Friedrich Nietzsche: differenze tra le versioni

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*[[Genova]] fu per me un'eccellente scuola di vita semplice e spartana – ora so che ''posso'' vivere come un operaio e un monaco. (lettera a Franz Overbeck, inizio di dicembre 1883<ref>''Epistolario 1880-1884. Vol. IV'', p. 435</ref>)
*Io sono fatto per la ''[[luce]]'': – è quasi l'unica cosa di cui non posso ''assolutamente'' fare a meno e che non posso sostituire: la luminosità di un cielo sereno. Su questo punto con [[Genova]] mi è andata male: soltanto ''ora'' sono venuto a sapere il dato statistico per cui Genova non ha, in tutto l'anno, molte più giornate serene di quante ne abbia [[Nizza]] nei sei mesi invernali: ''al che sono subito partito per Nizza''. Non appena mi impadronirò dello spagnolo, mi spingerò fino a [[Valencia]], forse il prossimo inverno. (lettera a Franz Overbeck, 6 dicembre 1883<ref>''Epistolario 1880-1884. Vol. IV'', p. 437</ref>)
*[...] con questo ''[[Così parlò Zarathustra|Zarathustra]]'' mi lusingo di aver portato la lingua tedesca alla sua compiutezza. Dopo Lutero e Goethe c'era ancora un passo da fare; osserva, vecchio diletto camerata, se nella nostra lingua si siano mai fusi, come in quest'opera, forza, agilità ed armonia. Rileggi Goethe dopo una pagina di ''Zarathustra'', e ti accorgerai che quell'«ondulatorio» che si riscontra nel Goethe disegnatore non è estraneo al Goethe plasmatore della lingua tedesca. Io lo supero nel vigore e nella virilità della linea, senza diventare per questo un cafone come Lutero. Il mio stile è un ''ballo'', [un gioco di simmetrie di ogni specie, e in pari tempo un balzare capriccioso e un prendermi gioco di queste simmetrie. E la finezza stilistica giunge fino alla scelta delle vocali..] (lettera a Erwin Rohde, Nizza, 22 febbraio 1884<ref>''Epistolario 1865-1900'', p. 208</ref>)
*Recentemente ho visitato la Svizzera dal punto di vista paesaggio, e mi sono persuaso che Sils-Maria non ha il suo eguale: meravigliosa fusione di mitezza, grandiosità e mistero... (lettera a Peter Gast, Sils-Maria, 25 luglio 1884<ref>''Epistolario 1865-1900'', p. 214</ref>)
*La formula wagneriana «melodia infinita» esprime nel modo più amabile il pericolo, la corruzione dell'istinto, e anche la tranquillità della coscienza in mezzo a tale corruzione. L'ambiguità ritmica, per cui non si sa più, non si ''deve'' più sapere, se una cosa è capo o coda, è senza dubbio un trucco artistico mediante il quale si ottengono effetti meravigliosi – il ''Tristano'' ne è ricco –; ma come sintomo di un'arte è e rimane il segno del dissolvimento. La parte impera sul tutto, la frase sulla melodia, l'attimo sul tempo (anche sul tempo musicale), il ''pathos'' sull<nowiki>'</nowiki>''ethos'' (carattere o stile come lo si voglia chiamare), e finalmente l<nowiki>'</nowiki>''esprit'' sul pensiero. Scusi! Ma quello che io credo di scorgere è un capovolgimento della prospettiva: si vede molto, troppo minutamente il particolare; molto, troppo confuso l'insieme. In musica la volontà è tesa verso quest'ottica sovvertitrice, e più della volontà: l'ingegno. E questo è ''décadence'': una parola che tra gente come noi, s'intende, non giudica ma definisce. (lettera a Karl Fuchs, Nizza, inverno 1844-1845<ref>''Epistolario 1865-1900'', pp. 222-223</ref>)