Fëdor Dostoevskij: differenze tra le versioni

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*– Un grande pensiero è più che altro un sentimento che a volte rimane molto a lungo senza una definizione. So solo che è sempre stato quel qualcosa da cui scaturiva la vita viva, cioè non intellettuale e non inventata, ma al contrario, non noiosa, allegra; così che un'idea elevata, dalla quale quella scaturisce, è decisamente necessaria, a dispetto di tutti, s'intende.<br>– Perché a dispetto?<br>– Perché vivere con le idee è noioso, e senza le idee è sempre allegro. – Il principe ingoiò la pillola.<br>– Ma cos'è questa vita viva, secondo voi? – Si stava visibilmente irritando. – Anche questo non lo so, principe; so solo che dovrebbe essere qualcosa di tremendamente semplice, assai comune e che salta agli occhi, ogni giorno e ogni minuto, e semplice fino al punto che non riusciamo in nessun modo a credere che sia così semplice e, naturalmente, le passiamo accanto già da molte migliaia di anni senza farci caso e senza riconoscerla. (1987, p. 268)
*Tutti i [[consiglio|consigli]] salutari dati in anticipo, non sono altro che un'ingerenza a spese altrui nella coscienza altrui. Io ho fatto abbastanza incursioni nella coscienza degli altri, e alla fin fine ne ho riportato solo mortificazioni e beffe. Delle mortificazioni e delle beffe, certo, non mi importa niente, ma l'essenziale è che con questa tattica non si ottiene proprio niente: nessuno ti ascolterà, per quanto tu ti intrometta... e tutti ti disarmeranno. (1987, pp. 319-20)
*E poi pensate soltanto a questo: predicano, dacché mondo è mondo, e che cosa hanno insegnato di buono per rendere il mondo più bello e più gaio e pieno di gioia? Per me, non hanno virtù, e neanche la cercano: tutti vanno alla perdizione, e se ne vantano, invece di rivolgersi all'unica Verità; ma vivere senza Dio non è che una tortura. E si finisce col maledire la stessa luce che c'illumina senza rendersene conto. L'uomo non può vivere senza inchinarsi dinanzi a qualcosa; un uomo simile non sopporterebbe se stesso e nessuno lo sopporterebbe. E chi nega Iddio, finirà coll'inchinarsi dinanzi a un [[Idolatria|idolo]] di legno o d'oro, o magari a un idolo astratto. Sono idolatri, non atei: ecco come bisogna definirli. (Makar Ivanovič: III, II, III; 1957, pp. 371-372)
*:Vivere senza Dio è solo un tormento. E ne vien fuori che malediciamo proprio quel che ci illumina, e non lo sappiamo nemmeno. E quelqual è il senso? È impossibile per un uomo esistere senza inchinarsi; un uomo simile non sopporta se stesso né gli altri uomini. E rifiuterà Dio, ma si inchinerà a un idolo, che sia di legno, o d'oro o di pensiero. Idolatri, ecco tutto, non senzadio, ecco come bisogna chiamarli. (1987, p. 441)
*{{NDR|Citando il giudizio di Katerina Nikolaevna su Versilov}} [...] «poiché un [[Ideale|idealista]], quando si urta contro la realtà, è subito, prima degli altri, incline a supporre ogni sorta di bassezze». (III, VIII, II; 1957, p. 470)
*:Un idealista che ha sbattuto la testa contro la realtà è sempre più incline degli altri a supporre qualunque infamia. (1987, p. 557)
*La [[stupidità]] e l'arroganza unite sono una grande forza. (1987, p. 526)
*È oltremodo raro che le [[Fotografia (immagine)|fotografie]] risultino somiglianti, e questo è comprensibile: è oltremodo raro che l'originale stesso, cioè ciascuno di noi, sia simile a se stesso. Solo in rari momenti un viso umano esprime il suo tratto fondamentale, il suo pensiero più tipico. L'artista studia un viso e intuisce questo pensiero fondamentale, anche se nel momento in cui dipinge non c'è affatto su quel viso. (1987, p. 537)
*Le donne [[Russia|russe]] imbruttiscono alla svelta, la loro bellezza appare solo per un attimo, e, davvero, non è solo per le caratteristiche etnografiche del viso, ma anche perché sanno amare senza riserva. La donna russa dà tutto di colpo, quando ama: e l'istante, e il destino, e il presente, e il futuro; non sanno economizzare, non nascondono per far provvista e la loro bellezza la rovinano rapidamente per colui che amano. (1987, p. 537)
*Tutta una vita di vagabondaggi e dubbi, e a un tratto, la loro soluzione, il giorno tale, alle cinque del pomeriggio! È perfino offensivo, non è vero? (1987, p. 540)
*L'[[Europa]] ha creato nobili tipi di francesi, inglesi e tedeschi, ma ancora non sa quasi niente del suo uomo futuro. E sembra che ancora non ne voglia nemmeno sapere. Ed è comprensibile: non sono liberi, mentre noi siamo liberi, mentre noi siamo liberi. [...] Osserva, amico mio, una stranezza: ogni francese può servire non solo la sua Francia, ma addirittura anche l'umanità, solo alla condizione di rimanere soprattutto francese; lo stesso l'inglese e il tedesco. Solo il russo, perfino nel nostro tempo, cioè molto prima di quando verrà tirato un bilancio totale, ha già avuto la capacità di diventare soprattutto russo solo quando è diventato soprattutto europeo. Ed è proprio questa la nostra più essenziale diversità dagli altri, e a questo riguardo, da noi tutto si presenta diversamente. Io in Francia sono francese, con un tedesco, tedesco, con un antico greco, greco, e con tutto ciò sono soprattutto russo. In questo sono un vero russo, e servo soprattutto la Russia, in quanto evidenzio il suo pensiero principale. Sono un pioniere di questo pensiero. Allora io emigrai, ma abbandonavo forse la Russia? No, continuavo a servirla. Anche se non facevo niente, in Europa, anche se andavo solo vagabondando (e lo sapevo che sarei andato solo vagabondando), ma era sufficiente anche solo che fossi andato là con il mio pensiero e con la mia consapevolezza. Avevo portato là la mia malinconia russa. Oh, non era solo il sangue di allora che mi aveva spaventato cosi, e nemmeno le Tuileries, ma tutto quel che doveva seguire. È destino che debbano azzuffarsi ancora a lungo, perché... sono ancora troppo tedeschi e troppo francesi, e non hanno ancora terminato loro compito in questi ruoli. E ancora mi dispiace per le distruzioni. Per un russo l'Europa è preziosa quanto la Russia: ogni sua pietra gli è dolce e cara. L'Europa è stata la nostra patria come la Russia. Oh, di più! Non si può amare la Russia più di quanto l'ami io, ma non mi sono mai rimproverato perché Venezia, Roma, Parigi, i tesori delle loro scienze e delle loro arti, tutta la loro storia, mi sono cari più della Russia. Oh, ai russi sono care quelle antiche pietre altrui, quelle meraviglie del vecchio mondo di Dio, quei frammenti di sacri prodigi; e questo è più caro a noi che a loro! Loro hanno altri pensieri e sentimenti, e hanno smesso di aver care le vecchie pietre... Là un conservatore si batte solo per l'esistenza, e un ''pétroleur'' si dà da fare solo per il diritto a un pezzo di pane. Solo la Russia non vive per sé, ma per il pensiero, e devi ammettere, amico mio, è notevole che già da quasi un secolo la Russia non viva per sé, ma per l'Europa! E loro? Oh, loro sono destinati a terribili sofferenze, prima di raggiungere il regno di Dio. (Versilov, III, VII, III, 1987, pp. 546-7)
*{{NDR|Versilov, riguardo il trionfo della dottrina dell'[[ateismo]]}} Gli uomini a un tratto capiscono di essere rimasti assolutamente soli e di colpo sentono una grande povertà. Mio caro ragazzo, io non sono mai riuscito a immaginare gli uomini ingrati e istupiditi. Gli uomini rimasti orfani prenderebbero subito a stringersi l'un l'altro con più forza e amore; si afferrerebbero per la mano, comprendendo di esser rimasti soli l'uno per l'altro. La grande idea di immortalità sarebbe svanita e la si dovrebbe sostituire; e tutto quel precedente eccesso di amore per colui che era anche l'immortalità, in tutti si rivolgerebbe verso la natura, verso il mondo, verso la gente, verso ogni erbetta. Prenderebbero ad amare la terra e la vita irresistibilmente e nella misura in cui si renderanno gradualmente conto della propria transitorietà e caducità, e di un amore particolare, diverso dal precedente. Si metterebbero a osservare e scoprirebbero nella natura fenomeni tali e tali segreti che prima non avevano neppure supposto giacché guarderebbero la natura con nuovi occhi, con lo sguardo dell'innamorato verso l'amata. Svegliandosi correrebbero a baciarsi I'un l'altro, affrettandosi ad amare, coscienti che i giorni sono brevi e che ciò è tutto quel che rimane loro. Lavorerebbero l'uno per l'altro, e ognuno darebbe a tutti il suo, e sarebbe felice solo di questo. Ogni bambino saprebbe e sentirebbe che ciascuno sulla terra è per lui come un padre e una madre. "Sia pure domani mio ultimo giorno" penserebbe ciascuno guardando il sole al tramonto "fa lo stesso: morirò io, ma rimarranno tutti loro, e dopo di loro i loro figli", e questo pensiero, che rimarranno gli altri a continuare ad amarsi e a trepidare l'uno per l'altro, sostituirebbe quello dell'incontro dopo la morte. Oh, si affretterebbero ad amare per soffocare la grande tristezza dei loro cuori. Sarebbero orgogliosi e audaci per se stessi, ma diventerebbero timorosi l'uno dell'altro; ognuno trepiderebbe per la vita e la felicità dell'altro. Diventerebbero dolci l'uno con l'altro, senza vergognarsene, come ora, e si accarezzerebbero l'un l'altro come bambini. Incontrandosi si guarderebbero l'un l'altro con uno sguardo profondo e comprensivo, e nei loro sguardi ci sarebbe amore e tristezza... (III, VII, III, 1987, pp. 549-50)
*Strana sensazione, quando ti [[Decisione|decidi]] e non riesci a deciderti. (1987, p. 577)
*Un idealista che ha sbattuto la testa contro la realtà è sempre più incline degli altri a supporre qualunque infamia. (1987, p. 557)
*Strana sensazione, quando ti decidi e non riesci a deciderti. (1987, p. 577)
 
==''L'eterno marito''==