Enrico Crispolti: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Su [[Fortunato Depero]]}} La configurazione dell'esperienza di Depero "astrattista futurista", secondo l'organigramma proposto nell'invito alla mostra romana del 1916 si realizza dunque nei "complessi plastici motorumoristici", nel "dramma pitto-plastico" costituito dalla pittura, nell'enunciazione dell'"architettura dinamica" della "città aerea", e nelle "parole in libertà". Non vi ha ancora voce in capitolo autonoma l'impegno progettuale per la scena, tuttavia presente con i bozzetti di costumi plastici per ''Minismagia''. Completa comunque il ventaglio di soluzioni in linguaggio analogico astratto.<ref>Da ''Appunti su Depero "astrattista futurista" romano'', contributo critico in ''Depero'', Mostra a cura di Gabriella Belli, Catalogo a dura di Maurizio Fagiolo dell'Arco, Museo Provinciale d'Arte Sezione Contemporanea, Trento, Electa, Milano, 1988, p. 196.</ref>
*La partecipazione [[Sicilia|siciliana]], nel quadro stesso del [[futurismo]] meridionale è fortemente distinta, proprio nei suoi caratteri di particolari nessi etnogeografici, in un proficuo caratteristico riscontro immaginativo con un dinamismo naturale e panico anziché con un dinamismo meccanico‑metropolitano.<ref>Citato in ''[http://www.strettoweb.com/2015/10/enrico-crispolti-presenta-a-messina-linvenzione-futurista-case-darte-di-depero/329391/ Enrico Crispolti presenta a Messina "{{sic|l’invenzione}} futurista. Case d’arte di {{sic|depero}}"]'', ''Strettoweb.com'', 2 ottobre 2015.</ref>
*{{NDR|Su [[Piero Guccione]]}} Per Guccione la pittura sembra essersi assunta il compito di restituire una presenza lirica, intensificata, dell'immagine di taglio e riscontro quotidiani. Di costruire dunque un succedersi di visioni tipiche, sempre assolute, pur nella loro quasi precarietà e occasionalità appunto di taglio e di circostanza, che tuttavia mirano in realtà a consegnarsi, diversamente fissate nella dimensione lirica, in una sorta di assoluto. In fondo Guccione tenta di istituire una possibilità di assolutezza lirica entro la dimensione del presente dato come tale, sul suo fondamento d'esistenza. Esattamente, si potrebbe dire, come possibilità di istituire l'effimero per eterno, a patto di saper vivere entro l'effimero e l'episodico una totalità e assolutezza di valori del sentimento e dei sensi. Ci evoca dunque fantasmi di un assoluto vivibile presente. E la sua grafica partecipa intensamente di questa condizione, direi la sviluppa nella pratica appunto di possibilità specifiche ai “mezzi” utilizzati.<ref>Da ''Piero Guccione. L'opera grafica dal 1961 al 1983'', citato in Marco Goldin, ''Guccione'', Electa, Milano, 1995.</ref>
*{{NDR|Su [[Flora Graiff]]}} Praticando il [[pastello]] in tutta la sua ricchezza di virtualità pittorica specificamente materica, [[Flora Graiff]] ha tuttavia anche scelto un destino propriamente iconico a tale suo esercizio. La cui integrità espressiva sembra dalla medesima riscattata rifuggendo dalla discorsività fabulistica del fumetto, che ha altrimenti sviluppato in anni non lontani (pubblicando tra l'altro su [[linus (periodico)|Linus]], su [[Snoopy]]). E il destino iconico riguarda la persistenza quasi monodica di un tema immaginativamente totalizzante quale l'orizzonte. [...] Non soglia, l'orizzonte, per [[Flora Graiff]], soglia di terra o di mare verso il cielo, ma direi, forse soglia intima, che introduce nella condizione di luminosità simbolicamente significativa d'una tensione lirica interiore che si costituisce di fronte all'osservatore quale misura energetica di totalità. Ed epifania di riscontro tutto interiore, attraverso la quale in certa misura si rifonda la nozione d'orizzonte. Che è infatti richiamato entro testi pittorici di piccolissime dimensioni (quasi miniati), proprio per spiazzare subito anche visualmente dal livello della rappresentazione a quello appunto dell'epifania di dialogo introspettivo. Orizzonte, dunque, quello configurato dalla [[Flora Graiff|Graiff]], non connesso a ruoli prospettici (come quello della trattatistica neoclassica, di [[Francesco Milizia|Milizia]], per esempio, 1797), né a compiti rappresentativi paesistici. Non dunque basso come nelle opzioni di un [[Caspar David Friedrich|Friedrich]], o basso come in alcune di [[Gustave Courbet|Courbet]]. Soltanto orizzonte quale manifestazione di una traguardata epifania interiore; e perciò orizzonte centrale, orizzonte dilatato, espansivo, a flusso anziché lineare.<ref>Da ''L'orizzonte come archetipo e come destino'', presentazione a Flora Graiff, ''Flora Graiff. Pastelli'', architettura grafica di Giulio Andreolli, Nicolodi, Rovereto (TN), 2002, pp. 5-6.</ref>
* [...] {{NDR|Salvatore Garau|Garau}} superato un momento di gestualità piuttosto indefinito, alla fine degli anni Ottanta e nell’esordio dei Novanta mette a punto un’evocazione passionalmente partecipata, d’accento, sempre più turbinosamente romantico, risolta in fluttuazioni d’allusività liquida (e aeree) innervate strutturalmente attraverso l’accenno tematico alla presenza di dighe, condotte, piloni, disegnati a grafite; finendo per suggerire anche ottico-tattilmente una liquida imminenza, con trasparenti apposizioni in resina.<ref>Saggi di Enrico Crispolti, a cura di [[Carlo Pirovano]], "La pittura in Italia. Il Novecento/3. Le ultime ricerche", editore Elemond Editori Associati, Milano, 1994, p. 243.</ref>