel predatore degli uomini aveva vegliato sotterra quella casa del tesoro, facendosi forte; sinché qualcuno gli riempì d'ira il cuore, un uomo che al suo signore portò un calice laminato d'oro, ricercando dal padrone tregua e perdono. (2014, p. 169)
  • Quando il drago si svegliò, vi fu nuova sventura. || Guizzò giù per la roccia, contorcendosi dall'ira || vedendo le orme del predone che aveva || rubato tanto vicino alla sua testa assonnata. || Così un uomo non segnato dalla sorte può || facilmente sfuggire all'esilio e al dolore || per grazia di Dio. (2002, p. 147)
  • Allora si ridestò il serpente! E una nuova lotta principiò. Annusò i dintorni della roccia e, col cuore feroce, rinvenne l'orma del nemico, di lui che, furtivamente, aveva camminato vicino, sì, vicinissimo alla testa del drago. Così, se gode il favore di Dio, un uomo il cui destino non è ancora la morte può facilmente sfuggire al dolore e alla sorte avversa! (2014, p. 171)
  • Sottoterra il mostruoso guardiano, avido e pronto alla lotta, antico, teneva quei tesori dorati – conquistarli non era un facile acquisto, per un uomo. Sul promontorio ora sedette il re provetto in battaglia, dal quale i Geati ricevevano amore e regali d'oro, e disse addio ai compagni del suo focolare. Aveva lo spirito pesante, perché inquieto s'affrettava verso la morte: era invero vicinissimo il fato che stava per assalire quel vecchio, per attaccare l'anima ben difesa e separare la vita dal corpo – non per lungo ancora sarebbe stato intralciato dalla carne lo spirito del principe. (2014, p. 179)
  • «In gioventù affrontai ardito molte azioni di guerra e ancora, vecchio difensore del mio popolo, io ricercherò la lotta e ne otterrò la fama, se quell'agente di male e di rovina uscirà dalla sua casa di terra per incontrarmi.» (Beowulf; 2014, pp. 184-185)
  • «Non cederò di un sol passo dinanzi al guardiano del tumulo; e sul pendio del colle accadrà a noi due ciò che il Fato, l'Arbitro d'ogni uomo, ha per noi decretato. Impavido è il mio cuore, e contro questo nemico alato voglio astenermi da ogni minaccioso vanto.» (Beowulf; 2014, p. 185)
  • «Col mio valore io conquisterò l'oro; se no, la guerra, crudele e malvagia e mortale, si prenderà il vostro principe.» (Beowulf; 2014, p. 185)
  • Non si rovescia mai, || la parentela, in chi ragiona bene. (1987, p. 220)
  • In una mente virtuosa, nulla può annullare la parentela. (2014, p. 189)
  • I tesori, l'oro celato nella terra, possono facilmente travolgere il cuore di ciascun uomo – se ne guardi chi vuole! (2014, p. 199)
 
La morte di Beowulf
  • «Non posso fermarmi oltre. E voi, uomini famosi in guerra, ordinate che per me, quando sarà pronta la pira su un promontorio che si protende nel mare, si eriga un tumulo che si veda chiaramente. Alto dovrà torreggiare su Hronesnæs, un monumento per il mio popolo, che i viaggiatori sul mare chiameranno dipoi il Tumulo di Beowulf, sì, anche quelli che di lontano spingono innanzi, veloci, le loro grandi navi sulle onde dell'oceano.» (Beowulf; 2014, pp. 201-203)
  • «Il fato ha spazzato via tutti i miei congiunti, li ha portati al destino che era loro assegnato, uomini nobili e valorosi – e ora io debbo seguirli!» (Beowulf; 2014, p. 203)
  • «Meglio la morte, | per chiunque di noi, || che una vita di vergogna.» (Wiglaf; 1987, p. 245)
  • «Per l'uomo di valore è più dolce la morte di una vita d'onta!» (Wiglaf; 2014, p. 207)

Explicit modifica

Originale modifica

swá begnornodon | Géata léode
hláfordes hryre, | heorðgenéatas:
cwaédon þæt hé waére | wyruldcyning
manna mildust | ond monðwaérust
léodum líðost | ond lofgeornost
.

Koch modifica

Così lamentarono,
i principi geati, | la morte del loro signore,
i compagni delle sue stanze. | Dissero che era stato,
fra tutti i re del mondo, | il più generoso con i suoi
e il più cortese degli uomini, | il più gentile con la sua gente,
e il più smanioso di gloria.
[Beowulf, traduzione di Ludovica Koch, Collana i millenni, Torino: Einaudi, 1987]

Tolkien modifica

Così il popolo dei Geati, i compagni del suo focolare, lamentarono la caduta del loro sovrano, dicendo tra le lacrime che egli era sempre stato, tra i re della Terra, il più generoso degli uomini e il più cortese verso gli uomini, il più gentile verso il suo popolo e il più desideroso di lode.
[Beowulf, traduzione in inglese di J. R. R. Tolkien, traduzione dall'inglese di Luca Manini, Milano: Bompiani, 2014, ISBN 9788845278051]

Citazioni su Beowulf modifica

Neil Gaiman modifica

  • A volte penso che le storie siano come gli animali. Alcune normali, altre rare, altre ancora in via d'estinzione. Ci sono storie antiche come squali e storie tanto nuove su questa terra come gli esseri umani o i gatti.
    Cenerentola, per esempio, è una fiaba che, nelle sue varianti, si è diffusa in tutto il mondo con lo stesso successo dei topi o delle cornacchie. La troverete in ogni cultura. Poi ci sono storie come l'Iliade che mi fanno venire in mente le giraffe, insolite eppure immediatamente riconoscibili ovunque compaiano o vengano raccontate. Ci sono, devono esserci, storie che si sono estinte, come il mastodonte o la tigre dai denti a sciabola, di cui non sono rimaste neppure le ossa: storie defunte, allorché le persone che le raccontavano sono morte e non potevano più narrarle, o storie che, da tempo dimenticate, hanno lasciato solo dei frammenti fossili di loro stesse in altri racconti. Del Satyricon non ci è pervenuta che una manciata di capitoli.
    Con estrema facilità, Beowulf sarebbe potuta essere una di quelle.
    Perché una volta, ben più di mille anni fa, la gente raccontava la storia di Beowulf. Poi il tempo passò e la storia fu dimenticata. Come un animale di cui nessuno si era accorto che si fosse estinto o quasi. Perso dal folclore orale, venne preservato da un unico manoscritto. I manoscritti sono fragili e vengono prevedibilmente distrutti dal tempo o dal fuoco. Il manoscritto di Beowulf ha segni di bruciature.
    Ma è sopravvissuto...
    E quando fu riscoperto, cominciò lentamente a riprodursi, come una specie in via d'estinzione che viene riportata alla vita.
  • Beowulf è una delle più antiche storie che esistono. Dei tempi quando si raccontavano storie attorno al fuoco sulle cose nell'ombra.
  • La gloria di una cosa come Beowulf è che si può reinterpretare. E credo che questa sia la forza di questa vecchia storia.

Ludovica Koch modifica

  • Il Beowulf, lo vedremo, ha una reale complessità intellettuale. I suoi strumenti di rappresentazione sono raffinati e sensibili. Le sue abitudini mentali sono anche relativistiche e ironiche. È dunque proprio l'insolita direttezza della sua storia a disturbare la comprensione.
  • Questo poema racconta una storia semplice e significativa, e almeno un'altra complicata e nascosta. La storia semplice è una vicenda di mostri, di paura fisica e di controllo della paura. Un ragazzo straordinariamente forte si mette per mare con l'idea di andare a sbarazzare la reggia di un altro paese da un Orco devastatore e assassino. E poi costretto a combattere pericolosamente anche la madre dell'Orco. Lo stesso ragazzo, diventato vecchio e re, parte molto più tardi (ugualmente da solo) per affrontare un drago di fuoco e strappargli un prodigioso tesoro. Tanto lui che il drago muoiono nell'impresa, e il tesoro finisce per non servire a nessuno.
  • Una delle scene più impressionanti del poema, la colluttazione fra Bēowulf e Grendel, è raccontata addirittura dall'esterno della reggia, e solo nelle sue conseguenze o nelle sue manifestazioni estreme. Come se il narratore non avesse retto, e fosse scappato con gli altri danesi terrorizzati a rifugiarsi sulle mura. Si vedono le panche divelte che schizzano via dalla soglia; si sentono il fracasso, le pareti che tremano, il terribile ululato del Mostro.

David Quammen modifica

  • L'elemento che dà a Beowulf la sua suprema e arcana tensione è, nonostante il tono esplicitamente cristiano della voce del poeta, con le sue notazioni sulla «stirpe di Caino» e i pii accenni al «Signore della Vita», l'assenza di un finale cristiano. Non c'è salvezza eterna per il protagonista, solo eroismo, gloria e morte. La stupenda asprezza del vecchio materiale leggendario non è stata interamente assorbita dal nuovo credo.
  • Perché Beowulf colpisce maggiormente? Penso per tre ragioni. Primo, perché abbiamo l'opera completa, non solo frammenti, tramandata in un unico manoscritto degli anni intorno al 1000 d.C., ora custodito nel British Museum. Secondo, perché (almeno agli occhi di lettori occidentali) il mondo delle tribù germaniche altomedievali, con le loro sale di convisto, le loro spade, matrimoni politici e banchetti e bevute, sembra molto più vicino della Babilonia e dell'India antiche e finanche la Grecia preomerica. Terzo, perché l'eroe è così intensamente umano che diventa vecchio e anche saggio, ma non tanto saggio da ammettere il dileguarsi delle sue forze e da resistere alla tentazione di un estremo cimento.
  • Un film come Alien Resurrection è letteratura? No, ma certamente partecipa al processo con cui percezioni e ansie mitiche vengono rafforzate. Anche Beowulf, ai suoi tempi, era una forma di divertimento popolare.

Bibliografia modifica

Voci correlate modifica

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