Caitlin Moran: differenze tra le versioni

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* Dopo la liberazione, le persone psicologicamente sottomesse per secoli non iniziano subito a produrre opere gloriose, potenti e volitive. [...] Le vittime devono comprendere quale sia stata la loro relazione con l'aggressore e arrivare a costruire nuove strutture di comando, o almeno capire se hanno ''bisogno'' di strutture di comando. Occorrerà condividere le esperienze vissute per comprendere: a) ciò che è «normale» e b) se si è interessati a essere normali. E soprattutto servirà tempo per comprendere ciò in cui davvero credono, ciò che pensano. Se tutto quello che è stato loro insegnato è la storia, i costumi e il ragionamento dei vincitori, bisognerà aspettare a lungo prima che realizzino quali «pezzi» vogliono mantenere e quali vogliono buttare; quali pezzi siano insidiosi e quali recuperabili. (p. 255)
* La musica pop è l'avanguardia culturale del cambiamento sociale. Considerata la sua immediatezza, la sua influenza e il suo potere (non ci vogliono due anni per arrivare nelle sale, come nel caso dei film; non occorre scrivere per tre anni, come per i libri; non ci sono campagne decennali, come in politica), qualsiasi pensiero o sentimento fermenti nell'inconscio collettivo può scalare le classifiche internazionali nel giro di due mesi. (p. 255)
* [[Lady Gaga]], dal canto suo, è una ragazza della classe media che ha conquistato la celebrità dopo aver composto tre delle migliori canzoni pop del XXI secolo («Poker Face», «Just Dance» e «Bad Romance») e con così tanto da dire che ha perfino dovuto ingaggiare un collettivo artistico-multimediale (la «Haus of Gaga») che la aiutasse a esprimersi al meglio. Lady Gaga sostiene l'uguaglianza dei gay, la parità dei sessi, l'attivismo politico, la tolleranza e il diritto a essere ubriachi mentre ci si lancia in grandiose figure di danza. Senza dimenticare il diritto a mettersi un'aragosta in testa. (pp. 256-257)
 
* L'esercito di milioni di fan che si fanno chiamare «mostriciattoli» la definiscono «mamma mostro»: Lady Gaga è la chioccia del loro mondo alternativo. La grande novità della donna Gaga non sta nella teatralità, nel talento o nel successo, ma nel fatto che lei è riuscita a usare questi elementi per aprire un nuovo spazio ai seguaci della musica pop. Ed è proprio questo aspetto militante, l'essere amica di gay e «mostri», che risulta il lato di lei più eccitante. Per le donne trovare un luogo di dibattito ove non si venga giudicate bensì si dimostri reciproca empatia è fondamentale quanto il diritto di voto. Non occorre soltanto la giusta legislazione, ma anche la giusta atmosfera per costruire prima il nostro canone e poi le nostre città e gli imperi. (pp. 261-262)
* La nostra visione della [[maternità]] è talmente idealizzata e vaga (incarnata da una gentile donatrice di vita) che il pensiero di una madre che ponga dei limiti alle proprie capacità di allevare una creatura o addirittura la rifiuti risulta osceno. Le madri ''devono'' fingere di essere creature amabili e protettive nei confronti di ogni tipo di vita, per quanto presunta o embrionale essa sia. Nel nostro intimo siamo ancora convinti che le mamme dovrebbero essere preparate a dare, dare, dare fino a esaurimento scorte. La madre straordinaria, quella perfetta, dovrebbe portare a termine ogni gravidanza (indipendentemente dall'effetto che tale scelta possa avere sulla sua esistenza) perché il suo amore basterà per tutti e per tutto. (p. 273)
* Perché una donna incinta, che ha il controllo della vita, non dovrebbe avere anche il controllo della non-vita? In altre culture questo è un concetto accettato: la dea Kali degli induisti è sia madre di tutto l'universo sia divoratrice di tutte le cose; è vita e morte al tempo stesso. Per i Sumeri, Inanna era la dea dell'amore e della fecondità ma aveva il suo alter ego nella sorella Ereshkigal, dea dell'oltretomba. Se la biologia impone alle donne di ospitare, custodire, allevare e proteggere una vita, perché non dovrebbe consentire loro di porvi anche fine? (pp. 273-274)
* Ciò che mi turba è l'idea che dopo un aborto una donna non sia più considerata tale e che di certo non possa più essere madre; mi turba l'idea che la fondamentale essenza della femminilità e della maternità sia il sostegno della vita a tutti i costi e in qualsiasi situazione. (p. 274)
* La maternità è un gioco cui si deve partecipare con energia, volontà e felicità al massimo grado. Nella vita la cosa essenziale è essere stati voluti, desiderati e accuditi da una madre ragionevolmente sana e stabile. Confesso che l'aborto è stata una delle decisioni meno difficili della mia vita; non vorrei apparire irrispettosa nell'ammettere che ho impiegato più tempo a scegliere il piano di lavoro della cucina che a decidere se volevo diventare responsabile di un altro essere umano. Sapevo infatti che quell'esperienza, ossia impegnare nuovamente la mia vita nei confronti di un'altra persona, avrebbe potuto stroncare le mie capacità, nonché la concezione che ho di me stessa, della persona che voglio essere e di ciò che voglio fare. (p. 274)
* Purtroppo, per mia natura non sono molto propensa al rischio: non punto nemmeno una sterlina al Lotto, e tanto meno scommetterei su una gravidanza. La posta in palio è troppo alta, altissima, e proprio non potrei dirmi d'accordo con una società che mi obbligasse a scommettere sulla possibilità di amare sotto coercizione. (p. 275)
* La nostra specie ha ampiamente dimostrato di non credere nella sacralità della vita. Facciamo spallucce di fronte a guerre, carestie, epidemie, dolore e condizioni di povertà permanente: non mi pare possiamo dire di aver fatto molti sforzi per trattare la vita umana come una cosa ''davvero'' sacra. (p. 275)
* Ciò che credo sia davvero sacro, e molto più utile in questo dibattito, è assicurarsi che la Terra ospiti il minor numero possibile di persone con atteggiamenti squilibrati o distruttivi. Porre termine a una gravidanza entro le prime dodici settimane è, sotto ogni punto di vista, una scelta incredibilmente più morale di quanto lo sia far arrivare nel mondo un bambino indesiderato. Sto parlando di quei figli infelici e non voluti che poi si trasformano in adulti arrabbiati e provocano la stragrande maggioranza delle miserie dell'umanità. (p. 275)
* Suppongo di essere stata condizionata a credere che il mio corpo o il mio subconscio si sarebbero ''arrabbiati'' con me per non avere avuto il bambino e che la loro opinione sarebbe stata superiore, più naturale e morale rispetto alla decisione razionale presa dalla mia mente. Che le donne siano fatte per avere bambini e che debbano piangere e pentirsi per ogni figlio mai nato vivendo sempre nella colpa. Ciò che invece vedevo io a quel tempo, e ciò che vedo ancora oggi a distanza di anni, è la storia di milioni di donne che provano a rimediare a un errore che rischiava di disfare la loro vita, e che continuano poi a procedere in silenzio, tranquille e grate. Ciò che vedo io è un'azione la cui conseguenza può essere solo positiva. (p. 284)
* Diciamocelo: il problema è che tutti noi stiamo morendo, tutti, nessuno escluso. Ogni giorno che passa s'infiacchiscono le cellule, le fibre si sfilacciano e il cuore si avvicina all'ultimo battito. Il vero costo della vita è la morte, e noi sperperiamo i giorni come se fossimo milionari: una settimana qui e un mese là, viviamo da leoni fino a quando le ultime monetine rimaste saranno quelle posate sugli occhi. (p. 289)
* A me piace l'idea di stare per morire. Non c'è nulla di più stimolante che svegliarsi la mattina e dire: «WOW! FINISCE TUTTO QUI, DAVVERO, NON C'È ALTRO!». È un'affermazione che fa aguzzare la mente in maniera sopraffina. Vi fa amare con la massima intensità e lavorare con il massimo impegno, e vi fa capire che nel disegno universale non dovreste avere il tempo di sedervi in mutande davanti alla TV per guardare le televendite. La morte non è una liberazione, bensì un incentivo. Più vi concentrate sulla vostra morte e meglio vivrete la vostra vita: il consueto sproloquio che faccio quando sta per chiudere il pub [...] riguarda l'aldilà e il fatto che gli esseri umani ancora ci credano. Sono sinceramente convinta che l'aldilà sia il principale problema filosofico che deve affrontare la Terra. (pp. 289-290)
* Credere nell'aldilà nega completamente la vostra vita attuale; è come se soffriste di un'insidiosa malattia mentale alquanto destabilizzante. Chi crede nell'aldilà non è interessato né alle cose che fa ogni giorno né al significato di azioni e parole, perché se mai dovesse commettere degli errori potrebbe sempre rimediare in paradiso. In paradiso riuscirete ad appianare le divergenze d'opinione con i vostri genitori, diventerete una persona migliore, perderete i chili di troppo e potrete perfino imparare il francese! (p. 290)
* Se ci stiamo chiedendo perché la gente reagisca in maniera così apatica e distratta nei confronti di qualsiasi orrore palesemente evitabile (carestie, guerre, malattie, mari color pipì che si stanno riempiendo di linguette di lattine e di fax rottamati) il motivo è proprio quello. Il paradiso. Il più grande spreco di tempo che sia mai stato inventato dopo i puzzle. Solo quando la maggioranza delle persone di questo pianeta si convincerà del fatto che ci avviciniamo alla morte ogni minuto che passa, allora potremo iniziare a comportarci come esseri pienamente senzienti, razionali e compassionevoli perché, per quanto sia forte il richiamo a «essere buoni», il terrore di precipitare inesorabilmente nell'abisso del nulla sarà molto più efficace. Prego perché a tutti noi arrivi la Paura. La Paura è il mio Secondo Avvento. Quando tutti ammetteranno di essere in punto di morte, potremo ''sul serio'' iniziare a fare qualcosa. (pp. 290-291)
* È davvero strano che proprio adesso, quando la vostra faccia e il vostro corpo iniziano a mostrare alcuni segni della maturità (rughe, afflosciamenti, i primi capelli bianchi), segni che testimoniano la vostra rispettabilità e autorevolezza (nonché la vostra intolleranza nei confronti dei citrulli), dobbiate subire pressioni per...rimuoverli totalmente. Così facendo darete l'impressione di essere ancora un po' tonte e incompetenti, nonché disposte a farvi fregare da qualcuno un po' più in gamba e un po' più vecchio di voi. (p. 292)
* Le rughe e i capelli bianchi sono il modo che ha la natura per avvertirci di non provare a fregare qualcuno, come l'uniforme gialla e nera delle vespe o i segni sull'addome delle vedove nere. Le rughe sono le vostre armi contro gli idioti. Le rughe indicano di «STARE ALLA LARGA DA QUESTA DONNA TANTO SAGGIA QUANTO INTOLLERANTE». (pp. 292-293)
* Le donne non si considerano mai degli esseri umani di buona volontà che cercano di fare del proprio meglio. Purtroppo tendono a vedersi come l'incarnazione di un'infinita lista di problemi [...] cui debba essere posto rimedio investendo una grande quantità di tempo e denaro [...]. Tutta questa fatica per dire un giorno, tra vent'anni: «Oggi sì, per nove minuti mi sono sentita una donna ''quasi''a posto!» e poi ricominciare tutto da capo il giorno dopo, impietosamente. (p. 298)
* Quasi tutti i pregiudizi che mi ero costruita a tredici anni su ciò che sarei diventata in futuro si sarebbero rivelati un totale spreco di tempo. Quando m'immaginavo adulta, tutto quello che riuscivo a vedere era una persona magra, levigata e tranquilla alla quale...capitavano delle cose. Ero una specie di superprincipessa dotata di carta di credito. Non volevo in alcun modo migliorarmi, né volevo approfondire i miei interessi o imparare grandi lezioni di vita, né (e questa era la cosa più preoccupante) m'interessava scoprire in che cosa ero brava per riuscire un giorno a guadagnarmi la pagnotta. Presumevo che tutte queste cose mi sarebbero state propinate da un adulto, che a un certo punto sarebbe venuto a dirmi che cosa dovevo fare. Io non dovevo preoccuparmi di nulla, non dovevo preoccuparmi di ciò che avrei ''fatto'' in futuro. Ciò di cui invece mi preoccupavo, e su cui rimuginavo di continuo, era ciò che avrei dovuto ''essere''. Pensavo che tutti i miei sforzi dovessero mirare a farmi diventare una donna favolosa, e non una donna che riuscisse a ''fare'' cose favolose. (pp. 298-299)
* Credevo che una volta che fossi stata magra, bella, benvestita, composta e graziosa, tutto il resto sarebbe venuto da sé. [...] Naturalmente, l'idea secondo cui le donne devono soltanto ''essere'' qualcosa mentre gli uomini vanno e ''fanno'' è stata dibattuta all'infinito da chi sostiene che questi siano tratti tipici e imprescindibili dei due sessi. (pp. 299-300)
 
== Note ==