Pier Paolo Pasolini: differenze tra le versioni

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*Io sto scrivendo nei primi mesi del 1975: e, in questo periodo, benché sia ormai un po' di tempo che non vengo a [[Napoli]], i napoletani rappresentano per me una categoria di persone che mi sono appunto, in concreto, e, per di più, ideologicamente, simpatici. Essi infatti in questi anni – e, per la precisione, in questo decennio – non sono molto cambiati. Sono rimasti gli stessi napoletani di tutta la storia. E questo per me è molto importante, anche se so che posso essere sospettato, per questo, delle cose più terribili, fino ad apparire un traditore, un reietto, un poco di buono. Ma cosa vuoi farci, preferisco la povertà dei napoletani al benessere della repubblica italiana, preferisco l'ignoranza dei napoletani alle scuole della repubblica italiana, preferisco le scenette, sia pure un po' naturalistiche, cui si può ancora assistere nei bassi napoletani alle scenette della televisione della repubblica italiana. Coi napoletani mi sento in estrema confidenza, perché siamo costretti a capirci a vicenda. Coi napoletani non ho ritegno fisico, perché essi, innocentemente, non ce l'hanno con me. Coi napoletani posso presumere di poter insegnare qualcosa perché essi sanno che la loro attenzione è un favore che essi mi fanno. Lo scambio di sapere è dunque assolutamente naturale.<ref>Da ''Lettere luterane'', in ''Saggi sulla politica e sulla società'', Mondadori, Milano, 1999; citato in ''[http://web.archive.org/web/20140806075756/http://www.pasolini.net/saggistica_gennariello+scugnizzi.htm Gennariello e i miei "amici-scugnizzi"]''.</ref> (Da ''Gennariello'', ''Paragrafo primo: come ti immagino'', l'''Unità''-Einaudi, Roma, stampa 1991, pp. 15-16)
*Io con un napoletano posso semplicemente dire quel che so, perché ho, per il suo sapere, un'idea piena di rispetto quasi mitico, e comunque pieno di allegria e di naturale affetto. Considero anche l'imbroglio uno scambio di sapere. Un giorno mi sono accorto che un napoletano, durante un'effusione di affetto, mi stava sfilando il portafoglio: gliel'ho fatto notare, e il nostro affetto è cresciuto. (da ''Gennariello'', ''Paragrafo primo: come ti immagino'', l'''Unità''-Einaudi, Roma, stampa 1991, p. 16)
*Napoli è ancora l'ultima metropoli plebea, l'ultimo grande villaggio (e per di più con tradizioni culturali non strettamente italiane): questo fatto generale e storico livella fisicamente e intellettualmente le classi sociali.<br> La vitalità è sempre fonte di affetto e ingenuità. A Napoli sono pieni di vitalità sia il ragazzo povero che il ragazzo borghese. (da ''Gennariello'', ''Paragrafo primo: come ti immagino'', l'''Unità''-Einaudi, Roma, stampa 1991, p. 17)
*La [[droga]] è sempre un surrogato. E precisamente un surrogato della cultura. [...] la droga viene a riempire un vuoto causato appunto dal desiderio di morte e che è dunque un vuoto di cultura. Per amare la cultura occorre una forte vitalità. Perché la cultura – in senso specifico o, meglio, classista – è un possesso: e niente necessita di una più accanita e matta energia che il desiderio di possesso. [...] Anche a un livello più alto si verifica qualcosa di simile [...] ma stavolta si tratta non semplicemente di un vuoto di cultura, bensì di un vuoto di necessità e di immaginazione. La droga in tal caso serve a sostituire la grazia con la disperazione, lo stile con la maniera. (da ''La droga: una vera tragedia italiana''; p. 87)
*Strano a dirsi: è vero che i potenti sono stati lasciati indietro dalla realtà con addosso, come una ridicola [[maschera]], il loro potere clerico-fascista, ma anche gli uomini dell'opposizione sono stati lasciati indietro dalla realtà con addosso, come una ridicola maschera, il loro progressismo e la loro tolleranza. <br>Una nuova forma di potere economico (cioè la nuova, reale ''anima'' – se Moro permette – della democrazia cristiana, che non è più un partito clericale perché la Chiesa non c'è più) ha realizzato attraverso lo sviluppo una fittizia forma di progresso e tolleranza. I giovani che sono nati e si sono formati in questo periodo di falso progressismo e falsa tolleranza, stanno pagando questa falsità (il cinismo del nuovo potere che ha tutto distrutto) nel modo più atroce. (da ''Fuori dal Palazzo''; p. 96)