Mario Monicelli: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Mario Monicelli==
*Chi ride, ruba alla morte.<ref>Citato in "Duellanti" n. 67, gennaio-febbraio 2011, p. 81.</ref>
*Come finisce non lo so. [...] Io spero che finisca in una specie di... quello che in Italia non c'è mai stato: una bella botta. Una bella rivoluzione. Rivoluzione che non c'è mai stata, in Italia. C'è stata in Inghilterra, c'è stata in Francia, c'è stata in Russia, c'è stata in Germania. Dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualche cosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto: sono 300 anni che è schiavo di tutti.<ref name= raiperunanotte>Dall'intervista ''[https://www.youtube.com/watch?v=cwKA-X6dNLM Raiperunanotte - Mario Monicelli]'', 25 marzo 2010.</ref>
*Dovremmo ricordarci che senza [[Stalin]] ora saremmo tutti nazisti. Invece [[Roberto Benigni|Benigni]], in una delle sue genuflessioni alla Chiesa e all'America, ha fatto liberare [[Campo_di_concentramento_di_Auschwitz|Auschwitz]] da un carro armato americano. Roberto! Auschwitz è stata liberata dall'[[Armata Rossa]].<ref>Dall'intervista di Aldo Cazzullo ''[http://www.cinquantamila.it/storyTellerArticolo.php?storyId=0000001398491 La mia Italia fra guerra e cinema]'', ''Corriere della Sera'', 24 dicembre 2003.</ref>
*Gli uomini vestiti da soldati sono sempre a proprio agio, non c'è bisogno di ingaggiare degli attori professionisti per questo. Così come le donne: se le vesti da puttane, va sempre bene.<ref>Citato in Claudia Morgoglione, ''[http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/spettacoli_e_cultura/rose-del-deserto/rose-del-deserto/rose-del-deserto.html?ref=search Monicelli e la tragicommedia della guerra "Ma gli italiani allora erano migliori..."]'', ''Repubblica.it'', 22 novembre 2006.</ref>
*Le grandi [[crisi esistenziale|domande esistenziali]] non mi interessano. Chi siamo e dove andiamo sono cose su cui non mi sono mai soffermato. Quelle bischerate là servono solo ad alimentare l'angoscia.<ref>Dall'intervista di Simonetta Robiony, ''Monicelli tutto lavoro'', ''La Stampa'', 18 marzo 1994, p. 23.</ref>
*{{NDR|Su [[Vittorio Gassman]]}} Poi arrivò la sua depressione. Mi resi conto quanto ne fosse già segnato assistendo, qualche anno fa, a una sua interpretazione di Otello. Un Otello straordinariamente insolito, malinconico, ripiegato su se stesso, consapevole del tempo che passa. Ho sempre pensato che l'immagine forte, autorevole, positiva, sempre capeggiante che Vittorio offriva di sé, fosse un artificio edificato in nome della sua enorme insicurezza. Era come se vivesse nel timore che la terra gli mancasse sotto i piedi da un momento all'altro. Strafaceva per nascondersi. Quella depressione cupa, violenta, divorante, gli era nata dentro dal contrasto col personaggio che s'era costruito. Era il prezzo della sua verità.<ref>Citato in ''Così inventai il comico dentro di lui'', ''la Repubblica'', 30 giugno 2000.</ref>
*Senza questi elementi, fame, morte, malattia e miseria noi non potremmo far ridere in Italia.<ref>Dall'[http://www.unmondoaparte.it/mariomonicelli.html intervista] di Alberto Pallotta, in Alberto Pallotta (a cura di), ''I soliti ignoti'', Un mondo a parte, 2002.</ref>
*{{NDR|Su [[Totò]] e [[Peppino De Filippo]]}} Venivano dalla tradizione centenaria del teatro dell'arte. Andavano a soggetto, avevano una traccia, due o tre battute fondamentali e su quello ricamavano per le mezz'ore. Erano talmente affiatati che bisognava calmarli, altrimenti andavano avanti all'infinito. Totò era così non soltanto con Peppino, ma anche con [[Aldo Fabrizi]], con [[Nino Taranto]].<ref>Citato in [[Peppino De Filippo]], ''Pappagone e non solo'', a cura di Marco Giusti, Mondadori, 2003.</ref>
*È stato l'attore più grande ma è soprattutto stato uno straordinario autore, l'artefice del suo personaggio con cui ha attraversato più di 50 anni di storia italiana. Da regista dico che era straordinariamente facile lavorare con [[Alberto Sordi|Sordi]] proprio perché era un grandissimo; bastavano poche occhiate e ci si capiva sul tono da dare alla sua interpretazione e quindi al film. È stato un comico capace di contraddire tutte le regole del comico.<ref>Citato in ''[http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2003/02_Febbraio/25/reazioni2.shtml La morte di Alberto Sordi: le reazioni del mondo dello spettacolo]'', ''Corriere della Sera'', 25 febbraio 2003.</ref>
*Solo gli stronzi muoiono.<ref>Nella trasmissione radio ''Viva Radio 2'', 4 dicembre 2006.</ref>
*Non avevo mai girato documentari e in un certo senso non ho girato nemmeno questo. C'erano con me un operatore, un fonico... e il vero autore dei documentari è sempre il montatore: in questo caso [[Valentina Romano]].<ref>Citato ne ''l'Unità'', 31 agosto 2008.</ref>
*Come finisce non lo so. [...] Io spero che finisca in una specie di... quello che in Italia non c'è mai stato: una bella botta. Una bella rivoluzione. Rivoluzione che non c'è mai stata, in Italia. C'è stata in Inghilterra, c'è stata in Francia, c'è stata in Russia, c'è stata in Germania. Dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualche cosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto: sono 300 anni che è schiavo di tutti.<ref name= raiperunanotte>Dall'intervista ''[https://www.youtube.com/watch?v=cwKA-X6dNLM Raiperunanotte - Mario Monicelli]'', 25 marzo 2010.</ref>
*Gli italiani sono fatti così: vogliono che qualcuno pensi per loro. Se va bene va bene, se va male poi l'impiccano a testa sotto.<ref name= raiperunanotte/>
*Gli uomini vestiti da soldati sono sempre a proprio agio, non c'è bisogno di ingaggiare degli attori professionisti per questo. Così come le donne: se le vesti da puttane, va sempre bene.<ref>Citato in Claudia Morgoglione, ''[http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/spettacoli_e_cultura/rose-del-deserto/rose-del-deserto/rose-del-deserto.html?ref=search Monicelli e la tragicommedia della guerra "Ma gli italiani allora erano migliori..."]'', ''Repubblica.it'', 22 novembre 2006.</ref>
*Il [[Neorealismo]] nel suo filone impegnato conteneva una serietà che non era quella del popolo italiano. Era una cosa finta che nasceva dai reduci della rivista ''Cinema''. C'era [[Giuseppe De Santis|De Santis]] che si impegnava... C'erano i [[Luchino Visconti|luchinisti]] che si impegnavano molto, facendo anche delle cose egregie. Ma l'Italia non era così. Né erano così i contadini e gli operai che loro mettevano in scena. Non ci si riconosceva nessuno, se non una piccolissima cerchia di malati del cinema.<ref>Citato in ''Duellanti'', n. 67, gennaio-febbraio 2011, pp. 82-83.</ref>
*La [[commedia all'italiana]] è finita, quando i registi hanno smesso di prendere l'autobus.<ref>Citato in Carlo Faricciotti, ''[http://ilgiornaleoff.ilgiornale.it/2015/05/15/monicelli-muoiono-soltanto-gli-stronzi/ Monicelli: "muoiono soltanto gli stronzi"]'', ''IlGiornaleOff.IlGiornale.it'', 15 maggio 2015.</ref>
*La speranza di cui parlate è una trappola, è una brutta parola, non si deve usare. La speranza è una trappola inventata dai padroni. La speranza è quella di quelli che ti dicono che "Dio...", "state buoni, state zitti, pregate, ché avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa, nell'aldilà; intanto perciò, adesso, state buoni, sarà nell'aldità". Così dice quello: "state buoni, tornate a casa, sì, siete dei precari ma intanto fra due o tre mesi vi riassiumiamo ancora, vi daremo il posto, eccetera; sì, sì, state buoni". Vanno a casa e stanno tutti buoni. "Abbiate speranza"! Mai avere la speranza: la speranza è una trappola. È una cosa infame inventata da chi comanda.<ref name= raiperunanotte/>
*Le grandi [[crisi esistenziale|domande esistenziali]] non mi interessano. Chi siamo e dove andiamo sono cose su cui non mi sono mai soffermato. Quelle bischerate là servono solo ad alimentare l'angoscia.<ref>Dall'intervista di Simonetta Robiony, ''Monicelli tutto lavoro'', ''La Stampa'', 18 marzo 1994, p. 23.</ref>
*Mai avere [[speranza]]: la [[speranza]] è una trappola, è una cosa infame inventata da chi comanda.<ref name= raiperunanotte/>
*Non avevo mai girato documentari e in un certo senso non ho girato nemmeno questo. C'erano con me un operatore, un fonico... e il vero autore dei documentari è sempre il montatore: in questo caso [[Valentina Romano]].<ref>Citato ne ''l'Unità'', 31 agosto 2008.</ref>
*{{NDR|Su [[Vittorio Gassman]]}} Poi arrivò la sua depressione. Mi resi conto quanto ne fosse già segnato assistendo, qualche anno fa, a una sua interpretazione di Otello. Un Otello straordinariamente insolito, malinconico, ripiegato su se stesso, consapevole del tempo che passa. Ho sempre pensato che l'immagine forte, autorevole, positiva, sempre capeggiante che Vittorio offriva di sé, fosse un artificio edificato in nome della sua enorme insicurezza. Era come se vivesse nel timore che la terra gli mancasse sotto i piedi da un momento all'altro. Strafaceva per nascondersi. Quella depressione cupa, violenta, divorante, gli era nata dentro dal contrasto col personaggio che s'era costruito. Era il prezzo della sua verità.<ref>Citato in ''Così inventai il comico dentro di lui'', ''la Repubblica'', 30 giugno 2000.</ref>
*Senza questi elementi, fame, morte, malattia e miseria noi non potremmo far ridere in Italia.<ref>Dall'[http://www.unmondoaparte.it/mariomonicelli.html intervista] di Alberto Pallotta, in Alberto Pallotta (a cura di), ''I soliti ignoti'', Un mondo a parte, 2002.</ref>
*Siamo senza speranza. L'aveva già spiegato [[Pier Paolo Pasolini|Pasolini]]: la speranza è una trappola, usata dal potente politico e religioso per ingabbiare i poveretti, con promesse di futuro benessere o di paradisiaci aldilà. Non c'è alcuna speranza di riscatto per il Paese. Il vero problema non è tanto la classe politica, che è una minoranza, ma questa generazione, che manda giù tutto senza protesta, cullandosi sulle promesse. È tutta una generazione che va cambiata, anzi rigenerata con urgenza.<ref>Citato in ''Duellanti'', n. 67, gennaio-febbraio 2011, p. 85.</ref>
*Solo gli stronzi muoiono.<ref>Nella trasmissione radio ''Viva Radio 2'', 4 dicembre 2006.</ref>
*{{NDR|Su [[Totò]] e [[Peppino De Filippo]]}} Venivano dalla tradizione centenaria del teatro dell'arte. Andavano a soggetto, avevano una traccia, due o tre battute fondamentali e su quello ricamavano per le mezz'ore. Erano talmente affiatati che bisognava calmarli, altrimenti andavano avanti all'infinito. Totò era così non soltanto con Peppino, ma anche con [[Aldo Fabrizi]], con [[Nino Taranto]].<ref>Citato in [[Peppino De Filippo]], ''Pappagone e non solo'', a cura di Marco Giusti, Mondadori, 2003.</ref>
*Voi, i giovani d'oggi, al contrario di noi, siete soli, disincantati, disinteressati a tutto. Sì, siete dei mammoni, proprio dei gran mammoni, se è questo che volete sapere.<ref>Da Marco Iezzi, Tonia Mastrobuoni, ''Gioventù sprecata. {{small|Perché in Italia non si riesce a diventare grandi}}'', Laterza, 2010. ISBN 9788842091271</ref>