Francesco Saverio Nitti: differenze tra le versioni

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*{{NDR|Su [[Ferdinando II delle Due Sicilie]]}} Pochi principi italiani fecero tra il '30 e il '48 il bene che egli fece. Mandò via dalla corte una turba infinita di parassiti e di intriganti: richiamò i generali migliori, anche di parte liberale, e licenziò gli inetti; ordinò le leve militari; fece costruire, primo in Italia, una strada ferrata, istituì il telegrafo, fece sorgere molte industrie, soprattutto quelle di rifornimento dell'esercito, che era numerosissimo; ridusse notevolmente la lista civile; mitigò le imposte più gravi. Giovane, forte, scaltro, voleva fare da sé, ed era di una attività meravigliosa. Educato da preti e cattolicissimo egli stesso, osò, con grande ammirazione degli intelletti più liberi, resistere alle pretese del papato e abolire antichi usi, umilianti per la monarchia napoletana. È passato alla storia come "Re bomba" e non si ricordano di lui che il tradimento della Costituzione, le persecuzioni dei liberali, le repressioni di Sicilia, e le terribili lettere di Gladstone. Abbiamo troppo presto dimenticato che, durante quasi due terzi del suo regno, i liberali stessi lo chiamarono Tito e lo lodarono e lo esaltarono per le sue virtù e per il desiderio suo di riforme. Abbiamo troppo presto dimenticato il sollievo che le sue riforme finanziarie produssero nel popolo, e l'ardimento che egli dimostrò nel sopprimere vecchi abusi. (da ''Scritti sulla questione meridionale: Volume 1'', Laterza, Bari, 1958, p. 41)
 
*Tra i pochi che {{NDR|delle [[leggi razziali fasciste]]}} ne trassero grande vantaggio fu l'abietto prete [[Giovanni Preziosi|Preziosi]] che, benché antipatico a tutti e anche a Mussolini, divenne ministro di Stato, mentre era uomo che meritava solo di finire in carcere. (da ''Meditazioni dell'esilio'', ibid., p. 59)
 
*{{NDR|Su [[Emilio Colombo]]}} Un chierichetto.<ref>Citato in ''[http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/articleid,0147_01_1973_0036_0003_5540295/ Dicono di lei: Colombo]'', ''La Stampa'', 11 febbraio 1973.</ref>