Raffaello Barbiera: differenze tra le versioni

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'''Raffaello Barbiera''' (1851 – 1934), giornalista e scrittore italiano.
 
==''Grandi e piccole memorie''==
*{{NDR|[[Francesco Hayez]]}} Tutti lo aiutano, tutti lo corteggiano, tutti gli vogliono bene. Egli non passò su quei triboli fra' quali tanti veri artisti sono costretti a camminare sanguinanti e a morire; egli passò sopra una strada di rose. E tale fortuna la doveva in buona parte alla sua giovialità nativa, all'amorevolezza con la quale accoglieva i consigli e le censure, di cui fa pro, senza guastarsi il sangue con rancori, senza provocar nemici con la baldanza. se ebbe a patir dolori, e persino qualche coltellata, in gioventù, fu solo in seguito a' suoi sbarchi troppo entusiastici all'isola di Citerea<ref>Cerìgo o Citèra, isola della Grecia dalle cui acque nacque Afrodite (Venere), dea dell'amore.</ref>. Benedetta isola! (pp. 128-129)
*[[Leonardo da Vinci]], per dipingere Medusa, si pose in casa tutta una nidiata di serpi vive; e Francesco Hayez per dipingere il ''Laocoonte'', acquistò dei boa. Finito il quadro, che doveva farne dei serpenti?... Una sera, tra il chiaro e lo scuro, calò uno dei boa giù dai merli del palazzo di Venezia, e il rettile andò a scompigliare una processione che passava in quel punto: fu un fuggi fuggi generale, un urlo solo di spavento, un terrore. (p. 133)
*[[Vincenzo Vela]] non amava i preti, come non li amava troppo, a dir vero, [[Giuseppe Verdi]], al quale in più punti il Vela rassomigliava nelle umilissime origini rusticane, nella durezza dei primi squallidi anni, confortata solo dal desiderio ansioso di nobile lavoro, nella brusca risolutezza dei modi, nella schiettezza rude de' giudizii, persino nell'aspetto, dove leggevasi certa sdegnosità e lealtà recisa. Non amava i preti Vincenzo Vela; ma sentiva la sublime poesia di Colui che redense chi è calpestato e chi piange. (p. 145)
 
==[[Incipit]] di alcune opere==
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===''Carlo Porta e la sua Milano''===
[[Carlo Porta]], il grande ironista meneghino, nasceva quando nella sua Milano, pur nella semi-barbarie di tante cose, agitavansi forti spiriti innovatori. Il [[Cesare Beccaria|Beccaria]] scriveva ardito contro la tortura e il patibolo; il [[Pietro Verri|Verri]] suggeriva le case di correzione in luogo delle prigioni pervertitrici; il [[Giuseppe Parini|Parini]] scherniva l'aristocrazia fatua e viziosa; a dispetto di sfringuellanti accademie arcadiche, sorgevano due associazioni possenti: la Patriottica e la Palatina; la prima per infondere aliti nuovi alle industrie, la seconda per rifare la storia italiana cui un dottore dell'Ambrosiana, [[Antonio Muratori]], consacrò energie più che umane. Le sale del palazzo principesco di Antonio Tolomeo Trivulzio echeggiavano ancora di scipite pastorellerie d'Arcadia; ma, per volontà riparatrice dello stesso principe, quelle sale si aprirono ai vecchi che per le vie fangose trascinavano la canizie limosinando o venivano gettati a languire in un carcere. [[Alessandro Volta]] medita e prova: fioriscono gli studii matematici alle cui cime salgono persino menti muliebri, come l'Agnesi la buona e Clelia Borromeo la bella. La terra si solca di nuove strade e di nuovi canali: il cielo svela nuovi misteri alle acute pupille degli astronomi di Brera.
 
==''Grandi e piccole memorie''==
*{{NDR|[[Francesco Hayez]]}} Tutti lo aiutano, tutti lo corteggiano, tutti gli vogliono bene. Egli non passò su quei triboli fra' quali tanti veri artisti sono costretti a camminare sanguinanti e a morire; egli passò sopra una strada di rose. E tale fortuna la doveva in buona parte alla sua giovialità nativa, all'amorevolezza con la quale accoglieva i consigli e le censure, di cui fa pro, senza guastarsi il sangue con rancori, senza provocar nemici con la baldanza. se ebbe a patir dolori, e persino qualche coltellata, in gioventù, fu solo in seguito a' suoi sbarchi troppo entusiastici all'isola di Citerea<ref>Cerìgo o Citèra, isola della Grecia dalle cui acque nacque Afrodite (Venere), dea dell'amore.</ref>. Benedetta isola! (pp. 128-129)
*[[Leonardo da Vinci]], per dipingere Medusa, si pose in casa tutta una nidiata di serpi vive; e Francesco Hayez per dipingere il ''Laocoonte'', acquistò dei boa. Finito il quadro, che doveva farne dei serpenti?... Una sera, tra il chiaro e lo scuro, calò uno dei boa giù dai merli del palazzo di Venezia, e il rettile andò a scompigliare una processione che passava in quel punto: fu un fuggi fuggi generale, un urlo solo di spavento, un terrore. (p. 133)
*[[Vincenzo Vela]] non amava i preti, come non li amava troppo, a dir vero, [[Giuseppe Verdi]], al quale in più punti il Vela rassomigliava nelle umilissime origini rusticane, nella durezza dei primi squallidi anni, confortata solo dal desiderio ansioso di nobile lavoro, nella brusca risolutezza dei modi, nella schiettezza rude de' giudizii, persino nell'aspetto, dove leggevasi certa sdegnosità e lealtà recisa. Non amava i preti Vincenzo Vela; ma sentiva la sublime poesia di Colui che redense chi è calpestato e chi piange. (p. 145)
 
==Note==