Mohammad Reza Pahlavi: differenze tra le versioni

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*Per giudicare uno qualsiasi di questi regimi si possono usare due mezzi. Uno consiste nel vedere quale rapporto esista fra i governanti, da un lato e il proletariato o gente comune, dall'altro. Sono, questi governanti, membri del proletariato come vorrebbero farci credere e identificano veramente i loro interessi con quelli del semplice cittadino? Sembra invece che tutte le [[Dittatura del proletariato|dittature proletarie]] siano in effetti controllate da una piccola élite che si preoccupa molto poco dei diritti dell'uomo comune.<br>In secondo luogo bisogna domandarsi se il proletariato abbia voce in capitolo per quanto riguarda la linea politica dei governanti. In base alla mia esperienza devo dire che la gente del popolo ha pochissimo, o addirittura nessuno influsso sul governo, sulla propria vita e sul proprio futuro.<br>I dittatori comunisti hanno in comune coi fascisti la loro simpatia per le elezioni. Con ciò sperano di dare al semplice lavoratore l'impressione di contribuire al governo del paese. Essi però accettano un solo partito politico; chiunque tenti di farne sorgere un alto, o chiunque esprima un'opinione contraria al partito al governo, corre il rischio di venire eliminato. Nelle elezioni (ammesso che le si possa chiamare tali) l'elettore non ha scelta, giacché i soli candidati in lista sono quelli del partito al potere. Il cittadino viene sollecitato a votare (o gli viene ordinato di votare) semplicemente per una questione di forma; poi le autorità annunciano trionfalmente che, diciamo, il novantanove per cento dei voti era a favore del parito al governo. Mi domando come tante persone intelligenti possano lasciarsi ingannare da questo genere di cose. (p. 188)
 
*Se fossi un dittatore potrei patrocinare un singolo partito come fece Hitler in Germania e come accade nei paesi comunisti. Essendo sovrano di una monarchia costituzionale, invece, posso permettermi solo d'incoraggiare su vasta scala la loro attività, ben lunghi dal legarmi a un partito e alla concezione di uno stato monopartitico. Come simbolo dell'unità del mio popolo, io posso promuovere due o più partiti senz'avere alcun rapporto con loro. (pp. 200-201)
 
*La [[democrazia]] politica non può funzionare come un apparecchio elettrico che si accende e spegne quando si vuole. Una vera democrazia politica richiede intelligenza; gli elettori devono avere un'idea dei meriti dei candidati e dei loro programmi. Ciò esige maturità e tolleranza; il ricco deve accontentarsi dello stesso voto di cui fruisce il povero, e il partito che viene sconfitto (anche se soltanto per alcuni voti) deve accettare pacificamente la cosa e agire lealmente invece di ricorrere a un'opposizione negativa. È indispensabile l'onestà, e i funzionari politici e civili devono resistere all'umana tentazione di derubare o ingannare il popolo. È necessaria una continua vigilanza; la negligenza politica o amministrativa e la falsità devono essere denunciate dai cittadini amanti della patria e punite severamente. Infine una reale democrazia richiede dedizione, entusiasmo, dinamismo. Io non sostengo quindi questo sistema politico come qualcosa che sia facile da realizzare e da mantenere; sto semplicemente mettendo in rilievo che, secondo noi, i valori umani impliciti in una vera democrazia politica valgono qualsiasi prezzo. (pp. 206-207)
 
*Un vero governo democratico è la cosa più complessa e difficile che si possa organizzare, ma è anche la forma migliore di governo scoperta dagli uomini. (p. 225)
 
*La donna è una creatura così paradossale che forse proprio per questo la questione femminile suscita ovunque vivaci discussioni. (p. 254)
 
*{{Su [[Soraya Esfandiary Bakhtiari]]}} Benché Soraya frequentasse la scuola elementare tedesca a Isfahan e in casa parlasse tedesco oltre che persiano, la sua fu un'infanzia tipicamente persiana. (p. 258)
 
*Durante i sette anni in cui la regina Soraya e io vivemmo insieme, ella s'impegnò sempre più attivamente nell'assistenza sociale. Per esempio, ricordo la sua indignazione non priva di fascino allorché visitò uno dei più vecchi orfanotrofi del paese, diretto da amministratori incapaci e corrotti. Con occhi fiammeggianti mi parlò delle miserevoli condizioni dei bambini ivi ospitati e del suo desiderio ch'io facessi immediatamente qualcosa per migliorarle. Senza indugio disposi che l'orfanotrofio venisse ricostruito dalla Fondazione Pahlavi e che ad amministrarlo in seguito fosse la Società Soraya affiliata alla fondazione stessa. Raramente mi è accaduto di assistere a una trasformazione così radicale come quella che avvenne nei bambini di quell'orfanotrofio. (p. 261)
 
*{{NDR|Su [[Farah Pahlavi]]}} Dopo il matrimonio ella si dedicò completamente all'adempimento dei suoi compiti di regina, ed è per me motivo costante di conforto l'interesse profondo che lei mostra verso i problemi sociali del paese. (p. 265)
 
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