Bernardo Valli: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Bernardo Valli==
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*Acclamato nei comizi al grido di "Arik, re d'Israele", [[Ariel Sharon|Sharon]] pensa probabilmente a se stesso come a un Churchill o a un De Gaulle destinato a salvare il paese dal disastro e dal disonore. Ma alla sua indubbia popolarità non corrisponde un eguale peso politico.<ref name="muscoliperes">Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/11/16/muscoli-di-peres.html?ref=search ''I muscoli di Peres''], ''la Repubblica'', 16 novembre 1985.</ref>
*[[Ariel Sharon|Sharon]] è un uomo politico che suscita applausi, approvazioni, ma che ottiene per fortuna, almeno per ora, pochi voti. E questo atteggiamento è forse rivelatore di quel che si agita negli animi di molti israeliani: da un lato l'intransigenza che spinge a rifiutare la minima concessione ai palestinesi, a non abbandonare un solo brandello della Cisgiordania occupata, dall'altro una certa esitazione ad affidare la gestione di quella intransigenza a uomini come Sharon, che la sbandierano con tracotanza e domani l'amministrerebbero pericolosamente.<ref name="muscoliperes"/>
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*L'ex ufficiale del Kgb ha agito con strumenti a lui familiari. Una soluzione rapida avrebbe avuto un prezzo. L'uso dei gas avrebbe provocato una strage. Ma le conseguenze sarebbero state meno gravi, politicamente, di un cedimento, o anche di una lunga attesa, al fine di preparare un' operazione più mirata. Meglio dunque colpire subito, con un' arma non certo da paese in cui vige lo stato di diritto, diciamo pure con uno strumento vile, quale è il gas iniettato nel teatro sulla via Dubrovska. Un gas rivelatosi letale per amici e nemici, per terroristi e ostaggi, per carnefici e vittime. Un gas che ha risparmiato soltanto coloro che l'hanno usato.
*Non si deve trattare con il terrorismo, ma neppure cercare di estirparlo col terrore. Il rischio è di arrivare a qualcosa che assomiglia a un suicidio, come è appunto avvenuto nella Mosca di Putin. Meglio dedicarsi a cercarne le cause e tentare di eliminarle. In Cecenia, in Palestina e altrove.
 
{{Int|1=Da [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/05/05/ultima-battaglia-antica.html?ref=search ''L'ultima battaglia antica'']|2=''la Repubblica'', 5 maggio 2004}}
[[File:Vittoria a Dien Bien Phu.jpg|thumb|[[Battaglia di Dien Bien Phu]]]]
*Cinquant'anni fa, nel cuore dell'Asia, in un punto strategico del Tonchino settentrionale, sul territorio vietnamita ma a ridosso del Laos, e a una certa distanza dal confine con la Cina, si svolse l'ultima battaglia antica dell'epoca moderna. Il suo nome mitico, [[Battaglia di Dien Bien Phu|Dien Bien Phu]], tradotto alla lettera diventa burocratico. ''Dien'' in vietnamita significa grande; ''Bien'' frontiera; ''Phu'' è un capoluogo amministrativo. Dien Bien Phu vuol dunque dire Grande Centro Amministrativo di Frontiera. La battaglia, in quella località battezzata da mandarini senza fantasia e abitata da pacifici coltivatori d'oppio, durò cinquantasei giorni, tra metà marzo e i primi di maggio del 1954: e se non cambiò subito, direttamente, la storia del mondo, come altre battaglie rimaste nella memoria, essa annunciò, con un enorme spargimento di sangue e un altrettanto disperato coraggio da entrambe le parti, i mutamenti che nel mondo si sarebbero prodotti in un futuro non tanto lontano.
*Quel giorno di maggio, al momento della resa, [[Christian de Castries|de Castries]] accolse i vincitori tenendo alto il naso d'aquila che appuntiva il suo viso, e sforzandosi a sporgere il mento non troppo pronunciato. Era un suo atteggiamento nei momenti difficili, quando cercava di fingere l'indifferenza. Ma i testimoni raccontarono che la palpebra pesante, cui doveva l'abituale espressione tra l'assorto e lo sprezzante («da seduttore di garden party», secondo chi non lo prendeva troppo sul serio) era molto più abbassata del solito, quasi chiudeva il suo sguardo, come una saracinesca.
*Dien Bien Phu fu una disfatta francese, ma anche una pagina militare onorevole, coraggiosa nella storia dell'esercito francese. Nel ricordarla non si può tuttavia non scendere nei particolari perché quella fu una battaglia «all'antica», in cui l'onore aveva le sue regole.
*Per vincere la battaglia di Dien Bien Phu, Giap si era servito dell'arte della guerra imparata nelle foreste e nelle risaie del Viet Nam. I suoi studi erano stati di tutt'altra natura. All'università di Hanoi aveva frequentato disordinatamente corsi di legge e di filosofia. La sua passione era la storia. E nella storia aveva incontrato due maestri: Alessandro Magno e Napoleone. Dei quali aveva tratto insegnamenti che aveva poi adeguato alla sua realtà. Un altro suo ispiratore nell'arte della guerra era il Mao Tse Tung che non si accaniva contro i punti inespugnabili del nemico, che evitava le battaglie dall'esito incerto, che si sottraeva alla forza dell'avversario, e che sapeva mobilitare i contadini con parole d'ordine semplici, elementari, e cariche di passione.
*La scena della resa, nel bunker del generale de Castries, quel 7 maggio 1954, prefigura la scena del 30 aprile 1975, a Saigon: quella in cui l'ambasciatore americano con la bandiera sotto il braccio sale su un elicottero, posato sul tetto dell'ambasciata, che subito s'invola, mentre i soldati di Giap, non più con i sandali di gomma logora ma con i carri armati, stanno per sommergere la capitale del Sud. I militari francesi, come quelli americani ventun anni dopo, pagarono gli errori commessi nel valutare gli avversari.
 
{{Int|1=Da [http://www.repubblica.it/2004/j/sezioni/esteri/moriente12/nebbiarais/nebbiarais.html?ref=search ''Yasser Arafat. L'agonia di un simbolo'']|2=''la Repubblica'', 29 ottobre 2004}}
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*Gli Stati Uniti non hanno grandi interessi nel paese del Maghreb, mentre una destabilizzazione della Siria, nel cuore del Mashrek, l'Oriente arabo, avrebbe serie ripercussioni in Iraq, in Libano e in Israele, dove si è riluttanti a cambiare i pur difficili interlocutori di Damasco. Un governo sunnita sarebbe molto meno graditoa Gerusalemme. Inoltre la Siria ha in comune con la Turchia, membro della Nato, un confine e una popolazione curda che potrebbe risentirne. La stessa Arabia Saudita, in preda a contestazioni interne, non gradirebbe il crollo di un altro regime arabo. E l'Iran, alleato della Siria, coglierebbe l'occasione per inserirsi in disordini interni se a Damasco dovesse succedere a quello di Assad un regime sunnita, non gradito alle minoranze sciite, e alla setta degli Alauiti, alla quale appartiene la famiglia Assad. Per questi ed altri motivi gli Stati Uniti non hanno chiesto le dimissioni di Assad, mentre esigono con insistenza quelle di Gheddafi.
*Le sanzioni hanno colpito il Servizio di intelligence siriano e le unità paramilitari iraniane (le Guardie della rivoluzione) che avrebbero fornito gas lacrimogeni ed altri strumenti utili nella repressione alle autorità di Damasco.<br>Gli Stati Uniti e gli europei non esigono tuttavia le dimissioni del presidente Bashar el-Assad, per non turbare i difficili equilibri mediorientali. E ancor meno hanno pensato a un intervento militare. Gheddafi è invece isolato. A parte il petrolio, in larga parte in mano agli insorti di Bengasi, ha poche carte da giocare nella società internazionale.
 
{{Int|1=Da [https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/10/05/addio-al-generale-giap-libero-due-volte.html?ref=search ''Addio al generale Giap liberò due volte il Vietnam'']|2=''la Repubblica'', 5 ottobre 2013}}
*[[Võ Nguyên Giáp|Vo Nguyen Giap]] era un generale autodidatta con le qualità di un grande capo militare. Le sue straordinarie doti, nel comando, nella logistica, nella tattica, l'hanno elevato al rango dei più celebrati generali del secolo scorso. È stato giudicato dai suoi avversari, da lui sconfitti, della stessa stoffa di un MacArthur e di un Rommel. Ma quell'uomo di non imponente statura, un po' impacciato, esitante nell'avviare un discorso quasi fosse timido, appassionato di storia, senza la minima frequentazione di un'accademia militare o di una scuola di guerra, nei capitoli di storia, non solo militare, già dedicatigli, supera quei celebri capi di guerra, poiché vi figura come il solo generale che ha sconfitto separatamente due potenze occidentali: la Francia e gli Stati Uniti. Per quel che riguarda questi ultimi è una vittoria senza precedenti. Nessuno li aveva battuti prima di lui. Nessun esercito di quel che chiamavamo terzo mondo aveva mai battuto due eserciti occidentali moderni (a parte la remota vicenda italiana di [[Battaglia di Adua|Adua]]).
*Ha sconfitto l'Armée della Quarta repubblica a Dien Bien Phu avviando il successivo crollo dell' impero coloniale francese, sulle cui rovine, quattro anni dopo, nel 1958, durante la guerra d'Algeria, sarebbe nata la Quinta repubblica fondata dal generale de Gaulle, richiamato d'urgenza al potere. In quanto all'America, vittoriosa in due guerre mondiali, ha sentito l'umiliazione della sconfitta inflittale da un esercito di contadini. Ma è durante quella guerra, vinta da Giap, che si è consumata la rottura tra Unione Sovietica e Cina, i due grandi sostenitori del Vietnam comunista. Rottura che ha accelerato, ha contribuito all'implosione dell' Urss nel decennio successivo. È morto dunque, a centodue anni, nel suo Vietnam, non più coloniale come alla sua nascita, non più diviso come nei decenni delle sue guerre, meno comunista di come forse lo voleva, ma saldamente riunificato e indipendente, un personaggio che ha lasciato un segno profondo nel secolo alle nostre spalle.
*I principi di Giap erano semplici. Il primo era che bisogna sempre sorprendere il nemico. Un'altra sua convinzione era che dove passa una capra può passare un uomo, e dove passa un uomo può passare un battaglione.
*Giap aveva carisma, aveva la fama di un duro, e lo era, ma era giudicato anche un giusto. Era semplice e inflessibile come i soldati che aveva ammirato da ragazzo nei libri di storia.
 
{{Int|1=Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/08/24/come-nascono-i-jihadisti27.html?ref=search ''Come nascono i jihadisti'']|2=''la Repubblica'', 24 agosto 2014}}
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*La sconfitta sovietica fu attribuita all'aiuto di Dio, ma i missili Stinger forniti dagli Stati Uniti furono decisivi, perché privarono i russi del decisivo appoggio di aerei ed elicotteri. Il ritiro dell'[[Armata rossa]] dall'Afghanistan precedette di poco l'implosione dell'Urss, e questo convinse Al Qaeda di avere provocato il crollo di uno dei grandi imperi della storia. Perché non sconfiggere anche quello americano, di cui erano stati lo strumento contro i russi?
*Neppure agli israeliani passò per la testa di favorire il consolidamento del loro futuro tenace avversario, quando agevolarono l'espansione di Hamas, nella Striscia di Gaza. Il loro obiettivo era allora di contrastare, attraverso gli islamisti, l'azione del Fronte popolare di Georges Habache. Un nazionalista marxista, come si definiva.
 
{{Int|1=Da [https://www.repubblica.it/venerdi/articoli/2016/01/13/news/giap_il_piccolo_uomo_che_diede_corpo_all_utopia_del_900-131603178/?ref=search ''Giap, l'uomo che diede corpo all'utopia del Novecento'']|2=''la Repubblica'', 11 gennaio 2016}}
[[File:Vo Nguyen Giap3.jpg|thumb|[[Võ Nguyên Giáp]]]]
*Per chi ha seguito per anni il conflitto indocinese, [[Võ Nguyên Giáp|Giap]] era un personaggio sempre presente. Era un'ossessione. Un mito. Un incubo. Un eroe. Un genio. Un vulcano coperto di neve, dicevano in tanti, perché lo giudicavano carico di energia ma freddo nel comportamento.
*Ho imparato a conoscerlo a distanza, leggendo i suoi scritti, anche le sue poesie, non segrete ma ignorate, e seguendo le sue epiche offensive, che hanno umiliato i grandi strateghi occidentali.
*Nella valle di Dien Bien Phu gli algerini, incorporati nell'Armée, avevano imparato che un esercito occidentale moderno, ben armato, poteva essere sconfitto da un esercito "indigeno". Non era la prima volta nella storia, ma la battaglia di Adua del secolo precedente, che aveva visto gli italiani sconfitti dagli etiopi, non era nelle memorie. Ritornati in patria, alcuni di quegli algerini riaccesero la fiamma dell'indipendenza, rivendicata già alla fine della Seconda guerra mondiale, quando i magrebini che avevano combattuto per la libertà della Francia, occupata dai nazisti, avevano chiesto, invocandola senza successo, la propria libertà. Giap aveva insegnato loro come i colonizzati potevano vincere i colonizzatori.
*Gli americani erano andati nella penisola indocinese per fermare quello che pensavano fosse un complotto comunista centralizzato, ossia ordito tra le varie capitali dipendenti o influenzate dall'Urss e dalla Cina popolare. E hanno fallito. Dalla sconfitta dell'America, Mosca aveva ricavato la certezza che la teoria dei domino, ossia l'avvento a ripetizione del comunismo in tanti Paesi in seguito alla vittoria comunista in Vietnam, si sarebbe realizzata. Volendo approfittare della situazione mondiale favorevole, Mosca aveva dunque cercato di estendere la sua egemonia allo Yemen, all'Angola, all'Etiopia e infine all'Afghanistan. Ma scoprì, via via, che le realtà geopolitiche si applicavano alle società comuniste come a quelle capitaliste. Essendo meno elastico, il fallimentare super impegno sovietico non suscitò una catarsi come in America, ma contribuì alla disintegrazione dell'Urss. All'origine di questo lungo processo mondiale ci sono gli straordinari successi militari periferici di Giap. I quali hanno creato illusioni e catastrofi.
*Giap non fu sempre un vincitore, subì anche serie umiliazioni. Fu spesso dato per sconfitto e senza possibilità di riprendersi. Non fu certo un liberale. Il suo irriducibile patriottismo coabitava con lo spirito, puro e duro, del dirigente comunista, pronto a reprimere, con slancio stalinista. La lotta armata, per lui, non consentiva debolezze. Nei limiti del possibile garantiva però l'assistenza sanitaria ai suoi soldati e, nell'ambito dei villaggi, aiutava le loro famiglie.
 
{{Int|1=Da [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/08/23/limpossibile-vittoria-a-kabul08.html?ref=search ''L'impossibile vittoria a Kabul'']|2=''la Repubblica'', 23 agosto 2017}}