Camillo Benso, conte di Cavour: differenze tra le versioni

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→‎Citazioni su Camillo Benso, conte di Cavour: Michelangelo Castelli: Vavour e il connubio
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*È stato veramente il più grande uomo politico del suo tempo, e la cui gloria crescerà sempre di più [...] In oltre cinque anni di amministrazione con perspicua mente, molte cose modificò, molte corresse. L'amministrazione centrale ridusse notevolmente, modificò gli uffici provinciali. Assorbito da altre cose, non poté però compiere l'opera iniziata, e l'ordinamento piemontese rimase rigido, pesante, costoso. ([[Francesco Saverio Nitti]])
*Gettiamo un velo sul passato, che io possa senza rimorso e senza onta felicitarmi di avere la vostra [[amicizia]], ma che io non pensi mai come l'ho ottenuta. Cominciate a conoscermi solo da ora e io mi sforzerò di darvi buona opinione di me. ([[Anna Giustiniani Schiaffino]])
*Il conte Cavour uscì fuori un giorno a dirmi: «''Convenga con me, che il [[Connubio Rattazzi-Cavour|Connubio]] fu il più bell'atto della mia vita politica''.»<br>Io lo guardai negli occhi, e poi gli risposi: «A me lo dice? a me che ho durato quasi un anno a persuadere or lei, or Rattazzi<ref>[[Urbano Rattazzi]] (1808–1873), politico italiano.</ref> onde portarli a quel punto che Ella ben ricorda?» e Cavour scoppiando in una gran risata {{sic|sclamò}}: «''È vero, è vero'' (già cà l'è vera), ''mio caro Castelli'',» e poi a furia una fregatina di mani. ([[Michelangelo Castelli]])
*Il conte di Cavour, senza contestazione, è il terzo uomo di Stato d'Europa – con [[Henry John Temple, III visconte Palmerston|lord Palmerston]] e l'Imperator [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]]. La perdita di questo uomo, nelle circostanze attuali, sarebbe, per l'[[Italia]], una sventura irreparabile. La forza del conte di Cavour non è nei suoi principii; egli non ne ha alcuno d'inesorabilmente determinato. Ma egli ha uno scopo, uno scopo fisso, netto, la di cui grandezza avrebbe data la vertigine a tutt'altro uomo – dieci anni fa – quello cioè di formare un'Italia una ed indipendente. [...] Il signor di Cavour possiede la conoscenza generale degli affari; egli ha delle idee larghe, molto liberali, niente complicate; ma egli manca dell'abilità pratica della messa in scena. [...] Il diplomatico è un gigante; l'amministratore, mediocre; l'uomo, un'antitesi. Con lui non si resta giammai in un'attitudine indeterminata: gli si ubbidisce o gli si addiviene ribelle. È non lascia menarsi dai suoi amici, non conta i suoi amici. È il pensiero d'Italia, all'estero; all'interno, ne è il cuore. Egli è l'anima sempre del Gabinetto, che in lui s'identifica, s'illusa, direbbe [[Dante]]. ([[Ferdinando Petruccelli della Gattina]])
*Il [[genio]] di Cavour era positivo ed egli non sciupava il [[tempo]] in problemi che la sua [[ragione]] aveva dichiarato insolubili. Interamente persuaso che era vano sofisticare sugli enigmi dell'esistenza, rivolse la sua attenzione all'aspetto pratico della [[religione]]. Avrebbe voluto che il culto fosse soltanto affare di [[coscienza]] e di rito; avrebbe voluto che le [[verità]] morali venissero insegnate nella loro semplice maestà invece di essere incastonate in velenose superstizioni; Che fosse ad uomini spirituali affidato di parlare dello spirito. Ma i suoi accenni all'istituzione cattolica, dopo questa diagnosi, sono pochi. Era sicuro che l'istituzione richiedeva una completa riorganizzazione e che rigenerando le condizioni politiche, economiche e sociali del tempo anche la Chiesa sarebbe stata obbligata a riformarsi. ([[W. R. Thayer]])