Alessandro Del Piero: differenze tra le versioni

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*Io provengo da un ambiente semplice, mio padre ha sgobbato sempre, mio fratello passava i vestiti dismessi a me, ai cuginetti o ai vicini di casa, perché al paese si usa così, ci si aiuta l'uno con l'altro. [...] Ricordo, al paese, che tutti si costruivano la loro casetta, faticando ogni giorno per due o tre ore dopo il lavoro. Ci si scambiava le competenze: mio padre elettricista dava una mano al vicino e gli preparava l'impianto, e magari questo vicino era muratore e gli tirava su una parete. A me sembra un [[Comunità|modello sociale]] bellissimo. E i [[sacrifici]] di mio padre li ho compresi nel tempo. (cap. ''La resistenza'', p. 46)
*Non ho mai pensato che il [[cervello]] e il [[cuore]] vengano dopo i muscoli: è la [[testa]] a comandare, è lei la nostra unica e vera padrona, lì dentro puoi trovare energie che neppure immaginavi di possedere. Eccolo, il "[[doping]] naturale" che tutti gli uomini hanno come patrimonio: la forza di [[volontà]]. [...] Un [[atleta]] vive ogni giorno questo dialogo continuo tra [[mente]] e [[fisico]], ed è dal loro equilibrio che dipendono risultati e forma. (cap. ''La resistenza'', pp. 52-53)
*Quando penso al massimo esempio di [[lealtà]] che mi sia mai capitato di vivere in tanti anni di sport, mi viene subito in mente la [[sconfitta]] di [[Perugia]], nel maggio del 2000, quando ci venne tolto dalle circostanze — be', forse non solo dalle corcostanzecircostanze... — uno scudetto già vinto. Mancavano una decina di minuti alla fine, ed eravamo in svantaggio di un gol [...] quando il guardalinee assegna una rimessa laterale alla Juventus in azione d'attacco. Toccherebbe a [[Gianluca Pessotto]] battere [...], ma lui dà la palla al [[Associazione Calcistica Perugia Calcio|Perugia]]. Lo fa perché sa benissimo che il pallone l'avevamo buttato fuori noi, dunque era giusto così. Giusto, però non facile, assolutamente. [...] Eppure, nessuno di noi si sorprese per quanto accaduto, perché Gianluca è fatto proprio così. Ogni sua decisione era legge insindacabile, a noi bastava che l'avesse presa lui. (cap. ''La lealtà'', p. 57)
*Non dimentico la [[Calciopoli|retrocessione in B]] [...]. Dovrò farci i conti perché è accaduto, non è stato un brutto sogno. In futuro, mi chiederanno dov'ero in quelle due stagioni, e io dirò: ero nella Juve, e ho vinto quello che ho vinto con pieno merito. [...] Però non si può fare finta di niente. In pochi mesi, come in un film dell'assurdo, sono passato dalla Coppa del Mondo al debutto in B a [[Rimini]] [...], dentro quell'aria che odorava di piadine, ce l'ho ancora nel naso. Ma la [[coscienza]] è sempre stata a posto, perché non abbiamo vinto una sola partita grazie ad aiuti esterni. [...] È stato il [[destino]], è stato qualcosa che non ho mai del tutto chiarito. Ma una cosa non si discute: quei due scudetti furono legittimi, furono totalmente nostri. (cap. ''La lealtà'', pp. 62-63)
*Può sembrare assurdo, ma lo spirito di squadra ha molto a che fare con l'[[egoismo]]. Direi che se ne nutre. Per dare il meglio agli altri devi cercare il meglio in te, devi pensare prima di tutto a te. A volte, un calciatore s'impunta per ricoprire un preciso ruolo in campo, quello e non un altro: un occhio superficiale potrebbe accusarlo di essere egoista, ma lui sta pensando al meglio per sé e, quindi, per i compagni. Lo spirito di squadra non è solo un generico "mettersi a disposizione": troppo comodo, troppo poco. No, una squadra ha sempre bisogno della perfetta sintesi delle individualità. (cap. ''Lo spirito di squadra'', p. 77)