Kazimierz Waliszewski: differenze tra le versioni

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→‎Il romanzo di una imperatrice. Caterina II di Russia: la prodigalità di Caterina II di Russia
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*Il barone de Breteuil<ref>Louis Charles Auguste Le Tonnelier, barone di Breteuil e di Preuilly (1730–1807), diplomatico e politico francese.</ref> dice, in uno dei suoi telegrammi, che dovendo firmare {{NDR|Elisabetta di Russia}}, nel 1760, la rinnovazione del trattato concluso nel 1746 con la Corte di Vienna, essa aveva già cominciato a scrivere: «Eli...» quando un'ape venne a posarsi sulla sua penna. Essa si fermò; e passarono sei mesi prima che si decidesse a finire il proprio nome. (parte prima, cap. 2, p. 46)
 
*Il futuro re di Polonia {{NDR|[[Stanislao II Augusto Poniatowski]]}} aveva allora ventidue anni. Dotato d'una fisionomia piacevole, non poteva rivaleggiare in bellezza con Sergio Saltykof; ma era un gentiluomo compitissimo secondo la moda di allora: istruzione varia, abitudini raffinate, educazione cosmopolita, una verniciatura di filosofia, era insomma un campione perfetto della specie, ed era il primo che si offrisse alla curiosità di Caterina. Egli impersonava agli occhi di lei quella coltura di mente e quella vernice mondana di cui gli scritti di Voltaire e di M.me de Sévigné le avevano dato l'idea e il gusto passeggiero. (parte seconda, cap. 1, pp. 129-130)
 
*Malgrado il suo amore dell'ordine e perfino certe abitudini borghesi d'economia, [[Caterina II di Russia|Caterina]] fu, per tutta la sua vita, una prodiga. Il gusto per l'ostentazione la vinceva su tutto, e anche un certo modo di prospettarsi l'utilità di certe spese, che le abitudini mercenarie del suo paese nativo le avevano ficcato in testa e che l'esperienza acquisita nel nuovo ambiente in cui era destinata a vivere, non fece che sviluppare. La fede nell'onnipotenza della mancia fu una delle credenze a cui rimase più costantemente attaccata. (parte seconda, cap. 1, p. 133)