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Aesopus auctor quam materiam repperit, hanc ego polivi versibus senariis. Duplex libelli dos est: quod risum movet, et quod prudenti vitam consilio monet. Calumniari si quis autem voluerit, quod arbores loquantur, non tantum ferae, fictis iocari nos meminerit fabulis.
 
====TraduzioneProgetto 1Ovidio====
[[Esopo]] è l'inventore. Fu lui a trovare gli argomenti che io ho elaborato artisticamente in versi senari. Due sono le doti di questo libretto: diverte e, se stai attento, consiglia come vivere. Se poi qualcuno avesse da ridire perché parlano gli alberi e non solo gli animali, si ricordi che noi scherziamo: le storie sono immaginarie.<ref name="ProgettoOvidio"/>
 
====Traduzione di Giovanni Grisostomo Trombelli====
<poem>Con metro umil, né a dure leggi avvinto,
Ciò ch'[[Esopo]] inventò, resi più adorno.
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===Citazioni===
====Libro I====
*Allo stesso rivo erano giunti il lupo e l'agnello spinti dalla sete; in alto stava il lupo e molto più in basso l'agnello.<ref name="ProgettoOvidio"/> (1. ''Il lupo e l'agnello'')
:''Ad rivum eundem lupus et agnus venerant, siti compulsi. Superior stabat lupus, longeque inferior agnus.''. (I. ''Lupus et Agnus'')
 
*Nel tempo in cui leggi egualitarie facevano prosperare Atene, la libertà sfrenata sconvolse lo stato e l'[[anarchia]] sciolse i freni di un tempo.<ref name="ProgettoOvidio"/> (2. ''Le rane chiesero un re'')
:''Athenae cum florerent aequis legibus, procax libertas civitatem miscuit, frenumque solvit pristinum licentia.''. (II. ''Ranae Regem Petunt'')
 
*È gravoso ogni [[peso]] per chi non è abituato.<ref name="ProgettoOvidio"/> (2. ''Le rane chiesero un re'')
:''Grave [est] omne insuetis onus''. (II. ''Ranae Regem Petunt'')
 
*''Amittit merito proprium qui alienum adpetit''. (IV. ''Canis per Fluvium Carnem Ferens'')
:Perde il proprio, e se lo merita, chi cerca di prendere l'altrui.<ref name="ProgettoOvidio"/> (4. ''Il cane che portava un pezzo di carne attraversando un fiume'')
:Ha quel che merita chi perde il proprio per [[arraffare]] l'altrui.
 
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*''Sibi non cavere et aliis consilium dare stultum esse'' [...]. (IX. ''Passer ad Leporem Consiliator'')
:Non badare a sé e dare consigli agli altri è da sciocchi.<ref name="ProgettoOvidio"/> (9. ''Il passero consigliere della lepre'')
:Non provvedere a sé e dar [[consiglio|consigli]] agli altri è cosa stolta.
 
*''Quicumque turpi fraude semel innotuit, etiam si verum dicit, amittit fidem''. (X. ''Lupus et Vulpis Iudice Simio'')
:Chi si è fatto conoscere una volta per un [[inganno]] vergognoso, anche se dice la verità, perde il credito.<ref name="ProgettoOvidio"/> (10. ''Il lupo e la volpe al tribunale della scimmia'')
:Colui che di turpe [[frode]] una volta si macchiò, anche se dice il vero non è più creduto.
 
*''Qui se laudari gaudet verbis subdolis, fere dat poenas turpes poenitentia.'' (XIII. ''Vulpis et Corvus'')
:Chi gode a sentirsi [[lode|lodare]] con parole sudbole, ne sconta vergognosa pena col tardo pentimento.<ref name="multidieci">Citato in Paola Mastellaro, ''Il Libro delle Citazioni Latine e Greche'', Mondadori, Milano, 1994. ISBN 978-88-04-47133-2</ref> (13. ''La volpe e il corvo'')
:Chi si compiace di falsi elogi, di solito lo sconta e se ne pente, pieno di vergogna.<ref name="ProgettoOvidio">Citato in Fedro, ''Favole'', ([http://www.progettovidio.it/goto.asp?id=28 link]), Progetto Ovidio, 2002.</ref>
 
*Molto spesso, col cambiare del [[governo]], per i poveri cambia solo il nome del padrone. (15. ''L'asino e il vecchio pastore'')
:''In principatu commutando civium nil praeter domini nomen mutant pauperes.'' (XV. ''Asinus ad Senem Pastorem'')
 
*Chi perde il prestigio di un tempo, nella sua caduta rovinosa è schernito anche dai vili.<ref name="ProgettoOvidio"/> (21. ''Il vecchio leone, il cinghiale, il toro e l'asino'')
:''Quicumque amisit dignitatem pristinam, ignavis etiam iocus est in casu gravi.'' (XXI. ''Leo Senex, Aper, Taurus et Asinus'')
 
*''Inops, potentem dum vult imitari, perit''. (XXIV. ''Rana Rupta et Bos'')
:Chi non ha possibilità e vuole imitare il potente, finisce male.<ref name="ProgettoOvidio"/> (24. ''La rana scoppiata e il bue'')
:Per il [[miserabile]], voler [[imitazione|imitare]] il potente è la rovina.
 
*Gli umili ci rimettono quando i potenti si scontrano.<ref name="ProgettoOvidio"/> (30. ''Le rane che temono i combattimenti dei tori'')
:''Humiles laborant ubi potentes dissident.'' (XXX. ''Ranae Metuentes Proelia Taurorum'')
 
====Libro II====
*Gli avidi sono [[ricchezza e povertà|ricchi e poveri]] i modesti.<ref name="ProgettoOvidio"/> (1. ''Il giovenco, il leone e il predatore'')
:''Verum est aviditas dives et pauper pudor.'' (I. ''Iuvencus Leo et Praedator'')
 
*''Est ardalionum quaedam Romae natio, trepide concursans, occupata in otio, gratis anhelans, multa agendo nil agens, sibi molesta et aliis odiosissima''. (V. ''Tib. Caesar ad Atriensem'')
:C'è a Roma una genia di faccendoni, sempre in giro di corsa, piena di fretta, indaffarata senza vere occupazioni, affannata senza pro, fa mille cose e non ne fa nessuna, dannosa a se stessa e insopportabile agli altri.<ref name="ProgettoOvidio"/> (5. ''Ancora Cesare all'Atriense'')
:Molti sono indaffarati a non fare nulla.
 
*''Tuta est hominum tenuitas, magnae periclo sunt opes obnoxiae''. (VII. ''Muli Duo et Latrones'')
:La [[ricchezza e povertà|povertà]] mette l'uomo al sicuro; le grandi [[ricchezza e povertà|ricchezze]] sono esposte ai pericoli.<ref name="ProgettoOvidio"/> (7. ''I due muli da soma'')
:La povertà è al riparo da ogni rischio, le grandi ricchezze sono sempre esposte ai pericoli.
 
====Libro III====
*''Seruitus obnoxia, quia quae uolebat non audebat dicere, affectus proprios in fabellas transtulit, calumniamque fictis elusit iocis''. (Prologus)
:La [[schiavitù]], sempre soggetta al potere, poiché non osava dire quello che voleva, trasferì i propri sentimenti in [[favola|favolette]], e inventando storielle scherzose, evitò di essere falsamente incriminata.<ref name="ProgettoOvidio"/> (Prologo. Fedro a Eutico)
:La [[schiavitù]], ai padroni soggetta, non osando dire ciò che avrebbe voluto, traspose le sue opinioni in brevi [[favola|favole]], ricorrendo, per schivare le accuse di calunnia, a scherzose invenzioni.
 
*''Solet a despectis par referri gratia''. (II. ''Panthera et Pastores'')
:Di solito l'[[offesa|offeso]] ripaga con la stessa moneta.<ref name="ProgettoOvidio"/> (2. ''La pantera e i pastori'')
:Chi è stato disprezzato suole ripagare con la stessa moneta.
 
*[...] ''derideri'' [...] ''merito potest qui sine virtute vanas exercet minas.'' (VI. ''Musca et Mula'')
:Si può [[scherno|deridere]] a ragione chi non vale nulla e pronuncia vane minacce.<ref name="ProgettoOvidio"/> (6. ''La mosca e la mula'')
:Viene giustamente deriso chi, senza forza, fa vane minacce.
 
*''Vulgare amici nomen sed rara est fides''. (IX. ''Socrates ad Amicos'')
:Dell'[[amicizia|amico]] è comune il nome, ma rara la fedeltà.<ref name="multidieci"/> (9. ''Socrate e gli amici'')
:Amico è parola usuale, ma raro è un amico fedele.<ref name="ProgettoOvidio"/>
 
*È pericoloso [[credere]] e pericoloso non credere. (10. ''Il poeta su credere e non credere'')
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*''Sic lusus animo debent aliquando dari, ad cogitandum melior ut redeat tibi.'' (XIV. ''De Lusu et Seueritate'')
:Così, di tanto in tanto, devi lasciare svagare la [[mente]], perché torni a te più pronta quando occorre pensare.<ref name="ProgettoOvidio"/> (14. ''Gioco e serietà'')
:La [[mente]] dovrebbe ogni tanto trovare qualche distrazione, perché con ciò possa meglio rivolgersi al pensiero.
 
*''Humanitati qui se non accommodat plerumque poenas oppetit superbiae.'' (XVI. ''Cicada et Noctua'')
:Chi non si adatta a vivere rispettando gli altri, per lo più paga il fio della propria arroganza.<ref name="ProgettoOvidio"/> (16. ''La cicala e la civetta'')
:Chi non si adatta alla [[gentilezza]], per lo più paga il fio della propria superbia.
 
*''Noli adfectare quod tibi non est datum, delusa ne spes ad querelam reccidat.'' (XVIII. ''Pauo ad Iunonem de uoce sua'')
:Non pretendere quello che non ti è stato dato, perché la [[speranza]] delusa non si trasformi in lamentela.<ref name="ProgettoOvidio"/> (18. ''Il pavone a Giunone sulla propria voce'')
:Non aspirare a ciò che non ti è stato dato, affinché la tua [[speranza]] delusa non abbia motivo di [[lamento|lamentarsi]].
 
====Libro IV====
*Chi è nato disgraziato, non solo trascorre una vita grama, ma anche dopo la morte lo perseguita il suo destino crudele e sventurato.<ref name="ProgettoOvidio"/> (1. ''L'asino e i Galli'')
:''Qui natus est infelix, non vitam modo tristem decurrit, verum post obitum quoque persequitur illum dura fati miseria.'' (I. ''Asinus et Galli'')
 
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:''Peras imposuit Iuppiter nobis duas: propriis repletam vitiis post tergum dedit, alienis ante pectus suspendit gravem. Hac re videre nostra mala non possumus; alii simul delinquunt, censores sumus''. (X. ''De Vitiis Hominum'')
 
*Delle [[ricchezza|ricchezze]] l'uomo di valore non può sopportare nemmeno la vista, e ben a ragione, perché il forziere pieno di tesori impedisce la vera gloria.<ref name="ProgettoOvidio"/> (12. ''Le ricchezze sono deleterie'')
:''Opes invisae merito sunt forti viro, quia dives arca veram laudem intercipit.'' (XII. ''Malas esse divitias'')
 
*Prometeo ha plasmato la lingua della donna secondo il modello del membro virile. Da qui l'[[fellatio|affinità oscena]].<ref name="ProgettoOvidio"/> (14. ''Prometeo'')
:''A fictione veretri linguam mulieris. Affinitatem traxit inde obscenitas.'' (XIV. ''Prometheus'')
 
*Le [[capra|capre]] avevano ottenuto da Giove la barba, i caproni allora si indignarono, deplorando che le femmine avessero raggiunto una dignità pari alla loro. «Lasciate che godano di una gloria vana», disse Giove, «e che si approprino delle insegne del vostro grado, purché non vi siano alla pari in fortezza».<ref name="ProgettoOvidio"/> (17. ''Le capre barbute'')
:''Barbam capellae cum impetrassent ab Iove, hirci maerentes indignari coeperunt, quod dignitatem feminae aequassent suam. «Sinite» inquit «illas gloria vana frui et usurpare vestri ornatum muneris, pares dum non sint vestrae fortitudinis».'' (XVII. ''De capris barbatis'')
 
*[[Gli uomini si dividono in due categorie|La favoletta distingue due tipi di uomini]]: quelli che si bardano di falsi meriti e quelli il cui valore rivela un motivo fondato di gloria.<ref name="ProgettoOvidio"/> (25. ''La formica e la mosca'')
:''Fabella talis hominum discernit notas eorum qui se falsis ornant laudibus, et quorum virtus exhibet solidum decus.'' (XXV. ''Formica et musca'')
 
====Libro V====
*La [[temerarietà|temerità]] per pochi risulta un vantaggio, per molti un male.<ref name="ProgettoOvidio"/> (4. ''L'orzo dell'asino e del porcello'')
:''Paucis temeritas est bono, multis malo.'' (IV. ''Asinus et Porcelli Hordeum'')
 
*Gli uomini di solito prendono delle cantonate per la loro stolta [[faziosità|parzialità]], e, perseverando nel loro erroneo giudizio, sono poi costretti a pentirsene dinanzi all'evidenza.<ref name="ProgettoOvidio"/> (5. ''Il buffone e il contadino'')
:''Pravo favore labi mortales solent et, pro iudicio dum stant erroris sui, ad paenitendum rebus manifestis agi.'' (V. ''Scurra [et] rusticus'')
 
*Quando un vanesio, accecato dal fragile favore popolare, perviene a una eccessiva stima di se stesso, è messo facilmente in ridicolo per la sua stolta vacuità.<ref name="ProgettoOvidio"/> (7. ''Il flautista presuntuoso'')
:''Ubi vanus animus aura captus frivola arripuit insolentem sibi fiduciam, facile ad derisum stulta levitas ducitur.'' (VII. ''Procax tibicen'')
 
====Appendice perottina====
*L'[[avarizia|avaro]] non dà volentieri nemmeno quello che gli avanza.<ref name="ProgettoOvidio"/> (1. ''La scimmia e la volpe'')
:''Auarum etiam quod sibi superest non libenter dare.'' (I. ''Simius et vulpes'')
 
*I [[vizio|vizi]], se nascosti, talvolta giovano all'uomo, ma col passare del tempo appare la verità.<ref name="ProgettoOvidio"/> (6. ''Nulla rimane a lungo nascosto'')
:''Simulata interdum vitia prosunt hominibus, sed tempore ipso tamen apparet veritas.'' (VI. ''Nihil diu occultum'')
 
*La [[fame]] dunque aguzza l'ingegno anche agli stolti.<ref name="ProgettoOvidio"/> (22. ''L'orso affamato'')
:''Ergo etiam stultis acuit ingenium fames.'' (XXII. ''Ursus esuriens'')
 
*Se gli uomini riuscissero a rinunciare ai loro averi, poi vivrebbero sicuri; nessuno tenderebbe insidie a un corpo nudo.<ref name="ProgettoOvidio"/> (31. ''Il bivero'')
:''Hoc si praestare possent homines, ut suo vellent carere, tuti posthac viverent; haud quisquam insidias nudo faceret corpori.'' (XXX. ''Fiber'')