Utente:George Kaplan 21/prova: differenze tra le versioni

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*Ho imparato che il mondo degli uomini così com'è oggi è una burocrazia. È una verità ovvia, certo, per quanto ignorarla provochi grandi sofferenze. Ma ho anche scoperto, nell'unico modo in cui un uomo impara sul serio le cose importanti, la vera dote richiesta per fare strada in una burocrazia. Per fare strada sul serio, dico: fai bene, distinguiti, servi. Ho scoperto la chiave. La chiave non è l'efficienza, o la rettitudine, o l'intuizione, o la saggezza. Non è l'astuzia politica, la capacità di relazione, la pura intelligenza, la lealtà, la lungimiranza o una qualsiasi delle qualità che il mondo burocratico chiama virtù e mette alla prova. La chiave è una certa capacità alla base di tutte queste qualità, più o meno come la capacità di respirare e pompare il sangue sta alla base di tutti i pensieri e le azioni. La chiave burocratica alla base di tutto è la capacità di avere a che fare con la noia. Di operare efficacemente in un ambiente che preclude tutto quanto è vitale e umano. Di respirare, per così dire, senz'aria. La chiave è la capacità, innata o acquisita, di trovare l'altra faccia della ripetizione meccanica, dell'inezia, dell'insignificante, del ripetitivo, dell'inutilmente complesso. Essere, in una parola, inannoiabile. Ho conosciuto, tra il 1984 e l'85, due uomini così. È la chiave della vita moderna. Se sei immune alla noia, non c'è letteralmente nulla che tu non possa fare. (p. 566-567, cap. 44)
 
*La bellezza, almeno quando hai quell'età, è una specie di trappola. A una parte avida di te in realtà piace quell'attenzione. Sei speciale, sei desiderabile. Ci metti un attimo a identificarti con la bellezza, come se non avessi altro, è la cosa che ti rende speciale. [...] Il rovescio della medaglia è che cominci anche a capire che in realtà sei un pezzo di carne. Ecco cosa sei. Carne estremamente desiderabile, ma nessuno ti prenderà mai sul serio e non diventerai mai, che so, presidente di una banca perché nessuno guarderà mai al di là della bellezza, la bellezza è ciò che colpisce gli altri e ottunde la sensibilità, a loro interessa solo quella, ed è difficile non farti risucchiare e non cominciare, che so, ad adattarti e a vederti nello stesso modo. (p. 623, cap. 46)
 
*È la sensazione, che per gli adolescenti è veramente terribile, di sentire che nessuno è veramente in grado di conoscerti o di amarti per quello che sei perché non è capace di vederti né tu glielo permetti anche se ti sembra di volere che lo faccia. Ma allo stesso tempo è anche la sensazione di sapere che è un problema noioso e immaturo da brutto film:«Ohi ohi, nessuno sa amarmi per quello che sono», perciò sei consapevole che il tuo senso di solitudine è stupido e banale anche se lo provi, il senso di solitudine, perciò non hai nemmeno un briciolo di comprensione per te stessa. (p. 625, cap. 46)
 
*E per la prima volta ho pensato alle cicatrici e ai tagli come a un modo per far venire fuori la verità interiore tutt'altro che bella, per farla diventare esteriore. (p. 626, cap. 46)
 
*Come se sapendo perché lo facevi potessi come per incanto non farlo più. E questo secondo lui era una grossa balla che si bevevano tutti e che rendeva i dottori e la terapia standard un'enorme perdita di tempo per quelli come noi: secondo loro diagnosi e cura erano la stessa cosa. Se sapevi il perché avresti smesso. Che è una stronzata. [...] Smetti soltanto se smetti. (p. 626-627, cap. 46)
 
*-Non guardavano oltre la superficie [...]. Ma in realtà era tutto superficie.<br>-La tua superficie?<br>-Sì, perché sotto la superficie c'erano solo le sensazioni e i conflitti relativi alla superficie, e la rabbia, per il mio aspetto fisico e l'effetto che provocavo sugli altri, e in realtà dentro ero sempre imbestialita. (p. 644, cap. 46)
 
*{{NDR|Riferito ad alcune canzoni country}} Capisci che quei cantanti parlano di perdere una parte di sé o di tradire continuamente se stessi in nome di quello che secondo loro gli altri vogliono finché muoiono dentro e non sanno nemmeno più cosa significhi ''io''. (p. 655, cap. 46)
 
*Avevo diciassette anni, per la miseria. Facevo una tempesta in un bicchier d'acqua. (p. 656, cap. 46)
 
*L'idea che tutti siano come te. Che tu sia il mondo. La malattia del capitalismo consumista. Il solipsismo compiaciuto. (p. 662, cap. 47)
 
*Sono nudo, sapete. Sotto tutta questa roba. (p. 678, cap. 48)
 
*Siccome respiriamo tutti, tutto il tempo, è sbalorditivo quando qualcuno ti indica come e quando devi respirare. E con quale chiarezza uno totalmente privo di immaginazione veda una certa cosa se gli dicono che ce l'ha davanti, corredata di ringhiera e guide di gomma, che curva a destra sul fondo inoltrandosi in un'oscurità che si ritrae davanti a te. Non è come dormire. Né la sua voce si modifica o sembra ritirarsi. Lei è lì, parla con calma, e anche tu. (p. 695, cap. 50)