Fabrizio De André: differenze tra le versioni

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*Non sei cattivo {{NDR|[[Cristiano De André]]}}, sei proprio scemo!<ref group="fonte">Da ''Un talento perseguitato dalla fama del padre'', ''Corriere della Sera'', 10 luglio 2006.</ref>
*Per me [[Genova]] è come la madre, è dove ho imparato a vivere.<ref group="fonte">Da un'intervista di Marinella Venegoni, ''[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,21/articleid,1013_01_1984_0053_0021_14380099/ De André: «Canto il Mediterraneo contro la moda anglo-americana»]'', ''La Stampa'', 3 marzo 1984, p. 21</ref>
* Quando vado in pubblico ho molta paura di essere criticato. Controllare per esempio la muscolatura facciale, che dovrebbe essere il mestiere di un attore, è un fatto specifico, è un fatto di mestiere, preciso. Mettere la faccia davanti alle mie canzoni prima di tutto mi seccava perché mi sembrava che le mie canzoni rimanessero dietro la mia faccia, di cui non riuscivo a controllare la muscolatura, e in secondo luogo il fatto di non riuscire a controllarla mi dava anche questa preoccupazione. Nel senso che io non mi consideravo assolutamente un attore. Cioè una persona adatta a fare vedere la faccia in una determinata maniera. Magari io dico "dormi sepolto in un campo di grano" e sto ridendo, ma non me ne accorgo, perché non sono abituato ad atteggiarmi a quello che sto dicendo. Perché io l'ho scritta quella canzone lì, non la dovevo recitare. Io non sono capace a recitare. Mi considero in qualche maniera uno che riesce a fare anche della musica per accompagnarsi i testi. Mi considero un suonatore di chitarra. Al di là di questo non vado. Non credo di essere l'interprete ideale delle mie canzoni. Perché per essere interprete bisogna essere qualche cosa di diverso. Io non credo di essere un interprete, perché bisognerebbe sempre avere la faccia del momento in cui si è scritto il verso. Del momento in cui lo sentivi. E non è che io scriva i versi davanti allo specchio. Anzi, io non mi piaccio mica tanto.<ref>Intervista pubblicata in ''[https://www.youtube.com/watch?v=bdG5OK1_9QU Fabrizio De André]'', Sarzana, 29 agosto 1981, programma prodotto dalla sede RAI dell'Emilia Romagna, regia di Vittorio Lusvardi</ref>
*Quello che mi ha colpito del mondo dei carruggi è stata l'abitudine alla sofferenza e quindi la solidarietà. Erano solidali in qualsiasi occasione, perché si trattava di sottoproletariato, quindi neanche di una classe precisa, agguantabile da quelli che erano i partiti politici tradizionali, era un mondo che in qualche misura si difendeva dallo stato e quindi io ci ho sguazzato dentro. Avevo già delle idee politiche precise, ricavate da Brassens che ascoltavo dalla mattina alla sera, grazie ai dischi che mio padre mi portava dalla Francia, e lui descriveva questo mondo, questi personaggi emarginati che poi io ho ritrovato a [[Genova]].<ref group="fonte">Da un'intervista a L'Agnata, Tempio Pausania, 17-18 agosto 1992; citato in ''Non per un dio ma nemmeno per gioco'', p. 64</ref>
*Quello che io penso sia utile è di avere il governo il più vicino possibile a me e lo stato, se proprio non se ne può fare a meno, il più lontano possibile dai coglioni.<ref group="fonte" name="Senzapatria">Da un'intervista a ''Senzapatria'', 14 agosto 1991.</ref>