Demetrio Volcic: differenze tra le versioni

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*La gente muore senza motivo. Non è una guerra, perché non sono colpiti gli obettivi militari, ma non è nemmeno una battaglia di trincea. È soltanto una violenza gratuita e indiscriminata, assassinio. In Bosnia la guerra probabilmente finirà quando saranno finiti i musulmani.<br>Il presidente [[Alija Izetbegović|Izetbegović]] paragona la sua Sarajevo al ghetto di Varsavia, a Leningrado accerchiata dalle truppe naziste, a Madrid repubblicana che si difende dai franchisti. I paragoni storici funzionano come etichette. Fotografano la situazione nuova da mettere a confronto con un'immagine già acquisita; ma non sempre il paragone regge. Gli ebrei del ghetto avrebbero voluto fuggire e così gli abitanti di Leningrado. A Madrid i cannoni di Franco aprivano la strada alla fanteria che voleva conquistare la capitale. I serbi potrebbero occupare la città in poche ore se non avessero preoccupazioni di natura politico-diplomatica. I bosniaci vogliono restare, per non rendersi complici della pulizia etnica. (p. 42)
*La Jugoslavia avrebbe potuto durare ancora per decenni, la sua fine non era inevitabile. Le esperienze, scartate dalla storia, a posteriori sembrano più deboli di quanto non lo fossero in realtà. Tuttavia in settant'anni le radici non hanno attecchito, nonostante l'ideologia, migrazioni e molti matrimoni misti. (p. 85)
*Per l'Occidente Tito era una garanzia contro la penetrazione del socialismo reale e una fonte di inquinamento ideologico nella stessa direzione. (p. 89)
*Il [[totalitarismo]] raggiunge la sua meta quando non si vede più. Come riguardo alla morte; la gente pensa si tratti di una vicenda che interessa il vicino. (p. 129)
*Buona parte dei serbi vive la guerra come legittima, perché sentiva la Jugoslavia come il proprio Stato nazionale, senza porsi la domanda se la visione granserba andasse bene anche ai croati, agli sloveni, ai macedoni. Per i serbi si tratta di traditori che hanno colpito alle spalle i fratelli e dunque non meritano che il disonore. Bisogna salvare dai loro artigli gli ostaggi serbi. (p. 133)