Richard Adams: differenze tra le versioni

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==Citazioni di Richard Adams==
*A meno che gli uomini non li distruggano come hanno già fatto con il moa neozelandese, con il dodo e con l'alca gigante, gli uccelli, i pesci e gli [[animale|animali]] terrestri continueranno a vivere la loro vita con suprema adattabilità, molto tempo dopo la nostra scomparsa dalla Terra. Infatti gli animali sono forti a causa della loro umiltà, così come noi siamo deboli per il nostro orgoglio.<ref>Dall'intervista in [[Enzo Biagi]], ''Quante storie'', p. 19</ref>
 
==''I cani della peste''==
 
===[[Incipit]]===
{{destra|''Venerdì 15 ottobre''}}
L'acqua dentro la vasca di metallo sciaguattava appena; un rigagnolo scorreva lungo il bordo e, raggiunto l'angolo, colava giù. Sotto le luci elettriche, la superficie increspata, sfaccettata, faceva pensare a uno specchio pieno di crepe, a una equorea giubba d'arlecchino, ora opaca come pietra, ora invece scintillante come lama. Qua e là (poiché per un paio d'ore quell'acqua era venuta insudiciandosi) fluttuavano strie dorate di urina e bollicine di bava, come uova di pesce, sì da dare l'illusione – se qualcuno lì presente fosse stato propenso a lasciarsi suggestionare in tal modo – che non di acqua si trattasse, ma di un liquido più denso, chissà, come quelle misture di marmellata e birra acida che servono a farvi annegare le vespe, in barattoli appesi, oppure quelle bolle di liquame che inzaccherano il piancito di cemento delle stalle, sparse qua e là da zoccoli e stivali, nella Regione dei Laghi.<!-- p. 11 -->
 
===Citazioni===
*Un cane tiene duro. [...] Un cane non disobbedisce mai a un uomo, qualunque cosa gli ordini. È questo il suo mestiere. [...] I cani sono tenuti a fare quello che vuole l'uomo. Io lo sento per intuito, anche se non ho mai avuto padroni. Gli uomini ''devono'' avere qualche motivo, non ti pare? E ''deve'' trattarsi di qualcosa di buono. Loro, certo, la sanno più lunga di noi. (Rauf, p. 19)
*Oh, caccia del cielo! {{NDR|[[Imprecazioni dai libri|imprecazione]]}} (Snitter, p. 27)
*Alcuni dicono che il sonno profondo è senza sogni e che si [[Sogno|sogna]] solo nei momenti che precedono il risveglio, e che nel giro di pochi secondi si immaginano eventi della durata di minuti o di ore intere. Altri invece sostengono che si sogna per tutta la durata del sonno, così come le sensazioni e le esperienze si susseguono ininterrotte allorché si è svegli; ma che noi ricordiamo – quando ricordiamo qualcosa affatto – solo dei frammenti, gli episodi conclusivi della lunga vicenda onirica; come se uno che, di notte, fosse in grado di visitare gli abissi del mare ma che, al ritorno, riuscisse solo a ricordare gli ultimi istanti, prima di riaffiorare alla superficie: l'acqua verde che filtra la luce del giorno, le sabbie dell'approdo mattutini. Altri ancora ritengono che nel sogno profondo si spalancano le porte di antichissime, misteriose caverne della mente e ne escono fuori forze oscure, che però sono per loro natura inesprimibili – e quindi invisibili agli occhi di chi sogna. Alcune di tali forze oscure tuttavia (così sostiene questa teoria) riescono a risalire, dalle profondità degli abissi psichici, verso la soglia della coscienza, e nel risalire attraggono a sé qualche brandello, qualche scheggia – per concordanza o per affinità – della memoria individuale del dormiente che sogna: quindi qualcosa arriva dall'abisso alla ragione. I sogni sono perciò bolle, bollicine, immateriali globi di sostanza reale, che risalgono per loro natura attraverso l'elemento del sonno, che tutto avviluppa; e troppo numerose per venir conosciute e ricordate dal dormiente, il quale al suo risveglio ne afferra solo una qua e là, come un bimbo – d'autunno – può afferrare una foglia fra le mille e mille che, intorno a lui, cadono al suolo. (pp. 78-79)
*Caldo e sciutto, nné mai brutto. Parla pogo, mena forte, spera ntela bona sorte. Usta boia, ora sì che parli bene. Chi che son io-me? [[Volpe]], sono, e chi ho da esse? 'L più furbo predone del monte e del piano. (Volpe, p. 84)
*''Attraverso le tenebre fra i monti | La mia testa recinta di filo spinato | Cerca il luogo lontano | Dove hanno dimora i padroni, | Una città ch'è stata trafugata. | Il camion, avanzando fra la mota, | Sapeva che io scampo non avevo. | Con la testa spaccata e tutta in fiamme | Un cane sperso cerca un uomo scomparso.'' ([[Canzoni dai libri|canzone]], p. 103)
*''Vuoi saper chi ha composto 'sta [[Canzoni dai libri|canzone]]?<br>Tabù, tabù)<br>È stato un cane burlone, che visse vita breve.<br>(Tabù, tabù, tabù)<br>Kiff si chiamava, ed era bianco e nero.<br>È finito bruciato, e ben gli sta:<br>Un'altra volta impara.<br>(Tabù, tabai, ta-bubbuli-bai<br>Siam tutti destinati ad andar in fumo.)'' (p. 115)
*[...] il cane stellare disse all'uomo: "Poiché tu hai fatto questo, che tu sia [[Maledizioni dai libri|maledetto]], più che ogni altra bestia. Esse seguiteranno a vivere come prima, senza rimpianti e rimorsi, e io parlerò ai loro cuori, guiderò i loro istinti, darò loro una chiara percezione del presente. Ma a te volgerò le spalle per sempre, e tu trascorrerai il resto dei tuoi giorni a chiederti cos'è bene e cos'è male, a cercare la verità che io ti avrò celata, e che invece avrò infuso nel balzo del leone e nel profumo della rosa. Tu non sei più adatto a proteggere gli animali. D'ora in poi sarai soggetto a ingiustizie, assassinio e morte, come loro; ma a differenza di loro sarai in preda a confusione e ti faranno schifo gli escrementi, persino quelli dei tuoi fratelli. Ora tògliti d'innanzi a me". (Rauf, pp. 119-120)
*Poi finalmente la volpe attaccò la sua [[Canzoni dai libri|canzone]].<br>'''Na volpa di muntagna | 'mpiattata ntra la fava | vardava li galline che ruspava | e pensava "Che cuccagna!". | Il villan che birbo era | chiude i polli intel pollaro | come cala giù la sera. | Ma la volpa che l'è più birba ancora | un bel gallo li fa fôra. | Vedessi la volpa sì come ridiva! | Giuliva! {{sic|giuliva}}!'' (p. 126)
*Per un po' camminò su e giù zoppicando mentre i compagni dormivano ancora, poi si coricò di nuovo e [[Sogni dai libri|sognò]] un tremendo scontro, un'esplosione enorme, disintegrazione e terrore, e poi un cadere senza fine fra le lisce pareti di un pozzo putrescente, che sapeva di tabacco e disinfettanti. (p. 129)
*''Da Varsavia e da Babilonia | I fantasmi non mollano la presa. | Un pesante fardello grava sopra | Il superstite che annaspa. | Questa povera bestia cerca, cerca | Ciò che è vana speranza trovare. | Al di là dei quaderni e dei coltelli | Un cane sperso cerca un uomo scomparso.'' ([[Canzoni dai libri|canzone]], p. 136)
*Quello era il tanto ammirato esemplare inglese di "ambiente-lavoro" moderno, il salone aperto della redazione del ''London Orator'', fiore all'occhiello della Ivorstone Press, un grande quotidiano a diffusione nazionale e risonanza internazionale, cane-da-guardia della libertà, culla della banalità, testa-d'ariete della pornografia leggera, lacrima-di-coccodrillo della morale corrente, fauci e denti dello squalo marino e personale scimmietta ammaestrata di Sir Ivor Stone in persona. A sommo del portone principale faceva spicco il blasone di Sir Ivor, con il suo [[Motti dai libri|motto]]-rebus, ''Primum lapidem iaciam''. (p. 140)
*[...] frattaglie e fegatelli! {{NDR|[[Imprecazioni dai libri|imprecazione]]}} (Snitter, p. 149)
*Qual altro luogo, in tutta la Regione dei Laghi, può superare, per grandiosità e bellezza, la cima del [Passo di Wrynose|Passo di Wreynus]] e l'eccelsa solitudine di Three Shire Stone? Dove, se non qui, si può trovare il cuore stesso della ''Lakeland'' – qui – dove il versante settentrionale della catena di Coniston si congiunge con la punta meridionale del gran Ferro di Cavallo di Scafell, e Langdale quasi tocca Dunnerdale, da cui la divide soltanto questa desolata fascia di rocce, terriccio ed eriche, che separa le due valli? (p. 155)
*Chiuse gli occhi e il vento salmastro, capriccioso e folletto, canticchiava fra gli sterpi una [[Canzoni dai libri|canzone]], mentre deboli odori, rompendosi come ondicine, gli accarezzavano le narici.<br>''Noi siamo il cervello che t'hanno rubato, | Tu la vittima sei di questo furto. ! La tua piaga potrebbe esser sanata | E la salute esserti ridata. | Ma tu non sei più tu, dopo quell'urto, | Né più in grado tu sei di regolarti. | Cane perso, cerchi ancora un padrone scomparso.'' (p. 186)
*Fuori, stava calando la sera e il cielo era gremito di [[Storno|storni]]. A migliaia volavano sopra gli alberi del parco, cinguettando, rissando fra loro. La luce rifletteva – dalle loro piume smaglianti – rapidi, volubili riflessi verdi, azzurri, violetti. O felici creature viventi! Nessuna lingua saprebbe dire la loro bellezza! (p. 192)
*Si incamminarono di nuovo. Snitter, in retroguardia, [[Canzoni dai libri|canticchiava]] per conto suo, con sommessi uggiolii:<br>''«I camici bianchi dipinsero un topo di blu, | Finché non si riconosceva quasi più. | E poi gli imbottiron gli orecchi di pece. | Ma il topo lo volete sapere cosa fece? | Lui li fece saltare per aria – davvero – | E annegarono tutti in un latte nero nero». (p. 198)
*«Mi ricordo quelle luci di notte, Rauf. Le auto ringhiano, le senti... ecco perché i giovani cani spesso le rincorrono. È tempo sprecato. Loro non se n'accorgono neppure. Le luci sono pezzi di vecchie [[Luna|lune]], sai.»<br>«Che vuoi dire?» domandò Rauf, incuriosito suo malgrado.<br>«Ecco, quando la luna diventa piena, qualcuno sale su ogni giorno e ne taglia via una fetta – hai notato? – finché della luna non ne rimane più. Ma poi, dopo un po', ne cresce un'altra. Quando è piena la luna è tutta coperta di crepe e di buchi – perché sia più facile tagliarrne via dei pezzetti, ecco perché è così – evidentemente. La mia mamma mi diceva che le lune in realtà sono enormi, solo che sembrano piccole a causa della distanza. L'uomo che ne taglia via dei pezzi e delle fette, li porta sulla terra, e li usano per fare i [[Fanale (veicoli stradali)|fanali]] delle auto. Bravi, non ti pare?» (pp. 203-204)
*«Oh, se avessi le ali di una [[pecora]]! [...] un tempo ce l'avevano, sai. Poi successe che una di loro volò in alto in alto nel cielo, e così tutte le altre la seguirono. Poi si tolsero le ali e si misero a pascolare e, come il sole si spostava nel cielo, gli andavano dietro, per stare calde. Così, verso sera, si levò un gran vento e portò via le loro ali, dal posto dove le avevano lasciate. Non le ritrovarono più... son rimaste su nel cielo, dove ancora puoi vederle, portate dal vento.»<br>«Ma come fecero, le pecore, a tornare sulla terra?»<br>«Ecco, laggiù lontano lontano il cielo si incurva finché tocca la terra. Gli è toccato camminare fin laggiù... ci hanno messo secoli.» (p. 204)
*Senza motivo e con quasi altrettanta gioia che la capinera migrante a maggio – che canta sul limitare di un boschetto inglese – senza sapere che, di lì a sei mesi, un qualche irsuto porco, in Italia o a Cipro, con zufolo da richiamo e vischio, l'ucciderà affinché un altro porco, a Parigi, la mangi in salsa tartara, Snitter si mise a [[Canzoni dai libri|cantare]] alla luna.<br>''«O luna amica | bianca come un osso | lassù nel cielo | marcisci sola. | Le crepe e i segni | che in te io vedo | per me non sono | mica un mistero. | Dato il mio acume | per me è chiaro: | i vermi entrano, | le mosche escono. | Se ora una mosca, | per suo piacere, | si posa sopra | i miei escrementi, | non me n'importa | un fico secco. | Io son cortese...»'' (p. 205)
*«Gli canterò una [[Canzoni dai libri|canzone]]!<br>''«Oh io sono un cane ardito | anche se ho la testa fessa! | Son selvatico, orribile | e completamente pazzo!»'' (Snitter, p. 241)
*Non mi vanno affatto a genio gli [[Sperimentazione animale|esperimenti sugli animali]], ammenoché non vi siano buoni ed eccezionali motivi in casi specifici. Ciò che non mi va è che, per gli animali, è impossibile capire perché vengono fatti soffrire. Essi non soffrono per il loro bene, per un loro vantaggio, e anzi mi chiedo fino a che punto sia a vantaggio di chiunque. Non si dà loro scelta, e non v'è alcuna autorità centrale cui spetti decidere se sia moralmente giustificato quel che si fa, in ogni singolo caso. Quegli animali-cavia sono solo degli oggetti senzienti. Sono utili perché in grado di reagire. Talvolta proprio perché sono in grado di provare paura e dolore. E vengono usati come se fossero lampadine elettriche o scarponi. In sostanza, laddove un tempo c'erano schiavi umani e animali, oggi ci sono soltanto animali schiavi. Essi non hanno alcun diritto legale, non hanno alcuna scelta. (maggiore John Awdry, p. 296)
*È il [[mare]], Rauf, di cui mi parlò la volpe, quel giorno in cui uscii dalla mia testa. Ricordo quel che disse. "Sale e alghe. È tutta acqua, là." Non capivo come un posto potesse essere tutta acqua. Guarda! Si muove di continuo! (Snitter, p. 309)
*''Fin in fondo hai bevuto l'amara scodella. | Non occorre che vai più vagabondando. | L'incantesimo è fatto, il libro è chiuso. | Tu sei giunto alla riva più remota. | Giaci e riposa, ormai, povero cane. | Prossimo è un altro grande mutamento. | E, dormendo, tu sogna che ritrovi, | Cane perso, il padrone scomparso.'' ([[Canzoni dai libri|canzone]], p. 309)
*Devo dire però [...] che per le persone ordinarie, pei non specialisti, un certo grado di antropomorfismo è forse utile, per aiutarli ad arrivare a provar simpatia per gli animali, vale a dire, anteporre il bene di una specie, o soltanto il benessere di un singolo esemplare, al di sopra del proprio vantaggio o profitto. Non tutti possono avere una mentalità scientifica. [...] È ora che la gente cominci a pensare all'uomo come a una delle tante specie di abitanti del pianeta; e se egli è il più bravo, ciò gli dà semplicemente maggiori responsabilità, affinché faccia sì che che le altre specie possano condurre una vita adeguata, naturale, con un minimo di controlli. (Peter Scott, p. 319)
*Certo, noi siamo la specie più distruttiva, ma davvero siamo i più bravi? [...] È una questione molto discutibile. Considera l'uccello migratore. È reale quanto te e me e respira aria e vive sulla terra con cinque sensi. Non sa nulla di lunedì o martedì, di orologi e del Natale, della Cortina di Ferro e di tutte le cose che regolano il modo di pensare degli uomini. Ha una consapevolezza della vita sulla terra che è molto diversa dalla nostra – lo chiamiamo istinto ma è una coscienza altrettanto efficiente – più ancora, se mai – che utilizza venti, temperatura, pressione barometrica, orientamento, correnti termiche – adeguando la sua densità alla disponibilità di cibo – ai suoi predatori e alle sue prede – in un modo tale che noi ignoranti esseri umani non possiamo neanche sognarci di eguagliare. (Ronald Lockley, pp. 319-320)
*Il più buono dei vini può esser bevuto solo una volta; e più parole si usano per descriverlo, più sciocche esse suonano. Ma forse – come il maggiore Awdry certo sosterrebbe – un animale che vive interamente nel presente immediato (e che crede se stesso morto) può sentire la marea di gioia anche più intensamente – se ciò è possibile – del suo padrone (che sa di esser vivo). (pp. 326-327)
 
===[[Explicit]]===
*La spiaggia ora è deserta, a parte qualche gabbiano. La brezza è caduta, l'aria è calma. Ogni tanto uno smergo si tuffa e riappare. I ciuffi di ammofila arenaria si stagliano contro il cielo vespertino, immobili come le loro radici sotto la sabbia. Più oltre, dove la sabbia finisce, cresce un'erba più densa e compatta. La marea sale, con un ritmico sussurro e ribollio fra i ciottoli del lido, cancellando man mano le orme di Snitter e Rauf, di Digby Driver e degli altri, eppoi anche le tracce lasciate dagli pneumatici della limousine. Prima che la marea sia giunta al suo apice, i gabbiani sono già andati via, volando, tutti insieme lungo la costa, salendo ad alta quota, poi virando verso l'interno, sopra l'estuario, oltre Ravenglass, sopra Muncaster Fell e la piccola ferrovia che percorre la valle dell'Esk. Da lassù si vede ancora il sole che tramonta, in lontananza, dietro l'isola di Man; ma quaggiù, nel crepuscolo, già si addensa la nebbia, cancellando pian piano le montagne – i Crinkles, la solitaria cima di Great Gable, la pietrosa pendice di Mickledore e il versante meridionale di Scafell – e poi, con l'avanzare della notte, ammanta il Passo di Hard Knott, Three Shire Stone e Cockley Beck; e, lontano, lontano, a est di Dow Crag e Levers Hause, le luci di Coniston brillano nell'oscurità; e, più oltre, il lago luccica, una semplice stria grigia fra invisibili sponde. <!-- p. 330 -->
 
==''La collina dei conigli''==
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==Bibliografia==
*Richard Adams, ''I cani della peste'', traduzione di Pier Francesco Paolini, Rizzoli, Milano, 1978.
*Richard Adams, ''La collina dei conigli'', traduzione di Pier Francesco Paolini, Rizzoli, Milano, 1975.
*Richard Adams, ''La collina dei ricordi'', traduzione di Alessandra De Vizzi, Rizzoli, Milano, 1997. ISBN 88-17-67407-9