Anna Maria Ortese: differenze tra le versioni
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*Erano molto veri il dolore e il male di Napoli, uscita in pezzi dalla guerra. Ma Napoli era città sterminata, godeva anche d'infinite risorse nella sua grazia naturale, nel suo vivere pieno di radici. (da ''Il «mare» come spaesamento'', aprile 1994, introduzione a ''Il mare non bagna Napoli'', Adelphi, 1994<sup>10</sup>; Adelphi 1994, pp. 10-11)
*Come un imbuto viscido il cortile, con la punta verso il cielo e i muri lebbrosi fitti di miserabili balconi; gli archi dei terranei, neri, coi lumi brillanti a cerchio intorno all'Addolorata; il selciato bianco di acqua saponata, le foglie di cavolo, i pezzi di carta, i rifiuti, e, in mezzo al cortile, quel gruppo di cristiani cenciosi e deformi, coi visi butterati dalla miseria e dalla rassegnazione, che la guardavano amorosamente. Cominciarono a torcersi, a confondersi, a ingigantire. Le venivano tutti addosso, gridando, nei due cerchietti stregati degli occhiali. Fu Mariuccia per prima ad accorgersi che la bambina stava male, e a strapparle in fretta gli occhiali, perché Eugenia si era piegata in due e, lamentandosi, vomitava. (da ''Un paio di occhiali»''; in ''Il mare non bagna Napoli'', Adelphi, 2014; Adelphi, 1994, p. 33)
*[...] l'eterna folla di Napoli, semovente come un serpe folgorato dal sole, ma non ancora ucciso [...] (da ''
*Buona parte di questa natura, di questo genio materno e conservatore, occupa la stessa specie dell'uomo, e la tiene oppressa nel sonno
*La città si copriva di rumori, a un tratto, per non riflettere più, come un infelice si ubriaca. Ma non era lieto, non era limpido, non era buono quel rumore fatto di chiacchierii, di richiami, di risate, o solo di suoni meccanici; latente e orribile vi si avvertiva il silenzio, l'irrigidirsi della memoria, l'andirivieni impazzito della speranza. (da ''Chiaia morta e inquieta'', ''Il silenzio della ragione'', Adelphi, 1994, p.
*Era strano, ma questo che vedevo, per tanti aspetti non mi sembrava un popolo. Vedevo della gente camminare adagio, parlare lentamente, salutarsi dieci volte prima di lasciasi, e poi ricominciare a parlare ancora. Qualcosa vi appariva spezzato, o mai stato, un motore segreto, che sostituisce al parlare l'agire, al fantasticare il pensare, al sorridere l'interrogarsi; e, in una parola, dà freno al colore, perché appaia la linea. Non vedevo linea, qui, ma un colore così turbinoso, da farsi a un punto bianco assoluto, o nero. (da ''Tessera d'operaio n. 200774'', ''Il silenzio della ragione'', Adelphi, 1994, p. 139)
▲*La città si copriva di rumori, a un tratto, per non riflettere più, come un infelice si ubriaca. Ma non era lieto, non era limpido, non era buono quel rumore fatto di chiacchierii, di richiami, di risate, o di suoni meccanici; latente e orribile vi si avvertiva il silenzio, l'irrigidirsi della memoria, l'andirivieni impazzito della speranza. (da ''Chiaia morta e inquieta'', ''Il silenzio della ragione'', Adelphi, 1994, p. 135)
*Di solito, giunti a Napoli, la terra perde per voi buona parte della sua forza di gravità, non avete più peso né direzione. Si cammina senza scopo, si parla senza ragione, si tace senza motivo, ecc. Si viene, si va. Si è qui o lì, non importa dove. È come se tutti avessero perduto la possibilità di una logica, e navigassero nell'astratto profondo, completo, della pura immaginazione. (da ''Il ragazzo di Monte di Dio'', ''Il silenzio della ragione'', pp. 162-163)
*Come tutte le mostruosità, [[Napoli]] non aveva alcun effetto su persone scarsamente umane, e i suoi smisurati incanti non potevano lasciare traccia su un cuore freddo. (da ''Il ragazzo di Monte di Dio'', ''Il silenzio della ragione'', Rizzoli, 1975, p. 155; Adelphi, 1994, p. 170)
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