Arthur Schopenhauer: differenze tra le versioni

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*Nella stessa guisa che sopra una nave non ci rendiamo conto del suo cammino se non perché vediamo gli oggetti situati sulla riva allontanarsi e quindi farsi più piccoli, così non ci avvediamo di [[invecchiamento|divenir vecchi]], sempre più vecchi, se non per il fatto che persone d'una età ognora più avanzata ci sembrano giovani. (p. 110)
*[...] un'aria di melanconia e di tristezza è propria della gioventù, ed una certa serenità della vecchiaja; [...]. (p. 112)
*Carattere fondamentale della [[senilità|vecchiajàvecchiaja]] è il disinganno; in essa non più di quelle illusioni che davano alla vita una bellezza incantevole ed all'attività uno stimolo; si ha conosciuto la nullità e la vanità in questo basso mondo di qualunque magnificenza, [...]. (p. 113)
*La [[vita]] umana, propriamente parlando, non può esser detta lunga né corta, perocché, in sostanza, è la scala su cui misuriamo tutte le altre lunghezze di tempo. (p. 114, nota 48)
*La differenza fondamentale tra la gioventù e la vecchiaja rimane sempre questa: la prima ha in prospettiva la vita, la seconda la morte; per conseguenza una possede un passato corto ed un lungo avvenire, e l'altra l'opposto. (p. 115)
*La vita negli ''anni della [[senilità|vecchiaia]]'' assomiglia al quinto atto di una tragedia: si sa che la fine tragica è vicina, ma non si sa ancora quale sarà.<ref>Da ''La saggezza della vita'', Newton Compton Editori, 2012, [https://books.google.it/books?id=ptvcbsLnhtUC&pg=PT172 p. 172]. ISBN 8854142840</ref>
*Il destino mescola le carte e noi giochiamo.
:''Das Schicksal mischt die Karten, und wir spielen''.<ref>Da ''Aphorismen zur Lebensweisheit'', Insel Verlag, Frankfurt/M., Leipzig, 1976, p. 198.</ref>
*Come all'inizio della primavera tutte le fronde hanno lo stesso colore e quasi la stessa forma, così anche noi nella prima infanzia siamo tutti simili e armonizzati quindi perfettamente. (VI, "La differenza delle età")<ref name=dizcit/>
*Dite che gli amici nel bisogno sono rari? Al contrario: appena si è stretta amicizia con uno, ecco che è subito nel bisogno e vorrebbe farsi prestar denaro.<ref name=dizcit>Citato nel ''Dizionario delle citazioni'', a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 881714603X</ref>
*Erigere un monumento a un vivo significa che nei suoi riguardi non c'è da fidarsi dei posteri. (IV, "Di ciò che si rappresenta")<ref name=dizcit/>
*Ho osservato che il carattere di quasi tutti gli uomini sembra particolarmente adatto a un'età della vita, di maniera che in questa fa la sua figura migliore. Alcuni sono giovani amabili e poi basta; altri uomini energici e attivi, ai quali la vecchiaia toglie ogni valore; altri si presentano più favorevolmente nella vecchiaia quando sono più miti, più esperti e tranquilli. (VI, "La differenza delle età")<ref name=dizcit/>
*In genere, nove decimi della nostra felicità si basano esclusivamente sulla salute. Con questa ogni cosa diventa fonte di godimento. (II, "Di ciò che si è")<ref name=dizcit/>
*La [[gloria]] la si deve acquistare, l'onore invece basta non perderlo.<ref>IV, "Di ciò che si rappresenta".</ref>
:''Ruhm muß erworben werden; die Ehre hingegen, brraucht nur nicht verloren zu werden''.
*La serenità e la vitalità della nostra giovinezza derivano in parte dal fatto che procedendo in salita non vediamo la morte, perché questa è ai piedi dell'altro versante. (VI, "La differenza delle età")<ref name=dizcit/>
*Per molta gente i filosofi sono degli importuni sonnambuli che lo disturbano nel sonno.<ref name=dizcit/>
*Vista dai giovani la vita è un avvenire infinitamente lungo, vista dai vecchi un passato molto breve. (VI, "La differenza delle età")<ref name=dizcit/>
 
==''Il fondamento della morale''==
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*Il ''[[risata|riso]]'' nasce ogni volta da nient'altro che dall'incongruenza improvvisamente scorta fra un concetto e gli oggetti reali che per mezzo di esso erano stati pensati in una qualunque relazione, ed esso stesso è appunto solo l'espressione di questa incongruenza. Essa si produce spesso per il fatto che due o più oggetti reali vengono pensati per mezzo di un solo concetto e l'identità di quest'ultimo viene trasferita a quelli; ma poi una totale diversità di essi nel resto rende evidente che il concetto conveniva loro solo in un aspetto unilaterale. Altrettanto spesso è tuttavia un unico oggetto reale, quello la cui incongruenza con il concetto, sotto il quale esso era stato da una parte a ragione sussunto, diventa improvvisamente avvertibile. Quanto più giusta poi è da una parte la sussunzione di tali realtà sotto il concetto, e quanto più grande e stridente è d'altra parte la loro inadeguatezza rispetto ad esso, tanto più forte è l'effetto del [[ridicolo]] che scaturisce da questo contrasto. Ogni ridere nasce dunque a motivo di una sussunzione paradossale e pertanto inaspettata; è indifferente che si esprima a parole o a fatti. È questa in breve la vera spiegazione del ridicolo.
*Il suicidio, lungi dall'essere negazione della volontà [...] è un atto di forte affermazione della volontà stessa [...] ne deriva che la distruzione di un fenomeno isolato è azione in tutto vana e stolta.
*In verità, non esiste godimento se non nell'uso e sentimento delle proprie forze, e il maggior dolore è la riconosciuta mancanza di forze, là dove se n'avrebbe bisogno.<ref name=dizcit/>
*[...] l'antichissima sapienza indiana dice: «È Maya, il [[Velo di Māyā|velo]] ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o anche rassomiglia alla corda gettata a terra, che egli prende per un serpente» (Questi paragoni si trovano ripetuti in luoghi innumerevoli dei Veda e dei Purana).
*L'unica origine dell'[[arte]] è la conoscenza delle idee; e il suo unico fine è la comunione di tale conoscenza.<ref name=cic>Citato in [[Vincenzo Cicero]], ''Introduzione a «La nascita dell'estetica moderna da Kant a Schopenhauer»'', Colonna Edizioni, Milano 2002; traduzione di Vincenzo Cicero.</ref>
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*La vita d'ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti significanti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della commedia. Imperocchè l'agitazione e il tormento della giornata, l'incessante ironia dell'attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d'ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene da commedia. Ma i desideri sempre inappagati, il vano aspirare, le speranze calpestate senza pietà dal destino, i funesti errori di tutta la vita, con accrescimento di dolore e con morte alla fine, costituiscono ognora una tragedia. Così, quasi il destino avesse voluto aggiungere lo scherno al travaglio della nostra esistenza, deve la vita nostra contenere tutti i mali della tragedia, mentre noi riusciamo neppure a conservar la gravità di personaggi tragici, e siamo invece inevitabilmente, nei molti casi particolari della vita, goffi tipi da commedia. (§ 58)
*La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è [[sogno|sognare]].
**Le cause non determinano il carattere della persona, ma soltanto il manifestarsi di questo carattere, cioè le azioni.<ref name=dizcit/>
*Mentre per l'uomo comune il proprio patrimonio conoscitivo è la lanterna che illumina la strada, per l'uomo geniale è il sole che rivela il mondo.
*Nel ''[[Corano]]'' troviamo la forma più squallida e più povera di [[teismo]]. Ammettiamo pure che molto sia andato perduto nella traduzione, ma, in quest'opera, io non sono riuscito a scoprire nemmeno un pensiero dotato di valore.
:''Man betrachte z.B. den Koran: dieses schlechte Buch war hinreichend, eine Weltreligion zu begründen, das metaphysische Bedürfniß zahlloser Millionen Menschen seit 1200 Jahren zu befriedigen, die Grundlage ihrer Moral und einer bedeutenden Verachtung des Todes zu werden, wie auch, sie zu blutigen Kriegen und den ausgedehntesten Eroberungen zu begeistern. Wir finden in ihm die traurigste und ärmlichste Gestalt des Theismus. Viel mag durch die Uebersetzungen verloren gehen; aber ich habe keinen einzigen werthvollen Gedanken darin entdecken können''.<ref>Da ''Die Welt als Wille und Vorstellung'', secondo libro, secondo volume, seconda metà, [http://www.zeno.org/nid/20009267115 cap. 17 zeno.org].</ref>
*Nella [[tragedia]] vediamo le creature più nobili rinunziare, dopo lunghi combattimenti e lunghe sofferenze, ai fini perseguiti con accanimento, sacrificare per sempre le gioie della vita, oppure sbarazzarsi liberamente con gioia del peso dell'esistenza medesima... bisogna tenere bene a mente, se si vuol comprendere l'insieme delle considerazioni presentate in quest'opera, che quest'opera suprema del supremo genio poetico ha il fine di mostrare il lato terribile della vita, i dolori senza nome, le angosce dell'umanità, il trionfo dei malvagi, il poter schernitore del caso, la disfatta irreparabile del giusto e dell'innocente; nel che si ha un indice significativo della natura del mondo e dell'esistenza.
*Nel [[Nuovo Testamento]] si parla del mondo come di qualcosa di estraneo, che non si ama, dominato dal diavolo. Questo coincide con lo spirito ascetico della negazione del proprio Sé e del superamento del mondo, che insieme all'illimitato amore per il prossimo, addirittura per il nemico, è la caratteristica che il cristianesimo ha in comune con il bramanesimo e il buddismo, e ne dimostra l'affinità.
*Nessun essere, eccetto l'uomo, si stupisce della propria esistenza; per tutti gli [[animali]] essa è una cosa che si intuisce per se stessa, nessuno vi fa caso. Nella pacatezza dello sguardo degli animali parla ancora la saggezza della natura; perché in essi la volontà e l'intelletto non si sono ancora distaccati abbastanza l'uno dall'altro per potersi, al loro reincontrarsi, stupirsi l'uno dell'altra. Così qui l'intero fenomeno aderisce ancora strettamente al tronco della natura, dal quale è germogliato, ed è partecipe dell'inconsapevole onniscienza della grande Madre. Solo dopo che l'intima essenza della natura (la volontà di vivere nella sua oggettivazione) s'è elevata attraverso i due regni degli esseri incoscienti e poi, dopo essere passata, vigorosa ed esultante, attraverso la serie lunga e vasta degli animali, è giunta infine, con la comparsa della ragione, cioè nell'uomo, per la prima volta alla riflessione: allora essa si stupisce delle sue proprie opere e si chiede che cosa essa sia. La sua meraviglia, però, è tanto più seria, in quanto essa si trova qui per la prima volta coscientemente di fronte alla morte, e, accanto alla caducità di ogni esistenza, le si rivela anche, con maggiore o minore consapevolezza, la vanità di ogni aspirazione. Con questa riflessione e con questo stupore nasce allora, unicamente nell'uomo, il bisogno di una metafisica: egli è dunque un ''animal metaphysicum''. (citato<ref>Citato in Umberto Antonio Padovani, Andrea Mario Moschetti, ''Grande antologia filosofica'', Marzorati, Milano, 1971).</ref>
*Nessuna [[verità]] è più certa, più assoluta, più lampante di questa: tutto ciò che esiste non è altro che l'oggetto in rapporto al soggetto.
*Noi ci illudiamo continuamente che l'oggetto voluto possa porre fine alla nostra volontà. Invece, l'oggetto voluto assume, appena conseguito, un'altra forma e sotto di essa si ripresenta. Esso è il vero demonio che sempre sotto nuove forme ci stuzzica. (<ref>I, 52 in ''Grande Antologia Filosofica'', Marzorati, Milano, 1971, vol. XIX, p. 143).</ref>
*Presso di me, come presso [[Spinoza]], il mondo esiste per interna forza e da se stesso. (citato<ref>Citato in Emilia Giancotti, ''Baruch Spinoza 1632-1677'', Editori riuniti, Roma, 1985).</ref>
*Quei signori {{NDR|i professori di filosofia}} vogliono vivere, e precisamente vivere della [[filosofia]]: da questa traggono sostentamento con moglie e prole, e tutto – nonostante il «''povera e nuda vai filosofia''» del [[Francesco Petrarca|Petrarca]] – tutto essi hanno arrischiato su di lei.
*Se percepiamo più facilmente l'idea nell'opera d'arte che nella contemplazione diretta della natura e della realtà, ciò si deve al fatto che l'artista, il quale non si fissa che nell'idea e non volge più l'occhio alla realtà, riproduce anche nell'opera d'arte l'idea pura, distaccata dalla realtà e libera da tutte le contingenze che potrebbero turbarla.
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==''Parerga e Frammenti postumi''==
*Bisogna che anche in Europa, finalmente, si imponga una verità [...] che non può essere più a lungo celata: che, cioè, gli animali ''in tutti gli aspetti principali ed essenziali sono esattamente la stessa cosa che noi'', e che la differenza risiede soltanto nel grado di intelligenza [...]. Infatti, soltanto quando nel popolo sarà penetrata quella convinzione, così semplice e che non ammette nessun dubbio, gli animali non rappresenteranno più esseri privi di [[diritti degli animali|ogni diritto]] [...].<ref>Citato in Ditadi 1994, p. 795.</ref>
*Che cosa rende filosofi? Il coraggio di non serbare nel proprio cuore alcuna [[domanda]]. (da<ref>Da ''Sulla filosofia e il suo metodo'', in ''Parerga e Paralipomena'').</ref>
*Chi ama la verità odia gli [[dèi]], così al singolare come al plurale.
*Dal momento che l'ultima ratio theologorum, cioè il rogo, non è più di moda, sarebbe un poltrone colui che usasse ancora tanti riguardi con la menzogna e l'impostura.
*'''Demofele''' — Detto tra noi non mi piace, mio caro amico, che dall'alto della tua filosofia tu ti prenda gioco della religione e a volte, anzi, la schernisca apertamente. Per ciascuno la sua fede è sacra, e dovrebbe esserlo anche per te.<br>'''Filalete''' — ''Nego consequentiam!'' Non vedo perché, se altri si lasciano abbindolare, io dovrei rispettare la menzogna e l'inganno. (da<ref>Da ''Della religione'', in ''Parerghi e paralipomeni''; citato in [[Fruttero & Lucentini]], ''Íncipit'', Mondadori, 1993).</ref>
*[[Dio]] è nella moderna filosofia ciò che furono gli ultimi re franchi sotto i majores domus, un vuoto nome che si conserva per fare più tranquillamente all'ombra di esso il proprio comodo.
*Dio è per i prìncipi lo spauracchio con cui essi mandano a letto i bambini grandi quando non c'è più altro che serva; quindi essi l'hanno in gran conto. [...] Di più, dopo che cadde in disuso l'ultima ratio theologorum, quel mezzo di governo perdette molto della sua efficacia. Imperocché tu ben sai che le religioni sono come le [[lucciola|lucciole]]: per risplendere esse hanno bisogno dell'oscurità. Un certo grado di ignoranza generale è la condizione di tutte le religioni, è il solo elemento nel quale esse possono vivere.
*È fuori di dubbio che le dottrine della fede – basate sull'autorità, sul miracolo e sulla rivelazione – sono un ripiego unicamente adatto all'infanzia dell'umanità.
*Evidentemente è giunta l'ora [...] di riconoscere, risparmiare e rispettare in quanto tale ''l'eterna essenza, che, come in noi, vive anche in tutti gli [[animali|animali]]''. Sappiatelo! Ricordatelo! [...] Bisogna essere ciechi [...] per non riconoscere che ''l'animale'', nelle cose essenziali e principali, è assolutamente la stessa cosa che siamo noi, e che la differenza sta soltanto nelle cose accidentali, nell'intelletto, ma non nella sostanza, che è la volontà. Il mondo non è un'opera raffazzonata, né gli animali sono prodotti di fabbrica per nostro uso e consumo.<ref>Citato in Ditadi 1994, p. 794.</ref>
*Già dalla sua conformazione fisica si capisce che la [[Maschio e femmina|donna]] non è fatta per grandi lavori materiali né intellettuali. La colpa del vivere essa non la sconta agendo, ma soffrendo: con i dolori del parto, con l'affanno per i figli, con la sottomissione all'[[Maschio e femmina|uomo]]. (da<ref>Da ''Sulle donne'', in ''Parerghi e paralipomeni''; citato in [[Fruttero & Lucentini]], ''Íncipit'', Mondadori, 1993).</ref>
*Gli animali sono, assai più di noi, soddisfatti per il semplice fatto di esistere; le piante lo sono interamente; gli uomini lo sono secondo il grado della loro stupidità. [...] Questa dedizione totale al presente, propria degli animali, è la precipua causa del piacere che ci danno gli animali domestici.
*I cristiani sono ammaestrati a farsi il [[segno della croce]] in certe occasioni, a inchinarsi e cosi via; del resto la religione è, in genere, il vero capolavoro dell'ammaestramento.
*I [[porcospino|porcospini]] stanno bene vicini, ma non troppo. (da<ref>Da ''Parerga e Paralipomena'', II, 2, cap. 30, 396) .</ref>
*Il [[medico]] vede l'uomo in tutta la sua debolezza, l'avvocato in tutta la sua cattiveria, il parroco in tutta la sua stupidità.
*In fondo al cuore le [[Maschio e femmina|donne]] pensano che compito dell'[[Maschio e femmina|uomo]] è guadagnare soldi, e compito loro spenderli. (da ''Parerga e Paralipomena'')
:''Der Arzt sieht den Menschen in seiner ganzen Schwäche, der Advokat in seiner ganzen Schlechtigkeit und der Priester in seiner ganzen Dummheit''.<ref>Da ''Parerga und Paralipomena'', "Psychologische Bemerkungen", 357.</ref>
*In fondo al cuore le [[Maschio e femmina|donne]] pensano che compito dell'[[Maschio e femmina|uomo]] è guadagnare soldi, e compito loro spenderli. (da<ref>Da ''Parerga e Paralipomena'').</ref>
*In nessuna cosa si deve tanto distinguere fra il nocciolo e il guscio quanto nel cristianesimo. Appunto perché io desidero il nocciolo, ne spezzo talvolta il guscio.
*Io so bene che mi sentirò ripetere che la mia filosofia è disperata; ma solo perché io parlo secondo verità, e gli uomini vogliono sentire invece le lodi di Dio che ha ordinato il tutto secondo il meglio. Ma allora andate in chiesa e lasciate i filosofi in pace.
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*Le religioni sanno di rivolgersi non già alla convinzione con delle ragioni, bensì alla fede con delle rivelazioni. L'età più propizia per queste ultime è la fanciullezza; per conseguenza esse hanno soprattutto cura di impadronirsi di questa tenera età. Con questo mezzo, ancor più che con minacce o con narrazioni di prodigi, si riesce a radicare profondamente le dottrine della fede.
*Nei secoli passati la religione era una foresta dietro la quale potevano tenersi e nascondersi gli eserciti. Ora, dopo tanti tagli, è appena più una macchia dietro cui possono talvolta appiattarsi dei furfanti. Bisogna quindi guardarsi da quelli che la tirano in ballo ad ogni occasione, e risponder loro col proverbio sopra citato: «''Detrás de la cruz está el Diablo''»<ref>Traduzione: «Dietro la croce v'è il Diavolo».</ref>
*Nelle persone di capacità limitate la [[modestia]] è semplice onestà, ma in chi possiede un grande talento è ipocrisia. (da<ref>Da ''Parerga e paralipomena''; citato in Elena Spagnol, ''Citazioni'', Garzanti, 2003).</ref>
*Oggi si stanno formando dovunque in Europa e in America, delle società di protezione degli animali, le quali sarebbero per tutta l'Asia ''incirconcisa'' la cosa più superflua del mondo, essendoché ivi la religione protegge sufficientemente gli animali e li fa anzi oggetto di beneficenza positiva [...]. Si veda invece con quale inaudita malvagità la nostra plebe cristiana si comporta verso gli animali, uccidendoli senza scopo ed anche solo per sollazzo, mutilandoli o martirizzandoli, non esclusi quelli da cui essa ricava il suo principale nutrimento [...]. Ben si potrebbe dire che gli uomini sono i demoni della terra e gli animali le anime tormentate. (1981, p. 298)
*Ogni [[animale]] ha il suo intelletto evidentemente solo allo scopo di trovare e procacciarsi il cibo, e secondo ciò è anche determinata la misura del suo intelletto. Non altrimenti stanno le cose per l'uomo; solo che la maggiore difficoltà della sua conservazione e l'infinita moltiplicabilità dei suoi bisogni ha reso necessaria una misura maggiore di intelletto. Soltanto quando questa misura viene superata, per una anormalità, si ha un'eccedenza assolutamente esente dal servizio della volontà, che, se è considerevole, si chiama genio. Per questa ragione soltanto un tale intelletto diventa dapprima oggettivo; ma può avvenire che, a un certo grado, diventi anche metafisico, o per lo meno aspiri a esserlo. Infatti, proprio in conseguenza della sua oggettività, la natura stessa, la totalità delle cose, diventa il suo oggetto e il suo problema. Soltanto in lui, cioè, la natura comincia a percepirsi proprio come qualcosa che è, e pur tuttavia potrebbe anche essere diversamente; mentre, nell'intelletto comune, normale, la natura non si percepisce chiaramente – come il mugnaio non ode il rumore della macina, o il profumiere non sente il profumo del suo negozio. Sembra per lui una cosa pacifica: ne è prigioniero. Solo in certi momenti più chiari la percepisce, e quasi se ne spaventa: ma si rassegna ben presto. È facile vedere che cosa questi cervelli normali possono dare in filosofia, anche quando si riuniscono in grandi masse. Se invece l'intelletto fosse metafisico per origine e destinazione, essi potrebbero, specialmente unendo le loro forze, promuovere la filosofia come ogni altra scienza. <ref>Da ''Alcune considerazioni sul contrasto''; in ''Parerga e paralipomena'', Adelphi, § 67, pp. 128-129.</ref>