Giorgio Candeloro: differenze tra le versioni

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*L'imperialismo fascista per alcuni aspetti fu la continuazione di quello prefascista, sia per la preminenza dell'azione dello Stato rispetto alle forze capitalistiche private (che peraltro accettarono e sfruttarono l'iniziativa dello Stato), sia per le direttrici geografiche dell'espansione, che furono ancora i paesi balcanici, ed ora anche quelli danubiani a causa della dissoluzione dell'Impero asburgico, da un lato; il Mediterraneo e l'Africa dall'altro. Ma vi furono anche nell'imperialismo fascista alcuni caratteri nuovi, molto significativi per la comprensione storica del fascismo in generale. Il più appariscente, ma non il più importante di essi, che impressionò particolarmente l'opinione pubblica italiana e straniera, fu il modo di procedere mussoliniano, punteggiato da colpi a sorpresa, da improvvisi mutamenti di obiettivi, da discorsi roboanti e minacciosi. Esso si dovette in parte al carattere esibizionista, vanitoso e demagogico di Mussolini, in parte alla tattica da lui usata a ragion veduta per disorientare gli avversari, in parte a qualche sua subitanea ritirata di fronte a difficoltà oggettive insuperabili. (cap. 2, p. 160)
*Per circa venticinque anni [[Gioacchino Volpe|Volpe]] si interessò soprattutto di storia medioevale, della quale fu allora il maggior cultore italiano. Scrittore efficacissimo, animato da un vivace senso della storia come perenne trasformazione, egli rivolse via via sempre più il suo interesse al problema della nascita dello Stato moderno e alla formazione della nazione italiana. All'epoca della grande guerra fu interventista ed assunse una posizione politica liberal-nazionale, dalla quale passò al fascismo. (cap. 3, p. 191)
*Secondo [[Alfredo Rocco|Rocco]] lo Stato è l'unica forma possibile di organizzazione della nazione, da lui concepita a sua volta come unica forma naturale di società umana in perpetua lotta con le altre nazioni. Tutta la società civile deve pertanto essere assorbita e regolata dallo Stato, unica forza capace di dominare i conflitti tra le classi, i ceti, le categorie produttive, i gruppi sociali. I sindacati, le associazioni di ogni genere e lo stesso partito fascista dovevano quindi divenire organi dello Stato ed essere guidati da questo alla realizzazione dei fini generali della nazione, cioè alla sempre maggiore potenza di questa. (cap. 3, p. 192)
*Mentre veniva attuata la costruzione del regime fascista, i partiti e i gruppi antifascisti, messi fuori della legalità dalle leggi del novembre 1926, furono costretti a rifugiarsi nell'esilio e nella clandestinità oppure ad abbandonare a lotta politica e ad assumere un atteggiamento di attesa in un avvenire, giudicato via via sempre più lontano dagli osservatori più attenti, nel quale per effetto di avvenimenti imprevedibili, l'Italia sarebbe tornata ad una situazione di libertà. (cap. 3, p. 213)
*Gli anni<ref>La seconda metà degli anni trenta del Novecento.</ref> in cui i partiti comunisti legali e clandestini dell'Occidente portarono avanti la collaborazione con gli altri partiti antifascisti per difendere o per riconquistare la libertà e la democrazia furono dunque anche quelli nei quali si svolsero in Unione Sovietica i famigerati processi e le [[grandi purghe]] volute da Stalin, che annientarono non solo la maggior parte dei vecchi bolscevichi che avevano guidato la rivoluzione di Ottobre, come Kamenev, Zinoviev, Bucharin, Rykov e tanti altri, ma anche la maggior parte del comitato centrale in carica nel 1934, una grande quantità di quadri intermedi, di generali e di ufficiali delle forze armate. E le stragi staliniane non risparmiarono i partiti "fratelli", alcuni dei quali furono praticamente decapitati dei loro gruppi dirigenti, mentre migliaia di comunisti stranieri, divenuti sospetti alla polizia staliniana, finirono nei campi di concentramento e molti furono uccisi o morirono di stenti. Tra gli italiani, comunisti e simpatizzanti, emigrati in URSS durante il fascismo, molti (forse più di cento o addirittura duecento) caddero vittime del terrore staliniano. (cap. 5, pp. 462-463)