Cartesio: differenze tra le versioni

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*Che cos'è che io sono? Sono una cosa pensante.<ref>Citato in AA.VV., ''Il libro della filosofia'', traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 79. ISBN 9788858014165</ref>
*Dirò solamente in generale che tutto quel che dicono gli [[ateismo|atei]] per impugnare l'[[esistenza di Dio]] dipende sempre, o dal fingere in Dio affezioni umane, o dall'aver attribuito ai nostri spiriti tanta forza e saggezza da far presumere di determinare e comprendere ciò che Dio può e deve fare. (da ''Meditazioni metafisiche'')
*È necessario, almeno una volta nella vita, dubitare di tutte le cose.<ref>Citato in AA.VV., ''Il libro della filosofia'', traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 119. ISBN 9788858014165</ref>
*È vero che i sei giorni della creazione sono descritti nella ''[[Genesi]]'' in modo da far pensare che l'uomo ne sia l'oggetto principale: ma si deve anche dire che, poiché la storia della ''Genesi'' è stata scritta per l'uomo, lo Spirito Santo vuole specificare soprattutto le cose che lo riguardano, e non ha parlato di nessuna cosa se non in rapporto all'uomo.<ref>Dalla lettera a Chanut del 6 giugno 1647; citato in Ditadi 1994, pp. 547-548.</ref>
*Ho presto scoperto chiaramente che tutti {{NDR|i movimenti degli [[animale|animali]]}} potevano avere origine dal principio corporeo e meccanico, e da allora in poi ho ritenuto certo e stabilito che noi non possiamo affatto provare la presenza di un'anima pensante negli animali. Non mi preoccupano l'astuzia e l'abilità dei cani e delle volpi, o tutte le cose che gli animali fanno spinti dal desiderio di cibo, sesso o paura; anzi, affermo di poter facilmente spiegare l'origine di tutti loro dalla costituzione dei loro organi.<ref>Dalla lettera a [[Henry More]] del 5 febbraio 1649; citato in Ditadi 1994, pp. 549-550.</ref>
*Io supporrò, dunque, che vi è un certo cattivo genio, non meno astuto e ingannatore che possente, che ha impiegato tutte le sue energie per ingannarmi.<ref>Citato in AA.VV., ''Il libro della filosofia'', traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 120. ISBN 9788858014165</ref>
*Non mancano dolcezze nell'[[amore|amare]] qualcuno senza osare di dichiararglielo.<ref>Citato in [[Dino Basili]], ''L'amore è tutto'', Tascabili economici Newton, febbraio 1996, p. 37.</ref>
*Ora, le due regole dipendono evidentemente dal semplice fatto che Dio è immutabile e che, agendo sempre nello stesso modo, produce sempre lo stesso effetto. Infatti, supponendo che, fin dal primo istante della creazione, Dio abbia messo in tutta la materia in generale una certa quantità di movimenti, bisogna ammettere che ne conservi sempre esattamente altrettanta: altrimenti non si crede che Dio agisca sempre nello stesso modo. Supponendo inoltre che fin da quel primo istante le diverse parti della materia, nelle quali questi movimenti si sono trovati diversamente distribuiti, abbiano cominciato a conservarli o a trasmetterli dall'una all'altra, in proporzione alla loro forza, bisogna necessariamente pensare che Dio fa sí che esse continuino a compiere sempre la stessa cosa. E questo è ciò che stanno a significare queste due regole. (da<ref>Da ''Il Mondo'', 1959, p. 64; citato in Koiré 1979, p. 334)</ref>
*Prima che ci accingiamo alla conoscenza delle cose particolari, bisogna almeno una volta nella vita aver ricercato diligentemente di quali cognizioni l'umana ragione sia capace.<ref>Citato in AA.VV., ''Il libro della filosofia'', traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 123. ISBN 9788858014165</ref>
*Quando qualcuno dice: «Io penso, dunque sono o esisto» deduce la sua esistenza con una semplice intuizione della mente.<ref>Citato in AA.VV., ''Il libro della filosofia'', traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 122. ISBN 9788858014165</ref>
*Questa regola poggia sullo stesso fondamento delle altre due, e anche essa dipende esclusivamente dal fatto che Dio conserva ogni cosa mediante un'azione continua, e che quindi non la conserva affatto come poteva essere qualche tempo prima, ma esattamente come è nell'istante in cui la conserva. Ora, di tutti i movimenti ''l'unico perfettamente semplice, e la cui natura è contenuta in un solo istante, è quello rettilineo''. Infatti, per concepirlo è sufficiente pensare che un corpo compia l'azione di muoversi verso una certa direzione, cosa che si riscontra in ogni istante determinabile durante il tempo in cui si muove. Mentre per concepire il movimento circolare, come qualsiasi altro, è necessario considerare almeno due istanti, o meglio due parti del movimento stesso, e il rapporto fra loro sussistente. (da ''Il Mondo'', 1959, p. 64; citato in Koiré 1979, p. 336)
*Spero che i posteri mi giudicheranno con benevolenza, non solo per le cose che ho spiegato, ma anche per quelle che ho intenzionalmente omesso, così da lasciare ad altri il [[piacere]] della [[scoperta]]. (da ''La geometria'')
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*Dal momento che ora desideravo occuparmi soltanto della ricerca della verità, pensai che dovevo fare proprio il contrario e rigettare come assolutamente falso tutto ciò in cui potevo immaginare il minimo [[dubbio]], e questo per vedere se non sarebbe rimasto, dopo, qualcosa tra le mie convinzioni che fosse interamente indubitabile. (parte IV; 1996)
*Anche quella che ho assunto poc'anzi come regola, cioè che le cose che concepiamo molto chiaramente e distintamente sono tutte vere, non è certa se non perché Dio è o esiste, perché è un essere perfetto e perché da Lui riceviamo tutto quello che è in noi. (parte IV; 1996)
*Questa proposizione: ''Io sono, io esisto'', è necessariamente vera tutte le volte che la pronuncio, o che la concepisco nel mio spirito.
:''Cette proposition : Je suis, j'existe, est nécessairement vraie, toutes les fois que je la prononce ou que je la conçois en mon esprit''. (parte IV, 1637)
*Qui in particolare mi ero fermato per far vedere che se ci fossero macchine con organi e forma di scimmia o di qualche altro animale privo di ragione, non avremmo nessun mezzo per accorgerci che non sono in tutto uguali a questi animali; mentre se ce ne fossero di somiglianti ai nostri corpi e capaci di imitare le nostre azioni per quanto è di fatto possibile, ci resterebbero sempre due mezzi sicurissimi per riconoscere che, non per questo, sono uomini veri. In primo luogo, non potrebbero mai usare parole o altri segni combinandoli come facciamo noi per comunicare agli altri i nostri pensieri. Perché si può ben concepire che una macchina sia fatta in modo tale da proferire parole, e ne proferisca anzi in relazione a movimenti corporei che provochino qualche cambiamento nei suoi organi; che chieda, ad esempio, che cosa si vuole da lei se la si tocca in qualche punto, o se si tocca in un altro gridi che le si fa male e così via; ma non si può immaginare che possa combinarle in modi diversi per rispondere al senso di tutto quel che si dice in sua presenza, come possono fare gli uomini, anche i più ottusi. L'altro criterio è che quando pure facessero molte cose altrettanto bene o forse meglio di qualcuno di noi, fallirebbero inevitabilmente in altre, e si scoprirebbe cosí che agiscono non in quanto conoscono, ma soltanto per la disposizione degli organi. (parte V; 1996)
*Ogni [[problema]] che ho risolto è diventato regola che è servita più tardi per risolvere altri problemi.<ref>Citato in Ravi Kalakota, Marcia Robinson, ''Mobile business'', Apogeo, 2002, [http://books.google.it/books?id=aR1wssr57m8C&pg=PA115 p. 115].</ref>