Paul Celan: differenze tra le versioni

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*Bussa alla porta della tua solitudine e chiedi del padrone: se ti viene aperto, non hai parlato invano agli uomini. (p. 11)
*[[Storia]] strana, la storia del nostro mondo: non tutta del mondo, non tutta nostra, non tutta storia; non tutta così strana. (p. 15)
*Andare nel [[deserto]], poter giungere fino al suo centro più rovente per sotterrare lì la pianta della città dei mille pozzi. (p. 21)
*Una lingua incomprensibile come due parole uguali che stanno sospese su due bocche pronte al bacio. (p. 49)
*L'oscurità della poesia = l'oscurità della morte. Gli uomini = i mortali. Per questo la poesia, in quanto memore della morte, appartiene a {{sic|ciò vi}} è di più umano nell'uomo. (p. 83)
*Chi impara realmente a [[vedere]], si avvicina all'invisibile. (p. 85)
*Sulle proprie macerie sta e spera la [[poesia]]. (p. 101)
*Chi dispone di "parole", la lingua gli si nega. Chi si dispone alla lingua, anche le parole... lo trovano. (p. 103)
*«Parla, che io ti veda»: pure tale detto vale ancor solo come eccezione.<br>Taci, che io non diventi totalmente cieco. Mettiti a tacere, affinché tu ti scorga. (p. 105)
*Non nel destino della bella [[Anna Frank|ragazza ebrea]] che tiene un diario si palesa l'enormità dell'accaduto. Il gobbo, balbettante, claudicante ebreo che venne gassato – lui è la vittima. Lui, il [[Ebrei|giudeo]], è tuo fratello – renditi conto e girati – verso te, tu gobbo, balbettante, claudicante – tu regale creatura! (p. 109)
*Tedesco: una lingua che non dimentico. Una lingua che mi dimentica. (p. 121)
*Con ogni cenere, con ogni vera poesia ci è sempre restituita la Fenice. (p. 129)
*Il colore della disperazione: il bianco magico del poetare. (p. 131)