Demetrio Volcic: differenze tra le versioni

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*Lo stupro di circa 20.000 donne musulmane era sistematico, e fa parte di una politica deliberata, volta a creare attraverso la pulizia etnica lo spazio per la «grande Serbia». Lo stupro è uno strumento cosciente demoralizzazione della gente. (p. 36)
*La gente muore senza motivo. Non è una guerra, perché non sono colpiti gli obettivi militari, ma non è nemmeno una battaglia di trincea. È soltanto una violenza gratuita e indiscriminata, assassinio. In Bosnia la guerra probabilmente finirà quando saranno finiti i musulmani.<br>Il presidente [[Alija Izetbegović|Izetbegović]] paragona la sua Sarajevo al ghetto di Varsavia, a Leningrado accerchiata dalle truppe naziste, a Madrid repubblicana che si difende dai franchisti. I paragoni storici funzionano come etichette. Fotografano la situazione nuova da mettere a confronto con un'immagine già acquisita; ma non sempre il paragone regge. Gli ebrei del ghetto avrebbero voluto fuggire e così gli abitanti di Leningrado. A Madrid i cannoni di Franco aprivano la strada alla fanteria che voleva conquistare la capitale. I serbi potrebbero occupare la città in poche ore se non avessero preoccupazioni di natura politico-diplomatica. I bosniaci vogliono restare, per non rendersi complici della pulizia etnica. (p. 42)
*Il [[totalitarismo]] raggiunge la sua meta quando non si vede più. Come riguardo alla morte; la gente pensa si tratti di una vicenda che interessa il vicino. (p. 129)
*Buona parte dei serbi vive la guerra come legittima, perché sentiva la Jugoslavia come il proprio Stato nazionale, senza porsi la domanda se la visione granserba andasse bene anche ai croati, agli sloveni, ai macedoni. Per i serbi si tratta di traditori che hanno colpito alle spalle i fratelli e dunque non meritano che il disonore. Bisogna salvare dai loro artigli gli ostaggi serbi. (p. 133)
*Ci sono due Slobodan Milošević. Il primo è un uomo politico realista, capo del partito nazionale, già alto dirigente del partito comunista serbo. Una delegazione di studenti di Belgrado voleva incontrare questo primo Milošević, tra l'altro per chiedergli di mettersi da parte dopo una sparatoria contro i giovani scesi in strada. Si è trovata davanti il secondo Milošević, dal comportamento sfasato: come se vivesse in un mondo tutto suo; una figura di stampo folkloristico, popolar-religioso. (pp. 133-134)
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*Se Tito avesse ceduto nel 1970 alle pressioni di Zagabria, Lubiana, Belgrado, forse avrebbe salvato qualcosa, ma forse avrebbe solo accellerato i processi in corso. Patriarca ottantenne, più simbolo che realtà, ritirato nella sua isola di Brioni, non poteva invece operare una nuova virata. E forse né lui, né altri avevano ulteriori conigli nel cilindro. È morto al momento giusto, senza dover assistere ancora in vita alla demolizione della propria opera. (p. 166)
*Tito credeva fino in fondo all'amicizia fra i suoi popoli, usciti da una guerra di liberazione ma anche da una guerra civile? Sfogliando gli appunti di allora, ho l'impressione che avesse sempre risposto brevemente e con retorica sbrigativa, dando per scontata la pace conquistata con la guerra partigiana. Su altre questioni meno controverse era capace di attaccare bottoni interminabili.<br>L'equilibrio tra etnie era il risultato di debolezze compensate. Per raggiungerlo, bisognava frenare la componente più forte, quella serba. Su che vulcano Tito stesse seduto si capisce oggi. (p. 167)
*{{NDR|Sulla [[Guerra dei dieci giorni]]}} Nessuno Stato al mondo è nato in questo modo e a un prezzo così basso. Meno di trecento fra morti e feriti. (p. 169)
*La Slovenia rappresenta un campo di osservazione utile. Tutte le crisi del postcomunismo sono presenti, ma in forma attenuata. Negli ultimi decenni la Slovenia era considerata la baracca più ordinata del lager socialista; oggi è una delle poche realtà a cui potrebbe riuscire il salto nell'Europa. (pp. 178-179)
*Una certa dose di nazionalismo è sottintesa nella battaglia per l'indipendenza, basata sulla sensazione che gli sloveni sarebbero vissuti meglio da soli che legati ai Balcani. Il nazionalismo spinto per il momento è un fenomeno minoritario. L'orgoglio di avercela fatta non è sfociato in un'esaltazione collettiva come tra i vicini croati, né ha prodotto punte di fanatismo come in alcune repubbliche ex sovietiche. La Slovenia razionale rassomiglia piuttosto ai tre popoli baltici. (pp. 181-182)
*Se si parla di uno Stato provvisorio, sospeso tra una possibile guerra con i vicini e una guerra civile, un Paese a lungo senza un nome, definito spesso dai giornali polveriera europea, è subito chiaro per tutti che ci si riferisce alla [[Macedonia del Nord|Macedonia]]. (p. 197)
*Quando Tito non sapeva a chi affidare un posto delicato, tra un serbo e un croato spesso sceglieva un macedone e non sbagliava quasi mai. (p. 197)