Friedrich Nietzsche: differenze tra le versioni

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*[...] il tuo concetto mitologico della filologia, figlia (heu! heu!) della filosofia, e perciò sottratta a ogni controllo e giurisdizione, non si appoggia neppure vagamente a nessun argomento. Se devo parlare anch'io per metafore, dirò che la filologia è un aborto della dea filosofia che la generò assieme a un idiota o a un cretino. Peccato che [[Platone]] non abbia già escogitato questo mito; a lui crederesti, più che a me, e con ragione. (lettera a [[Paul Deussen]], Lipsia, circa il 20 ottobre 1868<ref>''Epistolario 1865-1900'', p. 33</ref>)
*A misura che il tempo passa vedo anch'io che significhi la teoria schopenhaueriana della «sapienza universitaria». Qui non è possibile un'esistenza radicata sulla verità. È certissimo poi che nulla di veramente rivoluzionario ne potrà mai uscire. Veri maestri potremo diventare solo liberandoci con ogni mezzo da questa atmosfera, divenendo non solo ''più saggi'', ma, soprattutto, uomini ''migliori.'' Anche per questo sento soprattutto il bisogno della verità. Di conseguenza, non posso sopportare più a lungo l'aura accademica. Un bel giorno dunque scaraventeremo via questo giogo! per me, la cosa è decisa. E fonderemo una nuova ''Accademia ellenica''! (lettera a Erwin Rohde, Basilea, 15 dicembre 1870<ref>''Epistolario 1865-1900'', p. 51.</ref>)
*Quando seppi la notizia dell'incendio di [[Parigi]]<ref>Nel 1871 si diffuse a Basilea la notizia dell'incendio del Louvre. Ad essere distrutto, in realtà, fu il [[Palazzo delle Tuileries]] dato alle fiamme da un gruppo di rivoluzionari durante la repressione della Comune. {{cfr}} ''Epistolario 1865-1900'', p. 58, nota 2.</ref>, per alcuni giorni fui come annientato, stordito dal dolore e dai dubbi: tutta la vita scientifica, filosofica, artistica mi parve un assurdo, poiché bastava un giorno a distruggere i più splendidi capolavori, anzi interi periodi d'arte. (lettera a Carl von Gersdorff, Basilea, 21 giugno 1871<ref>''Epistolario 1865-1900'', ppp. 58-59</ref>)
*A me piace più di tutto quella continua nota tonica profonda e minacciosa – come nelle grandi cascate d'acqua – che consacra una polemica, la nobilita; quel tono fondamentale in cui risuonano e si fondono amore, fiducia, coraggio, forza, dolore, vittoria e speranza. (lettera a Erwin Rohde, Basilea, 25 ottobre 1872<ref>''Epistolario 1865-1900'', p. 77</ref>)
*Sì, di tanto in tanto provo una vera ripugnanza per la carta stampata, che mi pare carta sporcata e niente di più. Posso benissimo immaginarmi un'epoca in cui si preferirà legger poco, scrivere ancor meno, ma pensar molto, e, molto più ancora, agire. Giacché ora tutto attende l'Uomo di azione, che scuota da sé e dagli altri le abitudini millenarie, e compia buone azioni animate da uno spirito nuovo, perché vengano imitate. (lettera a [[Malwida von Meysenburg]], Basilea, 6 aprile 1873<ref>''Epistolario 1865-1900'', p. 83</ref>)