Raffaele de Cesare: differenze tra le versioni

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*Il Troja era ritenuto uomo senza cuore. Ammalatosi di mal di pietra<ref>Calcolosi.</ref> e curato dal chirurgo Leopoldo Chiari, ispirò al marchese di Caccavone questo spietato epigramma:<div align=center>Soffre di pietra, spasima<br>E c'è da sperar che muoja<br>Don Ferdinando Troja...<br>Né per scoprir l'origine<br>Del male, il buon dottore<br>Chiari granché fatica:<br>La cosa è chiara, il core<br>Gli è sceso alla vescica.</div>(Parte prima - Regno di Ferdinando II, cap. 5, pp. 77-78)
*Attorno al nome di [[Nicola Morra (brigante)|{{sic|Niccola}} Morra]] si era formata una leggenda di simpatia e di paura. Si raccontava che, vestito da gran signore, avesse largamente soccorsa una povera donna; in abito monacale, generosamente aiutato un vecchio infermo e, vestito da mendicante, avesse schiaffeggiato l'intendente Guerra nella villa di Foggia, senza che questi opponesse resistenza. (Parte prima - Regno di Ferdinando II, cap. 18, p. 364)
*{{NDR|Il brigante Morra}} I suoi ricatti erano celebri. Al ricco Antonio Padula di Candela aveva estorti ottomila ducati; a Leone Maury, soprintendente dei beni del duca di Bisaccia, duemila piastre; l'arciprete se lo era veduto innanzi in sagrestia; il tenente dei gendarmi, nella caserma; ma sopra tutti restò famoso il ricatto di Gaetano Pavoncelli, giovane figliuolo di Federico Pavoncelli, che aveva soccorso sino all'ultimo giorno il padre di {{sic|Niccola}} e tenuto questo al fonte battesimale. Il giovane Pavoncelli riuscì però a fuggire, e il riscatto non fu pagato. (Parte prima - Regno di Ferdinando II, cap. 18, pp. 364-365)
 
==[[Incipit]] di ''Il Conclave di Leone XIII''==