Asrate Kassa: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Sulla [[Guerra d'indipendenza dell'Eritrea]]}} Da quando ho accettato la responsabilità di governare questa regione, mi sono rifiutato di vedere i nostri ragazzi massacrarsi fra di loro. Abbiamo migliorato l'amministrazione nell'Eritrea Occidentale e ci siamo impegnati a sostenere con decisione una politica che prevede misure per costruire un nuovo rapporto con le popolazioni, basato sulla mutua fiducia e nella certezza del nostro comune destino. È ormai giunto il tempo per un nuovo modo di affrontare l'intero problema dell'Eritrea.<ref>Citato in Angelo Del Boca, ''Il Negus'', Editori Laterza, 2007, p. 308</ref>
*Sono appena stato con Sua Maestà per oltre tre ore. Ho cercato di convincerlo a partire con me per il Lasta o il Beghemeder e ad attivare il sostegno del popolo alla Corona. Una volta che le province montanare avessero dimostrato la loro piena solidarietà al sovrano e alla nazione, c'era ben poco che l'esercito avrebbe potuto fare nella capitale. L'imperatore mi rispose con voce alterata: «Ma perché dovremmo abbandonare Addis Abeba, non lo sai che noi abbiamo tutto sotto controllo?». Gli risposi che, per quanto ne sapevo io, le cose non erano affatto normali. Il primo ministro Endelcacciù Maconnen dipendeva virtualmente dal cosiddetto Comitato di coordinamento delle Froze Armate e il governo accettava ogni richiesta che i militari avessero fatto. Per qualche istante l'imperatore rimase in silenzio; poi, all'improvviso, come se si fosse risvegliato da un sogno, mi rivolse uno sguardo affettuoso ma risoluto, e disse: «No, la furia dell'uragano presto calerà e le cose torneranno come prima. Non voglio essere accusato, per la seconda volta nella mia vita, di aver abbandonato il mio popolo al suo destino.» (lettera ad [[Asfa-Wossen Asserate]], maggio 1974)<ref>Citato in Angelo Del Boca, ''Il Negus'', Editori Laterza, 2007, p. 321</ref>
*Cercai di sostenere che ciò che stavano vedendo non era una rivolta come [[Colpo di Stato in Etiopia del 1960|quella del 1960]], ma il classico scenario di una rivoluzione, e noi avremmo dovuto agire di conseguenza. L'imperatore, però, cambio di colpo argomento e cominciò a parlare dei vecchi tempi e di mio padre Kassa Hailù, del cui saggio consiglio sentiva la mancanza. Andò avanti parecchio a rivangare il passato e io on riuscii più a riportarlo ad affrontare i pericoli odierni. Era come se egli trovasse un sollievo nel passato e non volesse essere messo a confronto con la sinistra realtà di oggi. Per la prima volta nella mia vita compresi che tutto questo contava moltissimo per lui. Egli aveva rivelato alcuni segni di stanchezza negli ultimi mesi, ma niente era al confronto di oggi. Sembrava, alla fine, che dovesse soccombere a qualcosa che egli aveva sempre combattuto per decenni: la vecchiaia. Quando lasciai il Palazzo del Giubileo, mi sentivo molto triste e capii che l'era di Hailè Selassiè stava per finire e che nessuno di noi sarebbe stato capace di fare qualcosa per impedirlo. Come sarebbero state diverse le cose se noi avessimo avuto oggi l'Hailè Selassiè che noi abbiamo conosciuto nel 1941. La volpe che ideò lo stratagemma per riacquistare la sovranità etiopica che i nostri alleati inglesi ci contestavano, avrebbe sicuramente intuito la gravità della nostra situazione e avrebbe trovato una via d'uscita da questo dramma senza speranze. (lettera ad [[Asfa-Wossen Asserate]], maggio 1974)<ref>Citato in Angelo Del Boca, ''Il Negus'', Editori Laterza, 2007, pp. 321-322</ref>
*Dal momento che non sono stato privato della sua Grazia e del suo Aiuto, ne ho tratto grande conforto. Ho Lui come guida, mi sono affidato interamente a Lui. Sono assolutamente certo che alla fine Egli non mi abbandonerà. E questa è la sola cosa che io vi lascio come eredità: la vera fede in Lui, che era, che è ancora e sarà per sempre. (lettera ad [[Asfa-Wossen Asserate]] durante il suo imprigionamento dal [[Derg]])<ref>Citato in Angelo Del Boca, ''Il Negus'', Editori Laterza, 2007, p. 330</ref>