Remo Wolf: differenze tra le versioni

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==Citazioni su Remo Wolf==
* È un incisore in legno, tormentato da un suo mondo interiore letterario, filosofico e religioso. I suoi soggetti sono disparati e contrastanti, tendenti ad una sconfinata e libera fantasia. La sua abilità specifica risulta nei bagliori improvvisi, nelle ombre illogiche e a sorpresa, nelle assurde prospettive taglientemente dimostrative, che rivelano figure e scene mistiche, letterarie, bibliche, satiriche e fiabesche. Ha un pizzo che sembra un bulino. Ha un naso che sembra un raschiatoio. Ha l'occhio basso indagatore penetrante, quasi poliziesco. Fuma impenitentemente la pipa; quindi vede la realtà attraverso le pieghe del suo sogno fumante [...]. ([[Fortunato Depero]])
*Il pennello come una sgorbia. La pittura è per Remo Wolf la prosecuzione della xilografia. Elemento unificante per le due pratiche creative è il legno: matrici in pero per l'inchiostro, fogli di compensato per i colori ad olio. Artista per così dire "muscolare", Wolf, anche in pittura, avverte il richiamo del legno. È una materia che, non avendo "la pancia molliccia" come la tela, resiste alla manipolazione dell'uomo: ed è questa, la premessa, il necessario antefatto per una pittura "virile", una pittura si direbbe quasi affine alla scultura: e, a ben guardare, le figure wolfiane si offrono sovente con contorni netti e masse che sembrano sbozzate con lo scalpello. [...] Sfogliamo ''Il calzolaio di Messina'', plaquette tirata in pochi esemplari da Franco Sciardelli nel 1989. Il racconto è firmato da [[Leonardo Sciascia|Sciascia]] (sarà, questa, la sua ultima opera), le xilografie da Wolf. Nell'esemplare custodito dal Maestro leggiamo una dedica autografa: "A Remo Wolf, che ha così quel che ha donato, con animo grato e con cordiali saluti. Leonardo Sciascia." Da aggiungere che Sciascia, raffinato cultore e collezionista di stampe, apprezza Wolf fin dal 1957, quando, nella collana che dirige per Salvatore Sciascia, editore di Caltanissetta, ospita la monografia del Maestro scritta da Giorgio Trentin. ([[Lillo Gullo]])
*Il primo olio su tavola dipinto da Remo Wolf dopo il suo ritorno in Trentino è un ''San Sebastiano'' del 1946. È un quadro singolare, tutto da commentare. Il paesaggio dello sfondo, di prati rotti da ombre portate, di montagne, è inconfondibilmente trentino. Il cielo percorso da lacerti di nuvole vertiginose è di un blu elettrico. In primo piano c'è un masso porfirico, rosso come il mantello lacerato del protomartire legato ad un tronco morto. Ma quello che è sorprendente – per quanto ne sappiamo un caso unico nella storia della pittura – è che le dieci frecce scagliate contro il giovane Sebastiano sono tutte finite sul tronco, nessuna ha colto il bersaglio. Come interpretare questa "spiazzante" raffigurazione? Certo ci gioca la vena ironica, beffarda, che conosciamo in Wolf, una delle componenti peculiari soprattutto delle sue incisioni. Ma – a nostro avviso – c'è una ragione più precisa, più puntuale. Questo quadro, da cui parte tutta la pittura wolfiana del dopoguerra, vale a dire della sua maturità che lo porterà a fama internazionale, deve essere interpretato come un'icona "per grazia ricevuta", una sorta di ex voto: dopo dieci anni di armi, guerra e prigionia, il protagonista è giunto salvo a casa, senza nemmeno una ferita. C'è un martire in meno e un artista in più. Viene in mente il verso [[Bertolt Brecht|brechtiano]]: "Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi...". ([[Renzo Francescotti]])
*Si chiama Remo Wolf. Incisore in legno, astuto chiaroscurista, tormentato da un suo mondo interiore letterario e filosofico. È legato al libro per la sua specifica tecnica del bulino. I suoi soggetti sono disparati e contrastanti, tendenti ad una sconfinata e libera fantasia. [...] Ha qualche passaggio più borghese, più addomesticato, magari, sicuramente più vendibile. Ma dove l'inquietudine si rivela maggiormente apprezzabile e la sua maestria inconfutabile è nelle luci autonome. La sua abilità specifica risulta nei bagliori improvvisi, nelle ombre illogiche ed a sorpresa, nelle assurde prospettive, antivere, ma taglientemente evidenti, dimostrative che rilevano la figura e la scena; sia essa mistica, letteraria, biblica, satirica o fiabesca. [...] Ha un pizzo che sembra un bulino. Ha un naso che sembra un raschiatoio. Ha l'occhio basso indagatore penetrante, quasi poliziesco. Fuma impenitentemente la pipa – quindi vede la realtà attraverso le pieghe del suo sogno fumante. Ha uno studio che sembra un baule volante. Sotto il tetto zeppo di libri, di carte, di Album, di piccoli quadri strani, di molti disegni. Ad un filo di traverso pende una verde lanterna. Sembra l'astro magico d'un alchimista. In un angolo: corde – picozze e chiodi di rocciatore. Quindi da bravo trentino non arrampica solo con la fantasia inquieta sulle pareti di fumo involuto e seducente, ma con coraggio fisico e sano ordinamento, anche sulle pareti alte del nostro imponente e formidabile gruppo Brenta – meraviglia del Mondo. ([[Fortunato Depero]])
 
==Note==